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Lunedì, 25 agosto 2014

Per una vera lotta alle mafie occorre finanziare le forze dell’ordine, proteggere i testimoni e sostenere le collaborazioni

Numeri importanti nel contrasto alla criminalità organizzata ma il Governo deve e può fare di più. Nella giornata di ferragosto il Ministero dell’Interno ha reso noti i numeri riguardanti il contrasto alla criminalità organizzata. Negli ultimi dodici mesi sono stati arrestati 1.779 mafiosi e 78 latitanti di cui 15 inseriti nell’elenco dei ricercati di massima pericolosità.

Il Ministero ha anche dichiarato che alla criminalità organizzata sono stati sequestrati beni per 4.895 milioni di euro e le confische hanno riguardato beni per 2.037 milioni.

Numeri sicuramente positivi ma che stonano con i continui allarmi lanciati dalle forze dell’ordine, dai magistrati, dai testimoni di giustizia e dai collaboratori di giustizia che lamentano di essere lasciati da soli a combattere contro le mafie.

Da un lato ci sono le forze dell’ordine e i magistrati che registrano sempre più tagli, mancanza di personale e a volte anche mancanza di soldi per pagare la benzina delle vetture. Per citare un esempio su tutti, la chiusura del presidio della DIA di Malpensa proprio all’avvicinarsi dell’Expo 2015 di Milano per il quale sono già state riscontrate numerose infiltrazioni della criminalità organizzata.

Dall’altra parte ci sono le ripetute richieste d’aiuto di testimoni di giustizia, troppo soli e poco protetti dallo Stato italiano. Numerose sono le vicende di testimoni che si aiutano a difendersi da soli come per esempio Gian Luca Maria Calì che ha scelto di acquistare una vettura blindata messa all’asta dal Governo, Luigi Coppola che si dichiara pronto di andare all’estero, o ancora Ignazio Cutrò che qualche giorno ha protestato davanti alla prefettura di Agrigento per essere ricevuto e chiedere la revoca del servizio di scorta.

Infine ci sono i collaboratori di giustizia, coloro che hanno deciso di collaborare con la giustizia ma che ora si trovano a far fronte a numerose difficoltà perché non ci sono fondi adeguati per la protezione. I collaboratori furono sostenuti da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i quali ritenevano il loro ruolo di primissima importanza nella lotta alla mafia. Senza il loro contributo non avremmo mai conosciuto la composizione internare dell’organizzazione, essendo essa segreta, e numerosi processi e successivamente arresti non sarebbero mai potuti essere eseguiti.
Eppure il sistema di protezione non sembra essere così efficace, anzi, tant’è che numerosi collaboratori lamentano un’assenza dello Stato che li costringe a vivere più in pericolo di prima. I casi più recenti sono quelli dei collaboratori Luigi Bonaventura ed Eugenio William Polito. Luigi Bonaventura, ha ottenuto, dopo anni di richieste, il trasferimento in una regione apparentemente più sicura visto che nella nuova regione, negli ultimi mesi, sono stati effettuati dei blitz importanti contro la ‘ndrangheta ed è stata teatro di due omicidi di chiara matrice mafiosa. Poi c’è il caso del collaboratore Polito si dichiara pronto a ritrattare le accuse contro il clan Mancuso in occasione del processo “Black Money”.

Vanno bene gli arresti e le confische ma per una vera lotta alle mafie occorre finanziare le forze dell’ordine, proteggere i testimoni e sostenere le collaborazioni.

*membro dell’Assemblea Federale Bresciana di Sinistra Ecologia Libertà

 

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