Scuola, la relazione di minoranza di Annalisa Pannarale presentata da Sel
Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti
Quella che si profila con il DdL 2994 è una riforma autoritaria e regressiva, incapace di rispondere ai problemi e ai bisogni reali della scuola. Una riforma segnata fin da subito dalla contraddizione stridente tra quello che è stato annunciato e quello che è stato realizzato.
Lo stesso Decreto legge presentato dal Consiglio dei ministri il 2 marzo 2015, “vista la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per rendere effettiva l’autonomia scolastica” ė stato precipitosamente ritirato d’ufficio, con una Ministra Giannini “basita” e neppure avvertita di quanto stesse accadendo. Poi, il 12 marzo 2015 un altro Consiglio dei ministri ha riferito finalmente di un Disegno di Legge il cui attuale testo è rimasto lungamente “apocrifo” fino all’annuncio in aula il 31 marzo 2015. Ancora. Da un lato il tempo lungamente dedicato a conferenze stampa, a decine di “slides” e ad annunci mirabolanti di sottosegretari imprevidenti, dall’altro un iter del provvedimento frettoloso, superficiale e ridotto ad una manciata di settimane, a conferma della cifra di un governo che ha svilito il dibattito e che si è mostrato impermeabile a qualsiasi confronto di merito.
Un governo sordo nei confronti del dissenso del mondo della scuola.
Alle Commissioni cultura di Camera e Senato, eccezionalmente congiunte per fare più in fretta, non solo sono stati imposti lavori approssimativi e sommari e audizioni, “notturne”, di associazioni, organizzazioni e sindacati, ma anche il collegamento al Documento di Economia e Finanza (DEF). Ciò ha comportato la facoltà per il governo di indicare la data del voto in Aula, e il ricorso alla disciplina prevista dell’art.123-bis del Regolamento della Camera, con criteri di ammissibilità degli emendamenti propri delle sessioni di bilancio: preclusioni, contingentamenti, impossibilità di presentare emendamenti in aula, ecc.
Il governo e la sua maggioranza sono rimasti sostanzialmente sordi, persino di fronte all’appello “La scuola che cambia il paese”, con il quale una rete di associazioni, sindacati e movimenti ha chiesto di cambiare il Disegno di Legge sulla scuola. In quel documento Agenquadri, AIMC, ARCI, AUSER, CGD, CGIL, CIDI, CISL, CISL Scuola, Edaforum, FNISM, FLC CGIL, IRSEF-IRFED, Legambiente Scuola e Formazione, Link – Coordinamento Universitario, MCE, Movimento Studenti di Azione Cattolica, Movimento di Impegno Educativo di Azione Cattolica, Proteo Fare Sapere, Rete della Conoscenza, Rete degli Studenti Medi, Rete29Aprile, UCIIM, UDU, Unione degli Studenti, UIL, UIL Scuola, Libera, Irase, Forum Terzo Settore e EXODUS ONLUS hanno chiesto di “stralciare” il tema delle assunzioni, come già aveva proposto Sinistra Ecologia Libertà, per garantire il regolare ed efficace avvio del prossimo anno scolastico, e di procedere a interventi di modifiche e di riforma garantendo il necessario clima di condivisione attraverso tempi distesi e disponibilità piena all’ascolto e al confronto con tutti coloro che da anni tengono in piedi la nostra scuola.
Le risorse per la scuola rimangono ben al di sotto della media europea.
La spesa per l’istruzione in Italia, come è noto e nonostante le risorse previste dalla Legge di stabilità 2015, resta al di sotto della media europea, per allinearsi alla quale occorrerebbero impegni e investimenti maggiori. Nel DEF 2015, approvato il 10 aprile scorso dal Consiglio dei ministri, la partecipazione della scuola alla crescita del PIL è stimata da qui al 2020 dello 0,3%, e su una proiezione di medio-lungo periodo la previsione di spesa in istruzione cala drasticamente, fino ad una riduzione di circa 10 miliardi.
Per colmare l’enorme gap formativo col resto d’Europa servirebbero risorse certe e adeguate. Il governo Renzi, invece, tenta di supplire all’insufficienza degli investimenti pubblici con le “sponsorizzazioni”, con la concessione di crediti d’imposta a cittadini e imprese per donazioni alle scuole, e con la destinazione del 5xmille nella dichiarazione dei redditi. In questo modo l’intervento dei privati dovrebbe sostituirsi alla scarsità degli investimenti dello Stato, con il rischio di creare e accrescere le forti diseguaglianze tra scuole di aree economico-sociali diverse, con buona pace dell’uguaglianza d’accesso di tutti i cittadini al diritto allo studio e del carattere nazionale e unitario del sistema d’istruzione.
