Reddito minimo, che sia #lavoltabuona
Due anni fa, dopo una lunga campagna popolare, abbiamo presentato alla Presidente della Camera Laura Boldrini, oltre 50.000 firme per una legge sul reddito minimo garantito. Uno strumento di sostegno al reddito individuale, che combatta la dilagante disperazione di un Paese con enormi tassi di disoccupazione, una misura necessaria che faccia fronte all’attuale assenza di un welfare universale e di misure in grado di contrastare l’esclusione sociale di milioni di persone.
Speravamo che la legislatura più giovane e femminile della storia avrebbe fatto il resto, per rispondere a questa che ci sembrava allora, come ci sembra ancora oggi, la più grande emergenza politica e sociale del Paese.
Ci sperammo ancora di più quando vennero depositate altre proposte di legge, considerato che tra queste ve ne era una del M5S, un’altra di alcuni deputati del PD e una di SEL (che riprendeva quella popolare). I numeri ci dicevano allora, e ci dicono ancora oggi, che una maggioranza in Parlamento sul reddito era possibile. Tanto era vero che durante il governo Letta fu approvata una mozione presentata da SEL che “impegnava il governo ad introdurre il reddito minimo garantito” nel nostro Paese. L’unico, assieme alla Grecia, ad esserne sprovvisto in tutta Europa. Il governo, purtroppo, non ne fece niente. Il cambio tra Letta e Renzi, le eccessive chiusure del M5S, la timidezza dei parlamentari del PD favorevoli e promotori di una proposta, ne impedirono persino la discussione. Il solito teatrino della politica, mentre fuori, nel Paese reale, povertà e precarietà prendevano il sopravvento. Perché mentre la politica ha i suoi tempi da “posizionamento autoreferenziale”, la vita corre veloce e la crisi pure. Oggi, la condizione sociale è addirittura peggiorata: 10 milioni di poveri, così come gli oltre 2 milioni di ragazzi che non studiano né cercano lavoro, sono lì a ricordarcelo.
Ieri, finalmente, il leader del M5S, Beppe Grillo, si è reso disponibile a dialogare anche con le altre forze politiche pur di arrivare all’obiettivo: istituire lo strumento del reddito minimo. Anche Tito Boeri, neo Presidente dell’Inps, nominato dal Premier, e persino Gianni Cuperlo, ne hanno riconosciuto l’indispensabilità per combattere le disuguaglianze che oggi più che mai stanno distruggendo il nostro Paese, alienando speranze, diffondendo senso di abbandono e solitudine. E allora benissimo le aperture delle forze politiche, ma sapendo che adesso non ci sono più alibi.
Per questo facciamo un appello a PD, SEL e M5S: andiamo oltre le interviste e i politicismi, discutiamone insieme e presentiamo una proposta che abbia i numeri in Parlamento. Serve dimostrare che si vuole combattere davvero la precarietà e l’esclusione sociale, serve a dire ai nostri ragazzi e ragazze che questo Paese ha bisogno di loro per ripartire, serve rendere percepibile che la politica non è difesa di interessi particolari ma dimensione in cui tornare a dar valore alla cittadinanza. Se riusciremo a istituire il reddito minimo garantito potremmo dare un segnale in controtendenza alle politiche di austerity, far ripartire la domanda, rilanciare i consumi. Come si finanzia? Come lo finanziano Paesi che hanno economie messe peggio della nostra: con la fiscalità generale. E prendendo i soldi (oltre al taglio di sprechi, spese militari e altre stupidaggini inutili) da coloro che durante la crisi si sono arricchiti. In parole povere: si prendono a chi ne ha troppi per darli a chi non ne ha per niente. Perché ridistribuendo reddito, avremo un po’ di diseguaglianze in meno e una possibilità in più di uscire dalla crisi. Per questo, dimostrateci che è davvero #lavoltabuona.
*presidente TILT!
dal quotidiano il Manifesto
Commenti
-
alessio
-
Domenico Gentile