Ricostruire Kobanè per dare un messaggio di speranza a tutta l’area
Questa mattina il convegno sulla ricostruzione della città di Kobanè, in corso in questi giorni nella città di Amed nel Kurdistan turco, è stato dedicato alla descrizione del report sui danneggiamenti provocati dalla guerra e dagli attacchi dell’Isis. Nella città di Kobanè la distruzione ha toccato quasi l’80% delle case e degli edifici pubblici.
Soltanto nel quartiere di Botan i danni sono stati enormi in termini sanitari e di distruzione di case, ospedali e infrastrutture. Kobanè si compone di 13 quartieri, 7 di questi sono stati completamente distrutti, altri solo parzialmente. Nel solo quartiere di Botan vi erano 1661 case: ne sono cadute sotto gli attacchi 1539, di queste soltanto 122 si possono ancora ristrutturare. Nessuna casa è invece rimasta illesa. Nello stesso quartiere, dei 552 negozi e attività andati distrutti, 162 sono quelli che si possono recuperare. Mentre delle 25 scuole presenti, 14 sono state abbattute.
Quando è cominciato l’assedio l’Isis ha tagliato corrente e acqua. Ancora non c’è corrente in questo momento e la rete dell’acqua potabile è completamente distrutta per il 20%. Anche molte strade risultano danneggiate. Questo lo ha raccontato il rappresentante degli ingegneri e degli architetti che sta collaborando e attivando una serie di progetti di recupero dell’area. Danni ovviamente anche al settore agricolo; i progetti di ricostruzione dovranno fare i conti ancora con la presenza dell’Isis nei dintorni di Kobanè. In questo momento stanno cercando di recuperare una scuola per farne un ospedale. Il terrorismo dell’Isis non si è limitato alle fasi dell’assedio e dei combattimenti, ha lasciato diverse mine negli appartamenti che continuano a causare morti e feriti. Hanno lasciato trappole esplosive nelle case. C’è anche, quindi, tutto il tema della rimozione delle mine antiuomo da risolvere. Per quanto riguarda gli altri interventi urgenti c’è la necessità di ripristinare l’elettricità, di rendere potabile l’acqua, e sul piano sanitario di aprire altri ambulatori. Al momento c’è un solo ospedale centrale, e quindi tutte le emergenza sanitarie si concentrano lì. Ci sarebbe la necessità di decentrare gli interventi medici.
La situazione a Kobanè è davvero drammatica, serve uno sforzo e una mobilitazione di carattere internazionale, ricostruire Kobanè significa dare un messaggio di speranza a tutta l’area, la possibilità di un’alternativa democratica laica e progressista. In questa area l’Isis e le altre dittature infondono un modello di società basato sulla negazione dell’idea di democrazia e dello Stato di Diritto. E’ un messaggio che va oltre la ricostruzione in termini fisici e materiali della città di Kobanè.
*capogruppo Sel in Campidoglio, che sta partecipando al convegno sulla ricostruzione di Kobanè, in qualità di delegato del Sindaco Marino e dell’amministrazione capitolina
Leggi anche Roma si gemella con Kobane simbolo di resistenza