Scuola, Corte Ue boccia l’Italia: 250mila precari devono essere assunti. Sel: ora Renzi non ha più scuse
La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione. Lo ha sentenziato oggi la Corte Ue, aggiungendo che il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato.
«La sentenza della Corte di giustizia europea sugli oltre 250mila precari della scuola italiana conferma quanto Sel ha sempre denunciato, vale a dire che le politiche adottate dagli ultimi governi che si sono succeduti in questi anni sono contrarie al diritto di parità di trattamento rispetto alle leggi europee». Lo scrivono in una nota le senatrici di Sel Alessia Petraglia, capogruppo di Sel in commissione Istruzione e Loredana De Petris presidente del Gruppo Misto.
«Questi lavoratori sono stati considerati di serie B per troppo tempo – affermano le senatrici di Sel – avendo avuto contratti del tutto illegittimi tanto sul piano amministrativo quanto su quello giuridico. Il Governo Renzi non ha più scuse e deve dunque provvedere immediatamente a trovare le risorse per la loro stabilizzazione così come già Sel aveva chiesto con un’interrogazione parlamentare e con alcuni emendamenti nella legge di Stabilità e così come conferma oggi questa importante sentenza . Sia messa la parola fine all’abuso dei contratti a termine nel pubblico impiego».
La conseguenza più immediata della sentenza appena emanata dalla Corte Europea a Lussemburgo è che adesso 250mila precari possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante.
Coinvolto tutto il pubblico impiego: il sindacato Anief avvia ricorsi anche per precari Afam, Sanità, Regioni, Enti locali.
«Quella scritta oggi a Lussemburgo è una pagina storica che pone fine alla precarietà nella scuola e in tutto il pubblico impiego: ora è assodato che non esistono ragioni oggettive per discriminare personale docente e Ata assunto a tempo determinato nella scuola italiana dal 1999». Così Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir
I giudici sovranazionali hanno spiegato che la direttiva comunitaria osta a una normativa nazionale che autorizza, in attesa dell’assunzione del personale di ruolo, il rinnovo dei posti vacanti e disponibili, senza indicare tempi certi ed escludendo possibilità di ottenere il risarcimento danno. Pertanto, ha spiegato la Corte, non esistono criteri oggettivi e trasparenti per la mancata assunzione del personale con oltre 36 mesi di servizio, né si prevede altra misura diretta a impedire il ricorso abusivo al rinnovo dei contratti.
È una sentenza che coinvolge un numero altissimo di lavoratori precari italiani: solo nella scuola, l’Anief ha calcolato, sulla base dei dati Miur e Inps, che sono infatti più di un milione e mezzo le supplenze annuali (fino al 31 agosto) e al termine delle attività didattiche (fino al 30 giugno) conferite in questi anni ai docenti, a fronte di 250mila immissioni in ruolo e 300mila pensionamenti: «ora quei precari devono essere tutti assunti e risarciti», sottolinea Pacifico.
«Nel 2010 – continua il sindacalista, che ripercorre il lungo iter giudiziario avviato proprio dall’Anief – si attiva la prima procedura d’infrazione, ancora in corso, contro lo Stato italiano per la mancata stabilizzazione di un supplente ATA; negli anni successivi sono in migliaia i precari docenti e ATA che inoltrano agli uffici della Commissione denunce circostanziate sulla violazione della normativa comunitaria».
La Legge italiana 106/2011 cerca di mettere un argine e deroga espressamente all’esecuzione del diritto dell’Unione per via di ragioni oggettive che nell’estate del 2012 sono state individuate dai giudici di Cassazione nella particolare condizione della scuola italiana: per il nostro Stato, i precari sarebbero addirittura “fortunati”, perché con il servizio accumulano in graduatoria punti per entrare di ruolo. Mentre gli organici non sarebbero prevedibili e il pareggio di bilancio imporrebbe risparmi.
«Tutti motivi – sottolinea Pacifico – che la Corte europea nelle cinque cause riunite oggi e rinviate dal giudice Coppola del lavoro di Napoli e dalla Consulta ha ritenuto inesistenti, condividendo le tesi dell’Avvocato generale, della stessa Commissione e dei legali Ganci, Miceli, Galleano, De Michele che rappresentano per l’Anief i ricorrenti: in primo luogo, il fare punteggio non garantisce l’immissione in ruolo come si è dimostrato con i numeri forniti dai legali dell’Anief; in secondo luogo, sempre dalle carte risultano ogni anno chiamati centinaia di migliaia di supplenti; infine, le ragioni finanziarie non possono comprimere diritti inalienabili, ancorché vere visto che il costo della chiamata dei precari avrebbe di fatto aumentato di due terzi la spese corrente».
«Il Governo, temendo le conseguenze della sentenza, è già corso ai ripari: nel piano di riforma “La Buona Scuola” – prosegue il sindacalista – ha previsto un piano di assunzioni di tutti i docenti inseriti nelle Gae (150mila), principio ribadito nel disegno di legge di stabilità 2015. Eppure rimangono esclusi i 100mila docenti che sono abilitati ma non inclusi nelle Gae nonché i circa 20mila ATA chiamati in supplenza annuale che potranno ricorrere al giudice del lavoro. Ma anche chi è stato assunto può portare in tribunale lo Stato italiano per aver violato sistematicamente le norme comunitarie».
Ma l’Anief non si ferma e annuncia ricorsi per l’applicazione del principio della parità di trattamento impugnando i decreti di ricostruzione di carriera che riconoscono solo parzialmente il servizio pre-ruolo, come la tabella di valutazione dei titoli dei servizi delle domande di mobilità. Sarà richiesto, come già riconosciuto dalle Corti di Appello, il pagamento degli scatti di anzianità per il periodo di precariato nonché le mensilità estive per un ammontare che potrà essere superiore a 20mila euro.
Il giovane sindacato impugnerà anche il CCNL del 4 agosto 2011 perché costringe i neo-assunti dopo il 2011 a percepire uno stipendio da precari praticamente a vita, considerato l’accordo sindacale che garantisce l’invarianza finanziaria contro una precisa sentenza della stessa Corte di giustizia e le intenzioni del Governo di abolire gli scatti di anzianità.
I legali dell’Anief non si fermano qui: grazie alla collaborazione con Radamante, Prodirmed e Confedir hanno annunciato l’avvio di ricorsi per tutti dipendenti e dirigenti medici del pubblico impiego perché la sentenza avrà effetti sul sistema di assunzioni nell’amministrazione pubblica.
fonte Orizzontescuola.it
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nino