Renzi e l’eucarestia Berlusconiana
Renzi, come nel mistero eucaristico della transustanziazione, ha trasformato il pane e il vino del popolo della sinistra nella carne e nel sangue berlusconiano.
Ricapitolando. Archiviazione del diritto del lavoro, precarietà a vita grazie al valore pressoché esclusivo che assumerà il contratto a tempo determinato e alla mancanza di vincoli per il nuovo apprendistato, subordinazione al quadro atlantico sugli F35, subordinazione senza tentennamenti alla Troika, abolizione del sistema della rappresentanza democratica per Senato e Province trasformate in luoghi di nominati, ridimensionamento delle autonomie delle Regioni, delegittimazione costante dei corpi intermedi e della intellettualità non ancora piegata dal vento forte del conformismo, legge elettorale iper maggioritaria. Forse persino ottanta euro in busta paga, ribadendo per questa via che la sua partita è una linea retta tra se medesimo e la fascinazione del popolo, meglio ancora del pubblico televisivo indistinto e affamato. Certo molti sono annunci, ma questo è il concentrato della narrazione renziana, e persino gli annunci caduti nel vuoto saranno usati, in una più o meno prossima campagna elettorale, contro tutti i conservatori che non hanno permesso l’avvento del tempo nuovo.
Non ci troviamo di fronte ad una svolta autoritaria, nessun fascismo alle porte, solo un micidiale riallineamento con i livelli di governance tecnocratica già presente in diversi Paesi europei.
Contro questa deriva che stordisce il nostro campo dobbiamo dare battaglia, rompere gli indugi, dobbiamo metterci controvento, evitando di ingrossare le fila dei silenti e dei salvati dalla rivoluzione passiva di Renzi. Dare battaglia politica, a viso aperto. Solo in questo modo potremo ricostruire il campo largo del centro sinistra. Senza tentennamenti e senza paura sfidare Renzi sul terreno dell’ innovazione del modello di sviluppo, sull’ idea di Paese e persino su un’ idea di leadership collettiva, diffusa, curata, fondata su un rinnovato protagonismo delle soggettività collettive, contro la torsione dell’uomo solo al comando. Possiamo riconquistare l’idea della coalizione per l’alternativa di governo solo confliggendo apertamente con la prospettiva bonapartista dell’ex sindaco. Solo in questo modo potremo dare un contributo importante e coraggioso alle disperse forze della sinistra italiana, comprese quelle ammutolite presenti nel Partito Democratico. La sinistra del PD somiglia drammaticamente a quella socialista all’indomani di un’altra avventura italiana, quella della modernizzazione craxiana.
Certo continueremo a valutare, caso per caso, i provvedimenti che il Presidente del Consiglio porterà in Parlamento, ma non possiamo far finta di non vedere l’essenziale. Italia Bene Comune non esiste più, se non in importanti snodi del governo locale che vanno difesi e valorizzati, e Renzi non somiglia affatto a Bersani. Persino la distanza sul piano umano appare siderale. Quella di Renzi è un’altra storia, è il volto sbieco del trasformismo italiano che sale sul treno della modernizzazione senza modernità, dello scambio più semplice e devastante, qualche euro in busta paga (ovviamente benedetto) per legittimare una eccessiva concentrazione dei poteri.
Non è Blair, è la signora Thatcher de “la società non esiste”, è l’enfatizzazione della società liquida contro la parzialità del frammento. E’ la semplificazione contro la complessità di una democrazia incapace di governare. Coglie e surfa sul senso comune, si orienta consultando sondaggi, spiazza perché non ha alcun impianto culturale da proporre. Solo la velocità, il fare, il semplificare, il produrre capri espiatori da dare in pasto ad una opinione pubblica inferocita e stremata dalla crisi economica e dalla incapacità di autoriforma della politica sempre uguale a se stessa. Più che uno statista sembra Filippo Tommaso Marinetti al cospetto dell’intuizione futurista. Renzi si pone in sintonia con le voci di sotto, fa il verso al populismo, acquisisce quote di potere orientando i flussi della comunicazione mainstream senza peraltro intaccare minimamente il maglio social-liberista che tiene l’Europa e il nostro Paese sotto il tallone. Tecnocrazia e populismo si tengono insieme cercando di sbarrare la strada alla democrazia partecipativa, alla politica come spazio dell’impossibile per dirla con le parole di Ingrao. E in Renzi tecnocrazia e populismo convivono nel medesimo corpo.
Qui stiamo ed è inutile girarci intorno. L’ennesima scorciatoia del Capo taumaturgo a cui affidare la salvezza della nazione e il ritardo accumulato dal sistema Paese. E’ una delle tante patologie italiane. Affidarsi a leader ipnotici che hanno la potenza di surrogare, con i loro gesti e il loro carisma, i limiti di un intero Paese. Portandolo sistematicamente al disastro. Come Crispi, come il Mussolini sansepolcrista, come il Craxi del Midas, come Berlusconi. Può far male, ma prima si compie questa elaborazione e meglio è per la sinistra. Non è facile prevedere la durata del governo Renzi, ma certamente la vicenda di Renzi leader di una proposta camaleontica e di un campo ben perimetrato da poteri consolidati, durerà a lungo. Magari, sullo stile di Kadima, già tra dodici mesi se il cammino trionfante del Governo dovesse inciampare da qualche parte. L’invito è a tornare a dare valore alle nostre parole, dignità alla politica come visione, cimento collettivo, lettura della composizione sociale. Riprendere la parola vale per la sinistra e vale per i tanti compagni del Partito Democratico. Servirebbe un urlo per squarciare il velo dell’ipocrisia e il cono d’ombra renziano dove si nasconde l’elite sciagurata e impresentabile di un Paese alle corde. Opinionisti buoni per tutte le stagioni, gruppi editoriali, imprenditori senza capacità d’intrapresa, broker disumani. Tutti a reggere la coda del camaleonte. Di tattica, di responsabilità nazionale e persino di furbizie piccole si può morire. Lo dico con affetto a una parte importante del Partito Democratico, lo dico a Fassina, Civati, Cuperlo, lo dico a Bersani. Senza pulsioni estremiste varrebbe davvero la pena di dare battaglia politica contro una deriva che umilia la storia e il futuro della sinistra e che caccerà di nuovo il Paese in un vicolo cieco. Facciamola insieme questa battaglia con orgoglio e coraggio. O davvero pensate che alla sinistra non resta che l’angusto spazio del sentirsi diversamente renziani?
Commenti
-
MGiovanna
-
Uccio Levante
-
Uccio Levante
-
Davide Tazzi
-
Valium
-
claudio plazzotta
-
Dario Accurso Liotta
-
Dario
-
Valium
-
wanni
-
Edoardo da Genova
-
Carlo F.
-
Guido
-
marco
-
Filippo Boatti
-
francesco
-
Matteo
-
Matteo
-
Uccio Levante