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Lunedì, 11 gennaio 2016

Riforma costituzionale, caro Renzi ci vediamo al Referendum

Renzi-Boschi

L’11 gennaio si voterà la riforma costituzionale. Nel pomeriggio la Camera approverà il testo definitivo del ddl Boschi chiudendo la prima fase della riforma che ridisegna l’architrave della Costituzione e demolisce il bicameralismo perfetto. Una riforma pasticciata e poco ambiziosa. I pronostici dicono che il primo voto conforme del Senato arriverà il 19 o il 20 gennaio e la definitiva ratifica alla Camera il 12 aprile. Sarà invece a ottobre quello che il premier ha definito non un referendum sulla riforma, ma su se stesso. Una sfida che siamo pronti ad accogliere.

Quindi, di fatto si sta ponendo fine, dal punto di vista istituzionale, alla madre di tutte le battaglie. A niente è servito il lavoro portato avanti in commissione dalle opposizioni, a niente sono servite le iniziative promosse nei territori dalle associazioni e dai comitati, a niente sono serviti gli appelli di autorevoli costituzionalisti che – anche oggi – si sono autoconvocati alla Sala della Regina alla Camera per ribadire, in contemporanea al voto, la loro contrarietà alla riforma.

Questa era la scommessa più grande fatta dal Governo Renzi, che per nessun motivo al mondo si sarebbe fatto sbarrare la strada. E poco importa se la posta in gioco è la qualità della nostra democrazia, il nostro funzionamento istituzionale. L’importante era portare a casa in fretta il risultato. Quindi anche se alcune correzioni chieste dalle opposizioni erano assolutamente condivisibili e accoglibili, meglio evitare la discussione e riproporre mediaticamente lo schema che vede da una parte i conservatori gufi, vecchi e tristi e dall’altra i riformatori ottimisti, giovani e dinamici.

Non starò qui ad elencare tutti i guasti di questa riforma, lo hanno già fatto meglio di me in tanti. Quello che mi preme dire è che in questo anno in cui ho lavorato giorno e notte per la Riforma – e mai come in questo caso non è simbolico dire il giorno e notte – ho cercato di non approcciarmi alla Costituzione come se fossi davanti a un testo sacro.

Ammetto che non è stato facile, perché la nostra Carta costituzionale è di una bellezza e di un’intelligenza senza pari: è incredibile come ogni caso venga contemplato, come riesca ad essere ancora attuale e universale e in ultimo – un punto che può apparire sciocco ma non lo è affatto – quanto sia sublime il linguaggio utilizzato. È un pezzo di letteratura. E vedere noi, me compresa, mettere mano a quel testo così ricco di storia e di esperienza, mi faceva sentire quasi una ladra, se non altro inadeguata. Indubbiamente questo Governo – ma anche questo Parlamento – non è all’altezza di una tale riforma ma, per quanto inadeguata, ho cercato con tutta la serietà e tutto l’impegno possibile di mettermi a disposizione di questo passaggio ahimè così straordinario.

Da parte nostra, in commissione c’è stata la determinazione a cercare di portare coerenza – correggere il correggibile – a un testo che non condividevamo già nell’impostazione. Il governo ha chiuso le porte a ogni confronto: il risultato purtroppo è una proposta costituzionale dal contenuto disomogeneo. E quindi i cittadini che saranno chiamati ad esprimersi al referendum confermativo con un solo voto in realtà voteranno su diverse modifiche e diversi contenuti.

La riforma del Senato, così come approvata dalla maggioranza, è pericolosa, soprattutto se viene associata all’attuale proposta di legge elettorale. Perché da una parte avremo un Parlamento monocamerale che con questa riforma si riduce a un organo di mera ratifica delle decisioni governative, alterando l’intero equilibrio dei poteri e la natura stessa del rapporto tra Governo e Parlamento. Dall’altra parte avremo un Senato delegittimato per la fonte dei suoi poteri, il numero dei suoi componenti e le attribuzioni ad esso conferite: sarà quindi un “contropotere” esterno debole a svolgere le funzioni di contrappeso. Insomma le garanzie auspicate anche dai più autorevoli costituzionalisti sono state tutte disattese.

Il Senato sarà un Senato delle autonomie, composto da eletti di “secondo grado”. All’interno siederanno sindaci e consiglieri regionali. I primi, che come sappiamo svolgono nelle città funzioni amministrative e non legislative, e i consiglieri regionali. Svolgeranno tutti un “doppio lavoro” o “dopo lavoro”, nella totale ignoranza di come saranno impostate e divise le competenze e i lavori tra consigli regionali e Senato delle autonomie. Sarebbe stato più coerente proporre – come abbiamo fatto noi – l’abolizione totale del Senato anziché prevedere una seconda Camera sostanzialmente inutile. Non è possibile andare verso un presidenzialismo e un monocameralismo senza prevedere garanzie che normalmente si associano ad entrambi. Eppure è così, ma non è detto che dovrà essere così.

Si sta quindi chiudendo la battaglia in aula, ma per noi se ne apre un’altra più importante nella società. Il referendum, che Renzi vuole trasformare in un plebiscito nei suoi confronti, per noi diventa un passaggio fondamentale, per far capire i pericoli che stanno inserendo nella nostra democrazia. La sfida sarà far capire che non siamo di fronte a tecnicismi o a qualcosa di lontano dalla carne viva delle persone. Ricordiamoci quando fu scritta la nostra Costituzione e riportiamo nella giusta collocazione il ruolo dei cittadini nella nostra democrazia. Adesso la palla passa a tutti

Commenti

  • Francesco

    Il Referendum è di là da venire, ma prima ci sono le piazze e le manifestazioni contro la guerra indette dalla “piattaforma Sociale Eurostop” per il 16 Gennaio.
    Sel (o Sinistra Italiana) ci sarà?
    Quale occasione migliore per tessere rapporti di fratellanza in vista della costruzione del soggetto unico della Sinistra? Ecco l’elenco dei partecipanti e degli aderenti:
    Movimento No TAV, Carovana delle Periferie, USB, Campagna Noi Restiamo, No War,
    PRC, Ross@, Rete Noi Saremo Tutti, Movimento Popolare di Liberazione, PCdI, Fronte Popolare, Sinistra No Euro, CUB, e l’adesione personale di Bifo.

  • Francesco

    Omessa per distrazione la Rete dei Comunisti.