Riprendere il filo della ricostruzione a Sinistra
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Scriviamo questa nota dopo un’estate di passione malinconica, dentro ad un quadro che ha fatto esplodere, rivelato, problemi e lacerazioni al nostro interno che non immaginavamo portassero addirittura alla formazione di un nuovo gruppo parlamentare. Non sappiamo nemmeno come definire tutto ciò. La nostra spaccatura è apparsa – e non solo a noi – incomprensibile. Lontana da contenuti sostanziali, extrapolitica. Segno dei tempi.
Tutto ciò dentro ad un quadro in cui l’aggravarsi di una condizione di crisi sistemica ha investito ulteriormente il Paese e l’Europa, svuotando il terreno della rappresentanza e dei corpi intermedi. Tutto ciò dentro ad un quadro che ha ormai determinato nuove forme di sovranità e prodotto dinamiche recessive/deflattive e il dilagare di nuove forme di povertà che minano la tenuta e la coesione di interi territori. Tutto ciò rende necessario un salto di qualità nella costruzione di un’alternativa alle politiche della Troika ormai completamente sposate dall’attuale governo Renzi. Un’alternativa che, per quanto riguarda l’Italia, si ponga l’obiettivo di ricostruire una soggettività di sinistra con ambizioni di governo.
Per far questo, il ruolo, il profilo e la prospettiva politica di SEL vanno ridefiniti con nettezza. Dopo la battaglia parlamentare contro la riforma del Senato che ha ridato visibilità pubblica al nostro partito e dopo le due assemblee estive della lista Tsipras che hanno reso evidenti le difficoltà in cui si muove quel progetto politico, SEL fatica a riprendere un proprio protagonismo di prospettiva. Da qui nasce la nostra proposta. Una situazione problematica che ha poco a che fare con la recente spaccatura del gruppo parlamentare e che, invece, attiene alla difficoltà di recuperare una visione strategica, una lettura credibile della società italiana ed europea nel tempo della crisi e a fare i conti con il carattere autoritario e pervasivo della dimensione del “governo per il governo”, rappresentata oggi dal renzismo. Una situazione dove il conformismo e l’omologazione spingono ogni pensiero critico nella palingenesi della iattura. Stiamo al palo, al centro la necessità di ridefinire la nostra identità, fattasi liquida e impercettibile, nell’azione e nella cultura complessiva. SEL rischia di apparire una forza “piantata sulle gambe”. Con una proposta politica incerta. Ridefinire la nostra identità, assumere il terreno della democrazia radicale come cifra di cultura politica appaiono necessità improcrastinabili. Abbiamo sbattuto anche noi contro una resistenza nel rinnovare. Anche questa dipartita di parte del gruppo parlamentare fa riflettere per gli stessi “inconoscibili” contenuti se non quelli di un riposizionamento tattico individuale dentro al mercato elettorale. Vogliamo finalmente prendere atto anche di “passaggi a vuoto” dai quali, non ripetendoli, si può ripartire?
Le periferie sono il cuore dello scivolamento della classe media verso forme di sopravvivenza fino a poco tempo fa sconosciute. Le ricadute sui comuni della politica dei tagli messe in campo dagli ultimi governi sono devastanti. Il destino dei comuni è dato per irreversibile? Il necessario lavoro di opposizione parlamentare ai provvedimenti del governo – a partire dal cosiddetto Jobs Act, dalla delega sul lavoro e dalla riforma della scuola, nonché dalle ulteriori misure di tagli che si preannunciano sulla sanità e sulle pensioni – deve accompagnarsi ad un investimento, forte e visibile, che parli al Paese, ai suoi malesseri, al suo dolore sociale e che abbia una capacità di attrazione e di ricomposizione rispetto ai molti dissensi che il pensiero unico renziano sta producendo. Una produzione di soggettività politica, fortemente caratterizzata sul terreno della democrazia (una testa / un voto, sulle scelte di fondo e sulle persone), in grado di riannodare i fili di un processo aggregativo e di evitare il rischio che l’intera dialettica politica si esaurisca all’interno del “partito/Stato” di Renzi, per di più nel momento in cui sia sul piano nazionale con lo scontro durissimo sul lavoro e con la difficoltà a reperire i 20 miliardi per la legge di stabilità, sia sul terreno europeo – cosa ne è delle mirabolanti promesse che avrebbero dovuto accompagnare il semestre di Presidenza italiana dell’Unione? – il governo appare in grave difficoltà.
