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Lunedì, 7 aprile 2014

Riforme costituzionali: le nostre critiche, le nostre proposte

Sel condivide l’esigenza di una riforma del Titolo V della Costituzione e degli articoli relativi agli assetti del Parlamento della Repubblica. Non condivide la proposta che viene –già discutibile nel metodo, su materie di pura competenza parlamentare- dal governo.

Sel conviene sulla cancellazione di poteri e materie “concorrenti” tra Stato e Regioni, contenute nel Titolo V riformato del 2001. Ma è impensabile che vengano escluse dalla legislazione regionale materie come, ad esempio, urbanistica e il territorio. Mentre è opportuno rimettere mano al vestito di Arlecchino delle leggi elettorali regionali, e l’esercizio di una funzione statale sui costi e la qualità dei servizi nel campo della sanità.

Sel conviene sul superamento del bicameralismo perfetto. Dunque su un Senato che non sia chiamato a votare né la fiducia al governo né la legge di bilancio. Ma non sta in piedi un’elezione di secondo livello che veda sei rappresentanti di ogni regione (Presidente giunta, due rappresentanti della Regione più tre sindaci, più i Presidenti delle Provincie autonome) prescindendo dalla popolazione, più ventuno nominati dal Presidente della Repubblica (cosa che trasformerebbe il Quirinale, dato il peso dei 21 sui 148 membri totali, in una sorta di partito politico che non si presenta alle elezioni). Con quale legittima rappresentanza territoriale e politica un Senato “delle autonomie” siffatto potrebbe esercitare i delicatissimi poteri assegnatigli relativamente a leggi elettorali, elezione dei membri del CSM, leggi costituzionali ed elezione del Presidente della Repubblica?

Ma la decisa contrarietà di Sel nasce da una valutazione del sistema politico-istituzionale che si va delineando, se si guarda agli effetti combinati della legge elettorale già approvata in uno dei rami del Parlamento e delle prospettate riforme costituzionali.

Facciamo una simulazione. Mister X, nella attuale situazione italiana potrebbe essere il capo di un partito di cui è semplicemente proprietario, o indiscusso padrone, non essendo mai state approvate le leggi attuative dell’art. 49 della Costituzione che riconosce la funzione dei partiti politici. Mister X potrebbe anche essere eletto con primarie, non regolate da legge, che dunque nascono da una accordo dentro organismi di partito, prive di una sanzione pubblica. Mister X potrebbe poi vincere un ballottaggio anche avendo avuto al primo turno una minoranza di voti. A questo punto Mister X è candidato alla Presidenza del Consiglio. Si vota solo per la Camera dei deputati. Le liste le fa lui, e i suoi delegati, perché sono bloccate. Le soglie di sbarramento alte possono far sì che pochi entrino (sbarramenti all’8% per i partiti soli e al 12% per le coalizioni) nella Camera che dà la fiducia al governo e fa le leggi, magari nessuno degli alleati del partito più grosso, che elegge deputati con i voti dei coalizzati che non superano il 4.5%. Il resto lo fa il premio di maggioranza, che scatta al primo turno sopra il 37%, o al ballottaggio. Così, nell’ipotesi naturalmente più infausta, forte del sostegno di una doppia minoranza, con le riforme prendere-o-lasciare messe sul piatto dall’accordo Renzi-Berlusconi e dal governo al completo, il Mister X del futuro resterebbe padrone del campo, libero da condizionamenti e contrappesi. Senza voler fare particolari processi alle intenzioni, è nel complessivo meccanismo –legge elettorale ipermaggioritaria, deputati nominati dai capi partito, una sola Camera legislativa, un Senato sostanzialmente attivo solo nelle grandi, e rare, occasioni- che è contenuto un rischio che fa parlare di “deriva autoritaria”.

Sel chiede al Pd e a Matteo Renzi di abbandonare i toni ultimativi e ricattatori, di aprire un dialogo vero su questioni come queste, che hanno una lunga gittata e da cui dipende il destino della Repubblica.

Sel, continuerà a battersi in Parlamento per cambiare radicalmente la legge elettorale in discussione. Sel propone un Parlamento composto da una Camera dei deputati di 450 seggi. Un Senato eletto con legge proporzionale, composto di 150 eletti (gli eletti complessivi diventerebbero 600, contro i 630 proposti dal governo), più i Presidenti di Regione e delle Province autonome in carica , più cinque nominati dalla Presidenza della Repubblica. Il Senato, che non vota né la fiducia al governo né le leggi di bilancio (come nell’ipotesi del governo), dovrebbe avere, innazitutto un ruolo di garanzia; forti poteri in materia anche di diritti fondamentali, di libertà e di attività ispettive e di inchiesta; competenze per le leggi di diritto europeo e potere di deferire le leggi alla Corte costituzionale. Dovrebbe condivider con la Camera la competenza sulle leggi di revisione costituzionale, le leggi costituzionali e le leggi elettorali.

Altre proposte avanzate vanno nella stessa direzione. In particolare quella di 22 parlamentari del PD.

Sel vuole abbattere i costi della politica, procedure istituzionali più rapide, un quadro di poteri costituzionali bilanciati che garantiscano rappresentanza, democrazia e libertà. Cercherà tutte le alleanze politiche e parlamentari affinchè l’occasione non sia persa, e non si imbocchino strade sbagliate o rovinose.

Documento assunto dall’Assemblea Nazionale di Sinistra Ecologia Libertà 
Roma, 6 aprile 2014