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Venerdì, 28 marzo 2014

Premierato forte, olé

Renzi

Matteo Renzi affronta i temi istituzionali e costituzionali con la leggerezza di chi pensa che la Costituzione e un regolamento condominiale siano più o meno la stessa cosa. Ma nella crisi democratica che incombe – è questa l’idea-forza di Renzi – la “leggerezza” ideologica, può essere un’arma vincente. Almeno finché dura.

Il Senato: abolirlo, mutarne radicalmente la funzione, conservarne il carattere di Camera alta con funzioni diverse ma “rafforzate”: che problema c’è? Si può fare tutto. Gli strafalcioni istituzionali fanno intrinsecamente parte della semantica un po’ così dell’epoca che viviamo. L’essenziale è fare in fretta perché “l’Italia ce lo chiede” e “io ci ho messo la faccia e esco dalla politica, se i tempi non sono rispettati.” I tempi sono però, per il momento, quelli strettamente politicistici della scadenza elettorale di maggio, perché per Renzi, al di là delle grandi chiacchiere sulla velocità salvifica del suo agire, è essenziale realizzare un risultato spendibile per le tappe politiche successive. E il risultato delle elezioni per l’europarlamento conterà non poco.

Il premier usa un “noi” che più che indicare una collettività, una squadra o anche solo uno staff di lavoro, evoca l’ ambiguità del plurale maiestatis. Quello dei re, dei grandi sacerdoti, dei capi. Tutto questo sembra una contraddizione, trattandosi di Renzi, così poco in linea con regole e rituali dei palazzi e narrazioni di grandezza. Ma in realtà il “noi” gli corrisponde pienamente perché il nuovo inquilino di Palazzo Chigi incarna alla perfezione quel mix di post modernità e populismo relazionale in grado di offrire oggi alimento, a chi voglia sperimentarsi nella creazione di nuove leadership. E per fare questo il rapporto diretto con la multiforme audience del mainstreaming imperante è essenziale, fonte di una sorgente di legittimazione virtuale che conta – qui e ora – più delle forme tradizionali della politica. Infatti il suo velocismo politico non si alimenta più del richiamo a quel mandato democratico del voto a cui fino a un certo punto della sua impresa faceva riferimento. Oggi Renzi punta tutto sulla rispondenza tra il suo sprint e le attese “degli italiani”. Un mantra trasversale, per altro. Gli “italiani” fusionati in attesa del miracolo, sull’ultima spiaggia.

Un “noi” , quello di Renzi, che, in realtà, è un “io”. Noi, il governo. Noi, che vogliamo il cambiamento. Noi , che facciamo sul serio. Cioè, io, Matteo Renzi. La “sua” squadra è sussunta, uomini e donne. Non dicono una parola che sia fuori dal pacchetto argomentativo del leader. Così in questi giorni, nella giostra di viaggi, incontri, spostamenti che affollano le frenetiche giornate di Renzi, quel noi è risuonato con particolare forza sul tema dei temi, cioè la “grande riforma”, che finalmente esce dalle nebbie e assume una più nitida fisionomia. E travalica, negli annunci anticipatori, il già complesso pacchetto delle riforme istituzionali e costituzionali messe in pista: abolizione delle province (in Senato è stato votato l’ennesimo inutile pastrocchio), revisione della già disastrosa riforma del Titolo V della Costituzione, abolizione o trasformazione radicale del Senato, legge elettorale. In aggiunta è comparsa la notizia, ampiamente diffusa in questi giorni dalla stampa, che è in programma una proposta di modifica costituzionale del ruolo del capo del governo. Anzi si tratterà di un vero e proprio mutamento genetico di quel ruolo.

Al premier , si legge qua e là, verranno attribuiti nuovi poteri e nuove facoltà. In particolare godrà del beneficio dell’esame preferenziale e in corsia accelerata dei suoi disegni di legge e avrà nelle sue mani la facoltà di revocare i ministri. Insomma un passaggio dalla Repubblica parlamentare alla Repubblica del premierato forte, che viene avanzato come una bazzecola, sulla base dell’ormai nota favola politica che la risoluzione della crisi italiana stia nel rafforzamento dell’esecutivo. E questo proprio mentre in Francia succede quello che succede. Ovviamente nessuno si preoccupa minimamente degli assetti complessivi dell’ordinamento che da tutto questo insieme di interventi verrà fuori e di come ancora di più verrà indebolita la funzione della rappresentanza democratica, nell’epoca dei populismi, che la discreditano, e della spinta virale della rete, che reclama ruolo e possibilità di decidere.

Il provvedimento sulle nuove funzioni del premier non farà però parte del pacchetto di riforme già previsto e già in pista nel calendario del Senato. Per il momento rappresenta il necessario ballon d’essai per preparare la strada, per sentire l’effetto che fa, permettere al presidente della Repubblica di esprimere la sua fondamentale opinione, visto che quella modifica tocca al cuore le prerogative del capo dello Stato, riducendone il ruolo (articolo 92 della Costituzione) .

Premierato forte dunque all’orizzonte, che risale all’inizio del ventennio inaugurato da Berlusconi, con propaggini robuste anche all’indietro: un mantra infinito che ha contribuito grandemente a nascondere molte responsabilità politiche dei partiti e dei loro capi. Per Renzi è davvero la scommessa della vita e della carriera politica. Ma ovviamente tutt’altro che scontato l’esito, perché nulla è scontato nel rapporto tra le ambiziose aspirazioni del nuovo premier e l’impiastro paludoso della crisi politica, che le stesse mosse di Renzi rischiano di rendere ancora più scivoloso. Per lui, in primis, visto che aspira a essere il primo.

 

Commenti

  • francesco

    Di che ti stupisci se persino il vostro “sire” Nichi Vendola ha dichiarato (La Stampa, 17/3/14) :
    “Renzi interprete del nostro tempo, io inattuale” ?

  • MGiovanna

    E infatti il nostro tempo è un po’ ignobile

  • Dario

    Immagino tu abbia letto anche le poche frasi precedenti, in cui parlava del tradimento verso Letta, dei giochi pirotecnici della sua “politica”… sul serio non hai colto l’amaro sarcasmo di Vendola, che mi sembra tutt’altro che ambiguo su Renzi? Credo che lo staff confermerà la mia interpretazione.

    Sull’articolo… analisi profonda e tristemente vera come sempre. Per questo è importante costruire un’alternativa, come a Firenze con Grassi: il futuro è un unico soggetto senza litigi interni che raccolga Sel, Rc e Psi.

  • francesco

    Alternativa a che cosa?Il soggetto che proponi sarebbe solo una “succursale” del Partito Democratico, quindi subalterno alle logiche monetariste . No, grazie. Un’alternativa può nascere solo in contrasto con la concezione del mondo propugnata da questo Partito, pilastro fondamentale del moderno capitalismo, sostenitore del primato dell’Impresa sui diritti dei lavoratori.

  • mariosi

    Ha imparato da Craxi, ma con altra forza di Partito dietro ben piu’pesante.Fara’comunque la stessa fine, scaricato quando non servira’ piu’.