Sei in: Home › Attualità › Notizie › Quella festa per Pietro Ingrao a Lamezia
Martedì, 6 ottobre 2015

Quella festa per Pietro Ingrao a Lamezia

ingrao speranza

E’ un sabato di primavera del1972. A Lamezia e’ festa. Il corso principale stracolmo di gente di ogni ceto sociale e credo politico. Una serata particolare. Anche lavoratori vestiti bene come si faceva solo nei giorni di festa. E con l’orgoglio, la fierezza stampati sul viso. Pietro Ingrao parlava alla città .

In quell’immagine che rimarrà per sempre nella mia mente, quella festa di popolo che accolse il capolista alla Camera del Pci è plasticamente rappresentato il rapporto che Pietro Ingrao ha avuto per tutta la sua vita con la Calabria. Un rapporto di grande affetto e tenerezza, contraddistinto da un amore appassionato e dalla “finezza intellettuale” con cui si interfacciava ai drammi, alle lotte, alla voglia di riscatto della popolazione calabrese: nella tenacia e nella voglia di lottare della gente di Calabria, Pietro Ingrao riconosceva quelle stesse aspirazioni al progresso e alla giustizia sociale che hanno animato tutta la sua vita ,la sua azione politica, la sua passione culturale.

E quella sera Lamezia lo accolse con gli onori riservati ad un grande leader politico ma anche ad una delle espressioni più alte della classe dirigente italiana, ad un fine intellettuale e uomo del popolo che radunava le grandi folle attorno a sé perché capace di risvegliare nelle donne e negli uomini il desiderio di lottare, di sperare per dare forma e sostanza ai propri sogni.

Il rapporto di Ingrao con la Calabria è stato organico e sistematico. Cercava soluzioni ai grandi problemi della popolazione di cui si sentiva rappresentante non solo negli anni dal 1972 al 1976, quando fu eletto in Calabria ma durante tutta la sua attività . Ma Ingrao era legato alla Calabria anche da tanti “spaccati di umanità”, dalle immagini, dai volti, dalle storie che aveva conosciuto negli anni della clandestinità antifascista, durante i quali giovanissimo si era rifugiato nella Presila cosentina.

E’ tornato in Calabria in momenti drammatici della storia del nostro Paese. Durante i moti di Reggio del 1970. In città si respirava un’aria di tensione drammatica. Fino a poche ore prima del suo intervento, Dagli altoparlanti si udiva gridare per le strade di Reggio :”Pietro Ingrao non deve parlare “.Piazza Duomo stracolma accolse quell’esponente del partito comunista tornato per far sentire ai calabresi che lui lottava con loro. Ritornerà, sempre a Reggio Calabria, due anni dopo, nel 1972, per partecipare alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici. Nella notte tra il 21 e il 22 ottobre per impedire quella mobilitazione otto bombe furono fatte esplodere sui treni che trasportavano i lavoratori diretti a Reggio Calabria. Ma anche in quella circostanza Ingrao fece di tutto perché i lavoratori potessero scendere in Piazza, per rispondere con la forza della democrazia e della libertà alla rivolta neofascista dei “boia chi molla”.

Ricordo le tante visite in Calabria di Pietro Ingrao da Presidente della Camera dei Deputati, le innumerevoli volte in cui ho avuto l’onore di accompagnarlo (ero segretario del PCI di Cosenza) nei luoghi che gli erano più cari: Pedace, la Presila, la Sila, comunità che avevano lasciato in lui un segno indelebile . Ogni volta che parlava delle persone che aveva conosciuto nel periodo della clandestinità si commuoveva. Struggente era l’affetto per Cesare Curcio (operaio e parlamentare del PCI) e per il padre. Così come lui è sempre rimasto per tantissime persone di queste comunità un punto di riferimento, una sorta di “Familiare importante e saggio” a cui chiedere consiglio e che anche da lontano accompagnava, sosteneva, incoraggiava. E poi l’amore di Ingrao per il mare calabrese, che lo portava sempre durante le sue visite a chiedere di fare un bagno, anche quando gli appuntamenti e gli impegni incombevano. Con mia grande felicità .Per molto tempo, in ogni incontro personale mi invitava sempre a studiare, mi proponeva nuove letture e ricerche. Ha sempre sollecitato le diverse generazioni a non accontentarsi solo della quotidianità .

Trai tanti ricordi vorrei svelare un episodio molto familiare. Una sera, dopo un lungo giro in Presila, annullò il proposito di andare a letto con un bicchiere di latte ed accettò di cenare a Pedace con la famosa pasta e patate, piatto con il quale veniva nutrito nel periodo della clandestinità. Mi chiese di intercedere, in maniera delicata e riservata, affinchè non ci fosse, nella sua minestra, peperoncino piccante perché gli dava molto fastidio, da sempre, alla digestione. Da giovane non aveva mai manifestato il disagio perché gli era sembrato indelicato farlo.

Ricordare il rapporto di Ingrao con la Calabria significa svelare questi bellissimi tratti di umanità, di un’intensa passione civile che non si esauriva nella sua straordinaria capacità oratoria o nella disponibilità a portare all’attenzione dei palazzi romani i tanti problemi e le tante contraddizioni della nostra regione. Ad Ingrao questo non bastava: voleva condividere la vita, le passioni, le speranze di una terra che ha sempre sentito sua.

 

Commenti