Pomezia, la pietra e lo scandalo
Il diavolo si nasconde nei dettagli. Ma il sindaco pentastellato di Pomezia più che un diavolo è un incapace a ricoprire quel ruolo. E il fatto, poi, non è neppure un dettaglio, bensì un esempio, un caso rappresentativo di quel che ora succede lì, a sud di Roma, e ben presto potrebbe capitare là e poi ancora più in là, estendersi come macchia nera di pece pressoché ovunque nella penisola. Come ai tempi di Oliver Twist, prima metà dell’Ottocento, si nega ad un bambino la cui famiglia non se la può permettere la quotidiana razione di dolce alla mensa della scuola elementare. E come ai tempi di Oliver Twist non c’è attorno a lui una istituzione pubblica, quella comunale nella fattispecie, che lo tuteli dal constatare sin dalla più tenera età e con l’acquolina in bocca che quando si è poveri la vita ha un sapore più amaro. In attesa di fare la rivoluzione che rovescerà il sistema e ci farà tutti liberi e uguali, il sindaco grillino restaura nel suo territorio la distinzione tra le classi sociali, collocandola nel punto più simbolico, concreto ed essenziale che ci sia: il piatto dove far trovare il cibo. Ad alcuni sì, ad altri niente.
Per far cadere le sue certezze il ragazzotto poteva farsi una semplice domanda: ma cosa farà Enrico nel momento in cui il suo più fortunato amico Stefano addenterà la pastiera napoletana? Si girerà di lato? Si alzerà dal tavolo con quelli che come lui hanno chiuso il discorso con i sofficini? Scarterà dalla cartella il pezzo di ciambellone fatto dalla vicina di casa per non farlo sentire discriminato? Storie da Oliver Twist, storie da prendere maledettamente sul serio, storie da rovesciare gettando il piatto per aria ed urlare il proprio rifiuto. Non sappiamo cosa abbia fatto fin qui, nell’anno in cui sta lì, questo “cittadino” del movimento che prefigura il nuovo mondo. Supponiamo per un istante che abbia operato al meglio, cercando di rimettere in piedi un’amministrazione che ha ereditato dopo lo scioglimento del precedente consiglio e il conseguente commissariamento.
Questo, il più odioso degli atti che poteva compiere, sta semplicemente a dirci che ha fallito. Ha giurato sulla Costituzione (articolo 50, comma 1, del Testo Unico degli Enti Locali) senza aver colto il senso dei primi tre articoli, ha pilatescamente dato la colpa a quei genitori che non hanno scelto tra il dolce si e il dolce no ai propri bimbi ma hanno preso atto di dove può arrivare la loro busta paga, ha rinunciato a rappresentare, come sindaco, tutti i cittadini che amministra, e particolarmente quelli più deboli e bisognosi. La sua registrazione maniacale dello scontrino gli impedisce di vedere come e dove scorre la vita dei cittadini che governa.
I nipotini di Petroselli, di La Pira, di Valenzi non saranno dei giganti, sommersi come sono dalle vessazioni cui sono sottoposti i comuni in tempi di crisi, ma indossano la fascia tricolore con dignità. E con la fantasia creativa, che non potrà certo risolvere alla radice i problemi ma almeno risparmia l’umiliazione nell’età in cui si è più indifesi per contrastarla. Faccia una semplice cosa, il ragazzotto. Chiesa scusa a quei bambini e provveda a riparare il torto. Dividendo la torta. Si, faccia una delibera ad hoc, di suo pugno. “Da oggi nella mensa della scuola elementare del Comune dispongo che la torta venga divisa in due, metà a Enrico e metà a Stefano. I due, e tutti gli altri, possono anche fare a turno, un giorno uno e un giorno l’altro. Ma niente discriminati e nessuna discriminazione a quell’età. Ci sarà già la vita che li attende a pensarci, purtroppo.” Si chiama principio di cooperazione e non costa nulla, lo scontrino da rendicontare è lo stesso, stia tranquillo il sindaco. Mussolini nel Trentotto arrivò in quella terra dell’Agro Romano e depose pettoruto la prima pietra. Non poteva che seguire lo scandalo. A Pomezia ce n’è stato più di uno nel corso del tempo. Questo del dolce ad alcuni ed altri no è uno, se ci si pensa bene, dei più amari.
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Cosimo De Nitto