Un uomo solo al comando
Lo spirito e la filosofia del Disegno di Legge, per nulla modificata nel corso dell’esame in Commissione cultura, è sempre stata quella di affidare la realizzazione della “piena” autonomia delle istituzioni scolastiche alla sola figura dei dirigenti scolastici, chiamati a scegliere, valutare e poi a premiare i docenti della propria scuola. Il dirigente di una scuola dovrebbe infatti “individuare” gli insegnanti – i nuovi assunti e poi via via tutti gli altri – da un “albo” territoriale, compresi i docenti titolari di altre scuole. Una specie di “rubamazzo” tra istituti. I docenti, una volta prescelti, saranno titolari di incarichi triennali, eventualmente rinnovabili da parte del dirigente, oppure dovranno essere nuovamente scelti da altri dirigenti e trovare un’altra scuola interessata a loro.
Si lede dunque qualunque principio di continuità didattica e si istituzionalizza così una sorta di caporalato/precariato degli insegnanti che, come “freelance”, dovrebbero proporsi e auto-promuoversi per convincere i dirigenti ad utilizzare la loro professionalità.
Si trasforma in maniera pesante e inaccettabile lo status giuridico dei docenti, spingendoli in un’inedita area di natura privatistica dove il dipendente pubblico risponde del suo operato al manager e dove la stessa libertà di insegnamento è messa in discussione.
Il Disegno di Legge attribuisce agli stessi dirigenti scolastici, affiancati a seguito di un emendamento della relatrice in Commissione da un “Comitato” che comprenderà genitori e studenti, il potere inedito di assegnare un “bonus” ai migliori insegnanti, valutati sulla base di non meglio precisati criteri di misurazione della qualità della loro azione didattica. Per questo “bonus” sono previsti 200 milioni ogni anno, meno della metà dei tagli subiti dall’attuale FIS – Fondo dell’Istituzione Scolastica per riconoscere il lavoro aggiuntivo. Nella precedente formulazione (il Decreto Legge) si prevedeva una “premio” per i 2/3 dei docenti, mentre nella versione definitiva della “premialità” soltanto per il 5 per cento. Siamo drammaticamente di fronte ad una idea di istruzione ridotta ad una sorta di mercato in cui le scuole cercano di vendere il proprio prodotto e nel quale gli insegnanti, per ottenere incarichi o per ricevere bonus o quote di salario accessorio, precipitano nel ricatto di condizioni di bassa competitività.
Non sfugge come l’inserimento all’ultimo momento di un “voucher” di 500 euro per docente, da utilizzare per l’aggiornamento professionale attraverso l’acquisto di libri, testi, strumenti digitali, iscrizione a corsi, ingressi a mostre ed eventi culturali, sia nient’altro che una misura accattivante in cambio di diritti e tutele.
Manca un vero piano per le assunzioni
Il Disegno di Legge prevede, come punto centrale, un piano straordinario di assunzioni al 1° settembre prossimo (poco più di 100.000 docenti e nessun ATA) per coprire le cattedre già vacanti o a causa dei futuri pensionamenti, e per i posti del cosiddetto organico dell’autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali previste nel Piano (triennale) dell’offerta formativa delle singole scuole. I neo assunti, non tutti e non subito, sono i docenti inseriti nella Graduatorie a Esaurimento (GaE) ed i vincitori del concorso del 2012. Grazie ad emendamenti identici votati in Commissione, sono stati compresi alla fine anche gli idonei del concorso, a partire dall’anno scolastico 2016-2017. Nessuna risposta invece alle migliaia di precari, docenti e ATA, che da anni portano avanti la scuola italiana, tra grandi difficoltà e stipendi bassi e spesso pagati con mesi di ritardo. E nessuna risposta neppure ai vincitori dei ricorsi per abuso dei contratti di lavoro precario (oltre 36 mesi) secondo la condanna inflitta al MIUR dalla Corte di giustizia europea, ma soltanto riconoscimenti economici, la mera monetarizzazione cioè di un diritto. Dall’anno prossimo si assumerà soltanto a seguito di concorsi triennali e le attuali graduatorie non saranno più “utili”. Ovviamente una simile draconiana e per certi versi impraticabile decisione ha provocato e provocherà mobilitazioni e ricorsi della maggior parte dei precari delle scuole, che vedranno di fatto preclusa ogni possibilità di lavoro dal prossimo anno.
Favoriti i benestanti e le scuole private
Ma il governo Renzi ha pensato anche alla scuola privata/paritaria. Mentre infatti si negano alla scuola pubblica finanziamenti adeguati, si prevedono per quelle private risorse e agevolazioni sotto forma di detrazioni: le spese per l’iscrizione, fino a 400 euro, si potranno detrarre, dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola media superiore, per un ammontare totale di detrazione di oltre 75 milioni di euro all’anno. Un emendamento approvato in Commissione ha inoltre esteso la detraibilità anche alle spese sostenute per la frequenza della scuola superiore di secondo grado (pubbliche e private). Tale estensione comporta un costo a regime di più di 9 milioni di euro.
La controversa misura del 5 x mille potrà essere destinata anche alle scuole private/paritarie, e sarà in palese concorrenza con le associazioni di ricerca sul cancro, di sostegno del volontariato, con le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di promozione sociale, ecc; e lo “school bonus”, invece, per incentivare le donazioni private a favore delle scuole, per la costruzione di nuovi edifici, la manutenzione, o la promozione di progetti dedicati all’occupabilità degli studenti, assicurerà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65%) in sede di dichiarazione dei redditi.
