Quel che fa il cappotto è sempre la stoffa
Silvio non l’avrebbe mai fatto, Silvio usa le mentine giuste, il baciamano galante è fatto a regola d’arte, niente da dire. Silvio il bottone l’avrebbe infilato nell’asola giusta. Perché lo stile è l’uomo e quello di Silvio, almeno in questo campo, rasenta l’impeccabile. Matteo in queste cose è invece ancora un debuttante e poi va di fretta, dio come corre. Sale e scende dall’auto che lo scarrozza per Berlino e ha il bottone allacciato nell’occhiello sbagliato. Abbraccia Frau Angela e ha il bottone allacciato nell’occhiello sbagliato. Dona alla Cancelliera la maglia del Mario Gomez dopo essersi tolto il cappottino, ed era quello sbagliato. Non si mette un cappottino così se si varca la frontiera.
Chi era, come noi, alla ricerca della prima, vera, differenza tra i due, tra Silvio e Matteo, l’ha finalmente trovata. Non sono poi così simili come maliziosamente siamo portati a credere, stando ai noti fatti della “perfetta sintonia”. E’ per questo che anche stavolta non siamo d’accordo con Grillo quando dice che “sotto il cappotto di Matteo c’è Silvio”. E’ molto probabile che Silvio il cappotto a Matteo lo stia confezionando, questo sì, in perfetto italian style, con l’Italicum. Al momento giusto il bottone s’infilerà nell’occhiello giusto e fruc, il Cavaliere potrà anche tornare a Palazzo Chigi. Ma adesso dovessimo scegliere tra le due istantanee del secolo, quella del cappottino di Matteo e l’altra del prorompente sorrisino franco-tedesco di Angela con Sarkozy con gli occhi che s’incrociano e le mani che si tendono, non avremmo dubbio alcuno. Tifiamo per il cappottino, immaginando che l’abbia scelto, tirando sul prezzo, la signora Landini al mercatino di San Lorenzo in qualche banco senegalese.
Senza correre troppo con la fantasia raffigura bene l’Italia com’è adesso, l’Italia al confronto con la Germania com’è adesso, l’Europa che ha due stili e due velocità com’è adesso. Insomma, quella del cappottino è, certo inconsapevolmente, un’immagine più veritiera, più diretta e genuina che sembra dirci una cosa precisa, anzi due: noi dobbiamo aggiustarci meglio, e frau Angela non ride più. Noi dobbiamo aggiustarci meglio, pur non essendo dei somari, restiamo in mezzo al guado, sospesi tra l’azzardo di “una riforma al mese”, il mistero delle mitiche coperture rinviate ogni volta al successivo consiglio del ministri e l’antifona dei vincoli europei attorno a cui la gittata rivoluzionaria di Renzi puntualmente rincula.
Frau Angela dirà pure di essere “molto colpita” dal cambiamento strutturale impresso dal nostro stilnovista, ma noi non siamo colpiti affatto dal metodo che usa ancora una volta verso di noi. Che è quello, immutabile, di far dire al suo ministro delle finanze prima dei saluti e della stretta di mano (nell’altra tiene arrotolata la maglia di Mario Gomez), che lei resta sempre in attesa che da noi le parole diventino presto dei fatti.
Intendendo con questo la solita, stessa cosa: vietato rompere il patto di stabilità. Cioè la logica del rigore che si ottiene con la solita ricetta: l’austerità ieri oggi e domani. E il vulcanico Renzi, slacciato finalmente ogni bottone del cappottino, non ha che da rassicurare: nessun sforamento. Così che torniamo al punto di prima, al punto di sempre: come sia possibile rovesciare l’Italia come un calzino dentro i binari da vicolo cieco delle politiche di austerità. La spasmodica corsa renziana prima o poi dovrà passare di qui, nel punto in cui si rallenta prima di cambiare del tutto strada. E allora si potrà rispondere all’altro subdolo quesito posto da Grillo: “Uno che non si sa abbottonare bene il cappotto può governare il Paese?”. Si e no, ecco la risposta.
No, se indossa male quello stesso di Mario Monti, loden di pregiata fattura dello shopping bocconiano di via Monte Napoleone, ma medesima identica taglia. Sì, se avrà il coraggio di infilare il bottone nell’asola di un’altra politica, di un’altra idea di Europa e se questo coraggio saprà esibirlo ora, adesso – come dice lo slogan che ha scelto all’inizio della propria avventura – che si appresta a presiedere il semestre europeo. Pensiamo che la politica debba essere in fondo questo: la verifica, o detto altrimenti la coerenza, delle parole che si dicono attraverso i fatti che si compiono. Qualcosa che riguarda tutti i soggetti in campo. Renzi come noi. E riguarda anche Grillo. A cui si potrebbe rivolgere una semplice domanda: “Uno che passa metà della sua giornata a studiare pratiche di espulsioni dei parlamentari del suo movimento, può ancora pensare di fare cappotto?”. La questione non è mai il bottone e neppure l’asola, quando c’è, e se c’è, la stoffa.