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Martedì, 8 aprile 2014

Se quei tre libri entrano a Palazzo Chigi

Forse ci siamo. Aspettiamo a dirlo, ma forse ci siamo. Forse la svolta renziana tanto attesa, quella vera, non questo noioso tira & molla da imbonitore che tira sul prezzo inanellando frasi fatte, sta per abbattersi nel paese con tutto il carico della sua forza dirompente. Dobbiamo attendere ancora qualche settimanella, ma gli indizi ci sono e guai a sottovalutarli. Diamogli quel po’ di tempo che serve. Verrà Pasqua e poi il 25 aprile, subito dopo il Primo maggio. Un ponte lungo, il tempo incerto, il piacere ritrovato dello stare in famiglia davanti al camino. Situazione ideale per aprire finalmente un libro e capire come va davvero il mondo.
luna
Il ritorno a Palazzo Chigi, dopo, sarà un’altra cosa, l’Italia sarà un’altra cosa. Finirà questa sarabanda di riforme una al mese: quella elettorale a febbraio e siamo ad aprile che ancora non c’è, anche perché adesso Silvio, sondaggi alla mano, non la vuole più; quella del lavoro a marzo che fa acqua da tutte le parti, quella del Senato scritta così male da farci origami e ricominciare daccapo. Lasciamogli il tempo di leggere e avremo “la chiarezza di quel disegno generale” (sono parole di Massimo Cacciari, uno che si è infatuato di lui sin dal primo momento) che ora manca del tutto, facendo apparire la situazione politica ai tempi del Renzi, per usare la sua forbita parlata toscana, un gorillaio.

Se tutto questo accadrà, il merito sarà di quell’antica abitudine scolastica ormai in disuso che abbiamo fatto in tempo a conoscere da bambini e che chiamavamo la “ricreazione”. E’ successo in pratica questo. Ieri Renzi ad un certo punto si è stancato di stare chiuso a Palazzo Chigi (qualcosa di simile non è mai capitato ad Andreotti, in quanto a Letta non ha proprio fatto in tempo), è sceso e ha attraversato la strada. Andando in pratica a sbattere proprio dentro la libreria Feltrinelli. Com’è come non è ha fatto uno sgranchimento tra gli scaffali e ha acquistato quattro volumi. Sappiamo quali: uno di Rodotà, uno di Revelli, uno di Bauman. Del quarto diremo alla fine. Per correttezza occorre dire che di libri lì attorno ce n’erano altri. Eppure ha scelto quelli.

Tre libri di tre professoroni, tre estenuanti firmatari di appelli, tre idee di quelle che spiegano il mondo, il mondo com’è fatto e come dovrebbe essere, lo aprono come un passepartout della mente che illumina il sentiero da percorrere per uscire dall’incubo in cui ci troviamo a vivere. E’ a questo punto che abbiamo capito, per la prima volta dalle primarie, che Renzi è davvero grande, deve aver studiato a fondo Machiavelli. A noi dà in pasto le contumelie contro i professoroni, i professionisti dell’appello democratico permanente, così si tiene buono il Corriere della Sera. Poi s’inventa la ricreazione, attraversa la strada e compra i loro libri. Se adesso compirà il passetto che manca – leggerli – la svolta renziana cadrà nel paese come una scossa risanatrice.

Potrebbe essere questo il cambiamento vero, autentico: tenere insieme l’energia cinetica con un pensiero critico. Non è di questo di cui l’Italia ha prima di tutto bisogno? Nel suo partito, in fatto di libri, hanno cercato in vari modi di depistarlo. Ci ha provato soprattutto il capogruppo democratico al Senato Luigi Zanda. Il giorno del discorso mani-in-tasca gli ha fatto avere attraverso Del Rio il libro di Haruki Murakami “L’arte di correre”. Come se ce ne fosse bisogno. Poi, siccome in quel partito cambiano linea in fretta (vedi gli F 35), qualche settimana dopo – per l’esattezza quando Renzi ha detto cosa ne vuole fare del Senato – gli ha regalato disinteressatamente e spassionatamente un libro sul “saper aspettare”. Ma adesso, forse, ci siamo.

Adesso Renzi ha tre armi atomiche: una su cosa sono i diritti, un’altra su cos’è la rappresentanza, l’ultima è una lettura in chiave gramsciana sui fatti del nostro tempo. Le usi, le usi subito, sono armi che, uniche al mondo, riportano in vita le nostre vite, annichilite dalla mancanza di una visione critica del tempo presente. Queste tre sono le riforme su cui deve puntare. E del quarto libro, direte? Il quarto libro acquistato ieri dal Renzi è quello del Tremonti. Ci piace pensare che lo metterà nell’uovo di Pasqua e lo regalerà alla Boschi. Così si assopirà a lungo e quando riemergerà troverà un’altra Italia.

Commenti

  • Dario

    L’articolo è strano. La risposta è molto semplice: ha comprato quei libri per farsi pubblicità e far sì che qualcuno ne parlasse, per far credere di essere una persona di cui fidarsi. Ma così non è. Di Renzi non ci si potrà mai fidare per lo stesso motivo per cui non mi fido di Berlusconi e di tanti altri. Un ragazzino tronfio con una storia di centro-centrodestra, una condanna in primo grado alle spalle e tante promesse non mantenute… non ci serve. Renzi è la sublimazione del populismo di destra, della compravendita del voto (lui propone di dare 80€, noi proponiamo una vera misura come il reddito di cittadinanza e un riequilibro delle aliquote), della supercazzola. Vi prego, non fate nemmeno finta di crederci.