Sciopero generale a Termini Imerese, governo e Fiat si assumano le loro responsabilità
Questa mattina a Termini Imerese un’intera comunità scende in piazza per la mobilitazione generale organizzata da Fiom, Fim e UIlm in sostegno ai lavoratori della Fiat di Termini Imerese. Imprenditori, artigiani, commercianti, studenti, sindaci e parroci di un intero comprensorio in prima fila sotto lo slogan “senza lavoro non c’è futuro”. Una partecipazione di massa per chiedere alla Fiat e al governo di scongiurare il licenziamento di 1.200 operai dello stabilimento di Temini Imerese e trovare finalmente una soluzione positiva della vicenda che ha già creato un grave dissesto economico alla zona. Anche la chiesa ha deciso di schierarsi apertamente dalla parte dei lavoratori e attraverso una lettera, nei giorni scorsi, ha sollecitato la mobilitazione sottolineando come la situazione a Termini Imerese sia sempre più ingovernabile e tanti uomini e donne siano ormai giunti allo stremo dando segni evidenti di sofferenza.
In questa partita si gioca davvero il futuro di un’intera cittadina, con la Fiat che è sempre stato il motore per l’economia locale, il perno attorno al quale si è sempre retto e sviluppato il tessuto economico non solo di Termini Imerese ma anche quello dei comuni limitrofi.
Da quando Fiat ha deciso di abbandonare al proprio destino lo stabilimento e i lavoratori con una massiccia cassa integrazione che scadrà a giugno e con la decisione di chiudere definitivamente lo stabilimento, la crisi in quella zona è diventa sempre più grave, una bomba sociale pronta a esplodere.
Sinistra Ecologia Libertà, oltre ad esprimere la dovuta solidarietà ai cittadini di Termini Imerese oggi in piazza e a tutti i lavoratori e le lavoratrici degli stabilimenti del Gruppo Fiat, chiede con forza alla Presidenza del Consiglio il ritorno a Palazzo Chigi della vertenza che riguarda la Fiat di Termini Imerese perché dal 2009, anno in cui Fiat presentò un piano industriale che prevedeva la cessazione dell’attività produttiva dello stabilimento termitano, attendiamo dallo Sviluppo Economico una soluzione che non c’è. Il 31 gennaio scorso, infine, Invitalia stessa ha ammesso il palese fallimento del piano di reindustrializzazione dell’area di Termini Imerese: Neanche un euro e nessuna manifestazione di interesse. A questo punto il governo deve assumere come prioritaria la ricerca di una missione produttiva per lo stabilimento all’interno del comparto dell’automotive e non può sottrarsi lasciando marcire gli impianti produttivi siciliani tutt’ora funzionanti e pronti a ripartire. Se gli stabilimenti italiani continuano a chiudere non si capisce quali siano le opportunità per il nostro Paese dopo la grande fusione Fiat-Chrysler. Ad oggi stiamo vedendo solo gli effetti negativi di quella che sembra una progressiva fuga dall’Italia da parte del gruppo industriale torinese per di più in parte finanziata con soldi pubblici e messa in atto con il silenzio complice del governo che non ha battuto ciglio neanche dopo l’ultimo annuncio che la nuova FCA (Fiat-Chrysler Automobiles) pagherà le tasse a Londra e avrà sede legale in Olanda. In questi anni i vari governi che si son succeduti non abbiamo fatto che accontentarci invece delle vuote promesse di Marchionne su ipotetici investimenti in Italia che non sono ancora arrivati. L’atteggiamento tenuto da Fiat su Termini Imerese ma più in generale sul complesso degli stabilimenti italiani non fa che confermare le nostre preoccupazioni sull’occupazione sulla saturazione degli impianti. Non si può attendere il piano industriale di maggio per capire quali saranno gli esiti dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione in corso negli stabilimenti mentre le agenzie di rating continuano a declassare il titolo Fiat, aumentano le richieste di cassa integrazione straordinaria come a Mirafiori e Cassino e a Termini come abbiamo già scritto Fiat non ha nessun interesse industriale.
Su occupazione e salari Fiat non può continuare a celarsi dietro il silenzio e il governo non può non chiamare la Fiat alle proprie responsabilità chiedendo che vengano chiarite in modo definitivo e inequivocabile quali siano le intenzioni del Gruppo rispetto al suo impegno in Italia.
Non si possono chiedere sacrifici solo ai lavoratori che tanto hanno già pagato e nel frattempo garantire i dividendi agli azionisti, regolare operazioni di finanziamento per 5 miliardi di dollari, procedere al rimborso integrale dell’obbligazione a favore del Veba Trust ben 9 anni prima della scadenza.
Questo dimostra che i soldi ci sono, quello che manca è la volontà di Marchionne, della famiglia Agnelli e dell’intero Gruppo Fiat di investire nel nostro Paese e nel nostro sistema industriale.
*componente Commissione Attività Produttive alla Camera dei Deputati