In questo contesto SEL non può accontentarsi della mera sopravvivenza. La manifestazione del 4 ottobre non può ridursi ad un passaggio rituale – la manifestazione autunnale – ma deve diventare l’occasione per investire con forza su questo processo di ricostruzione. Non una precipitazione organizzativistica, ma un passaggio per la costruzione di reti e di relazioni tra diversi da far vivere anche nella prevista conferenza di programma, fatto di pratiche di buon governo e di conflitto sociale, di paziente tessitura di politiche istituzionali e di rapporti con i movimenti, di pratiche amministrative in grado di misurarsi con il necessario cambio di paradigma e di modello di sviluppo e la sperimentazione di modalità organizzative, in grado di ricostruire legami sociali e di ricomporre la separatezza tra spazio della rappresentanza politica e frantumazione sociale, costruendo mutualismo, autorganizzazione, vertenzialità diffusa, socialità. Senza un rilancio delle nostre ambizioni, il nostro progetto politico rischia di non farcela.
Lo diciamo da un territorio, il Lazio, dove SEL è una forza di governo – abbiamo posizioni di rilievo alla Regione, al Comune e in tutti i Municipi di Roma, al Comune di Rieti, in quello di Formia e in quello di Priverno, in quello di Ladispoli, tanto per citare le realtà più grandi – che, quotidianamente prova a misurarsi con la sfida del locale nel tempo della crisi, attraverso la costruzione di politiche di prossimità, frutto di mediazioni faticose, mobilitazioni sociali, intuizioni ed intelligenza politica. Un patrimonio di pratiche e di insediamento territoriale che prova a tenere insieme rivendicazione sociali e dinamiche di governo. Come si governano gli effetti territoriali che la globalizzazione scarica nei nostri quartieri senza produrre da subito un orizzonte di senso che al collasso sociale provi ad offrire una prospettiva diversa dalla disperazione? Quanto sta avvenendo a Corcolle e a Torpignattara, è un fatto sociale con il quale una politica di cambiamento ha il dovere di misurarsi. Il collasso sociale, si esprime non certo con il protagonismo della ribellione ma con un ulteriore ripiegamento individuale ormai più che altro destinato ad una deriva morale.
La necessità di un cambio di passo nell’azione di SEL, nasce da questa consapevolezza. Dobbiamo metterci al servizio di un processo di ricostruzione con quanti sono disponibili a mettersi in gioco.
Il tempo è adesso. Facciamo appello al gruppo dirigente nazionale affinché la manifestazione del 4 ottobre sia attraversata da questo spirito. Come primo passo.
Giancarlo Torricelli Segretario Regionale SEL Lazio
Maurizio Zammataro Segretario Area Metropolitana SEL Roma
Giuseppe Fortuna Segretario Provinciale SEL Frosinone
Maurizio Camerini Segretario Provinciale SEL Rieti
Paola Marchetti Segretario Provinciale SEL Viterbo
Beniamino Gallinaro Segretario Provinciale SEL Latina
Gino De Paolis Consigliere Regionale Lazio
Luigi Nieri Vice Sindaco Comune di Roma
Gianluca Peciola Capogruppo SEL Comune di Roma
Annamaria Cesaretti Consigliere Comunale Roma
Andrea Catarci Presidente VIII Municipio Roma
Susi Fantino Presidente IX Municipio Roma
Enrico Luciani Presidente Compagnia Portuale Civitavecchia
Simone Petrangeli Sindaco Comune di Rieti
Angelo Delogu Sindaco Comune di Priverno
Bengasi Battisti Sindaco Comune di Corchiano
Maria Rita Manzo Vice Sindaco Comune di Formia
Francesca Di Girolamo Assessore Comune di Ladispoli
Gianluca Marra Coordinamento SEL Lazio
Gaetano Capuano Coordinamento SEL Lazio
Sara Graziani Coordinamento SEL Lazio
Tonino Bitti Coordinamento SEL Lazio
Enrico Chiavini Coordinamento SEL Roma
Marina D’Ortenzio Coordinamento SEL Roma
Massimiliano Ortu Coordinamento SEL Roma
Ismaele De Crescenzo Coordinamento SEL Roma
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