Deroghe e deleghe
Restano immodificate deroghe e abrogazioni che rilegificano il rapporto di lavoro di pubblico impiego per la scuola, abolendo di fatto il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
Permane inoltre un numero ancora eccessivo di deleghe al Governo (ben 8), senza criteri direttivi puntuali e su una materia troppo estesa, mentre alcune sono state ricondotte all’interno dell’articolato di legge con il chiaro obiettivo di “sfuggire” al parere delle Commissioni parlamentari competenti previsto in caso di delega.
Le proposte di SEL
Il gruppo di SEL ha portato avanti con determinazione le sue proposte emendative e la sua ferma opposizione al DdL, in solitudine a causa dell’abbandono dei lavori in Commissione da parte del Movimento 5 Stelle.
Abbiamo proposto lo stralcio dell’articolo 21 per eccesso di materia delegata e di discrezionalità concessa al governo; così come abbiamo chiesto, anche in questo caso senza esito positivo, lo stralcio del piano straordinario di assunzione dal resto dei contenuti di riforma della scuola.
Abbiamo depositato oltre 250 emendamenti, tutti di merito, indirizzati al rafforzamento del governo democratico della scuola attraverso il riconoscimento e il potenziamento del ruolo e delle funzioni degli organi collegiali, in contrasto con la proposta verticistica del Governo che fa leva esclusivamente sul rafforzamento delle funzioni dei dirigenti scolastici, e sulla “scelta/individuazione” dei docenti da assumere, da premiare, oppure da escludere dopo il periodo di prova “con effetto immediato e senza obbligo di preavviso”.
Abbiamo inoltre proposto emendamenti per un piano pluriennale di assunzioni che comprenda anche i precari che lavorano da anni nella scuola, gli educatori e il personale ATA, i diplomati magistrali 2001/2002 (anche in seguito alle conclusioni cui è recentemente giunto il Consiglio di Stato), TFA, PAS e per l’eliminazione dell’incredibile articolo 12 che prevede il licenziamento dei supplenti che hanno lavorato già per più di 36 mesi, al contrario di quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia europea di novembre che ha condannato l’Italia e il MIUR per abuso di ricorso a contratto a tempo determinato.
Abbiamo promosso emendamenti per eliminare il finanziamento, comunque camuffato da agevolazione fiscale, alle scuole private-paritarie, e per evitare l’inserimento delle scuole, in un’ottica di concorrenza, nella misura del “5 per mille”, opzione che andrebbe a registrare le disuguaglianze senza affrontarle, e che farebbe aumentare esponenzialmente gli squilibri tra scuole di serie “A” e quelle di serie “Z”.
Per quanto riguarda le agevolazioni per chi frequenta le scuole private-paritarie abbiamo anche sottolineato l’incongruenza tra quanto previsto nella relazione tecnica al DdL, in cui si parla soltanto delle scuole private-paritarie e il testo della norma (art.17) che indica, invece, l’intero sistema scolastico nazionale, e quindi scuole statali, quelle gestite dagli enti locali e le private-paritarie. Ovviamente la copertura finanziaria occorrente è ben diversa.
La nostra battaglia continuerà comunque in Aula alla Camera e poi in Senato, dove chiederemo di nuovo il ritiro del provvedimento da parte del Governo e un Decreto Legge urgente per un piano pluriennale di assunzioni dei precari. Questo sarebbe l’esito più serio e lungimirante, sia perché garantirebbe tempi sicuri alle stabilizzazioni sia perché restituirebbe tempi distesi e prerogative vere al parlamento nella discussione di un DdL nuovo e riscritto con la condivisione di tutto il mondo della scuola.
Chiederemo di chiudere una fase infelice e miope per riaprire un percorso di ascolto sano ed efficace per il paese e per la scuola italiana. In ogni caso Sinistra Ecologia Libertà e tutte le lavoratrici e i lavoratori della scuola, gli studenti, i genitori e il popolo che il 5 maggio scorso è sceso in piazza per protestare e rivendicare il diritto ad una scuola della Costituzione e di qualità chiedono che il confronto si apra davvero sui contenuti e sulle deleghe, perché è lì che si decideranno gli interventi concreti.
Vogliamo discutere davvero, in un confronto aperto, sia i provvedimenti finanziari, sia i decreti delegati, per trovate le migliori soluzioni possibili. Perché questo è il nostro l’impegno: dare alla scuola e al paese, nei tempi difficili della crisi, la prospettiva di futuro e di benessere che il Governo oggi sembra voler negare.
Noi pensiamo che occorra invece un grande e condiviso progetto di investimento e di innovazione che ripensi la scuola come cardine della democrazia, del pensiero critico, della coesione sociale, e della lotta alle disuguaglianze.
Un progetto di libertà e di crescita culturale e civile, che si nutra dei principi della Carta Costituzionale, e viva nelle idee e nella realizzazione di tutte e tutti coloro che la scuola la abitano e la fanno ogni giorno.