Picchi diossina al quartiere Tamburi, il governo non risponde
Questa mattina ho discusso l’interpellanza urgente, depositata a marzo scorso, sui picchi di diossina riscontrati nel “deposimetro” del quartiere Tamburi di Taranto.
Come noto infatti, la relazione messa a punto dal politecnico di Torino – sulle analisi condotte tra il novembre 2014 ed il febbraio 2015 – ha evidenziato una concentrazione di diossine straordinariamente elevata, con i picchi maggiori proprio nel quartiere Tamburi.
Il professor Assennato, nei suoi ultimi giorni da Direttore Generale di Arpa Puglia, ha contestato duramente sia le valutazioni del politecnico di Torino che asseriscono che i picchi di diossina non siano imputabili all’Ilva, sia l’effettiva trasmissione dei dati a tutti gli organi competenti.
Risulta inconcepibile infatti, data soprattutto la gravità della vicenda, che siano passati mesi prima che i dati fossero resi noti. A mio avviso, così come per Arpa e per le Associazioni ambientaliste, si sarebbe dovuta dare immediata comunicazione alle autorità locali, alle Asl e agli Enti preposti al monitoraggio e al controllo dell’inquinamento, a partire dalla stessa Arpa Puglia, al fine di consentire immediate analisi e stabilire la profilassi per la popolazione. Oltre che le responsabilità.
Per questo ho interrogato i Ministri, chiedendo se il Governo fosse a conoscenza della relazione ed in caso contrario – cosa egualmente grave – del perché i Commissari straordinari dell’Ilva (che ricordo essere sollevati da ogni responsabilità penale, civile ed amministrativa, grazie all’ultimo decreto sul siderurgico) non abbiano comunicato tempestivamente i dati alle autorità ed agli organi preposti al monitoraggio dell’inquinamento e alla tutela della salute.
La risposta è stata assolutamente inaccettabile e la ricostruzione dei fatti superficiale ed omissiva; il Sottosegretario ha persino “dimenticato” di specificare che i dati relativi al periodo novembre 2014 – febbraio 2015, sono stati consegnati a febbraio 2016. Gravissima, a mio giudizio, la difesa dell’operato dei Commissari, con la giustificazione che non abbiano reso noti immediatamente i dati per non suscitare allarme.
Non una parola sul mancato invio dei dati ad Arpa Puglia che, lo voglio ricordare, ha dovuto inviare un ufficiale di polizia giudiziaria in ILVA per ottenere i dati completi. Nulla mi è stato riferito sulle modalità di manipolazione, gestione e trasferimento delle polveri dagli elettrofiltri. Nessun riferimento al silenzio dei commissari, su questa vicenda, durante l’audizione del 25 febbraio scorso in Commissione Attività Produttive della Camera, cioè il giorno dopo la comunicazione dei dati ad Arpa Puglia.
I Commissari – sottolineo ancora una volta nominati dal Governo – dovrebbero a mio giudizio dimettersi, perché hanno messo in atto una modalità scorretta di “governance” dell’azienda: avrebbero dovuto ispirarsi ai principi di trasparenza, collaborazione e tempestività e non lo hanno fatto, tutto ciò aggravato dal fatto che i vari decreti ILVA hanno determinato una complessiva espropriazione delle competenze ordinariamente attribuite agli Enti, a fronte di un potere progressivamente crescente posto in capo ad essi. Inoltre, non hanno mai presentato i bilanci dell’azienda e neppure redatto il piano industriale che, a norma dell’ultimo decreto ILVA, sarà compito dei privati ai quali verrà ceduto lo stabilimento e che per questa via, potranno modificare anche il piano ambientale.
Il ministro dell’Ambiente dovrebbe prendere atto della propria incapacità, inefficacia ed ininfluenza e dimettersi.
Gli aspetti di questa vicenda e la mancata volontà della ricerca di verità e responsabilità da parte del Governo, dimostrano ancora una volta che Taranto, i lavoratori dell’Ilva e i cittadini sono sempre più soli ed in balia di un potere politico imbelle e irresponsabile.
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