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Venerdì, 23 ottobre 2015

Sel e la costruzione di un nuovo soggetto politico

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In occasione dell’assemblea Nazionale di luglio abbiamo approvato un documento che definiva con chiarezza l’obiettivo di giungere entro l’anno alla costituzione di un nuovo soggetto politico della sinistra. Ma questo obiettivo non è ancora al centro di un’iniziativa coerente e leggibile di SEL.

Ha pesato troppo, forse, la giusta preoccupazione di non produrre lacerazioni a fronte di diverse letture della situazione, ma la ricerca di una sintesi unitaria non può opacizzare la discussione, paralizzare l’iniziativa politica e sequestrare il dibattito. Se consideriamo davvero le differenze una ricchezza e se la nostra discussione è trasparente, allora i dubbi devono essere risorsa per qualificare il percorso che abbiamo scelto insieme, non produrre interdizioni e paralisi.

Troppo spesso si è riposta poca fiducia nel corpo di SEL e nella sua capacità di dare una risposta condivisa e creativa alle difficoltà che incontriamo, preferendo salvaguardare le relazioni all’interno del gruppo dirigente con una gestione a volte paternalistica o condizionata dal potere d’interdizione di chi ha posizioni istituzionali.  Ma il rischio che abbiamo di fronte non è solo di non riuscire a mantenere un rapporto con chi oggi non è convinto della necessità di una nuova proposta politica a sinistra, ma anche di perdere, come ampiamente già avvenuto in questi mesi, chi non trova in SEL uno spazio di partecipazione effettiva e una prospettiva politica chiara.

La costruzione del nuovo soggetto non è un processo lineare: è anche terreno di conflitto sul profilo culturale e sulla cultura politica.

Nessuno di noi auspica un esito minoritario e residuale del percorso a sinistra, e per questo, è necessario costruire un soggetto che abbia la forza e la credibilità necessarie a rappresentare non una testimonianza, non un’opposizione ininfluente, né l’alleato subalterno, ma un’alternativa reale di governo. Proprio l’esitazione di SEL, paralizzata dal fantasma del minoritarismo,  rischierebbe di contribuire a caratterizzare questa come un’alternativa debole e minoritaria.

La discussione deve essere franca e aperta, non schiacciata nella torsione competitiva ed egemonica, né viziata da personalismi, e diffidenze; deve anche essere in grado, davvero, di riconoscere le “verità interne” alle argomentazioni dei nostri interlocutori e offrire una risposta che faccia avanzare e non arretrare la prospettiva che noi abbiamo individuato come necessaria.

Serve una correzione nella nostra comunicazione pubblica: un “disarmo unilaterale” anche di fronte a posizioni inutilmente polemiche di nostri interlocutori. Non possiamo fare dei limiti o degli errori altrui un alibi per le nostre incertezze e mancanze.

La scelta referendaria di “Possibile” è stata, ad esempio, a nostro parere un errore nel merito e nel metodo ma conteneva la necessità reale di costruire, da subito, un’iniziativa politica su cui ci sono state, anche da parte nostra, troppe esitazioni. Abbiamo la forza per criticare fughe in avanti ed estemporaneità di iniziative che antepongono la propria visibilità alla costruzione di processi condivisi, se a questi processi contribuiamo visibilmente e con convinzione.

La posizione di Stefano Fassina e altri esponenti della sinistra europea sull’Euro ci pare sbilanciata: non valorizza lo spazio e la necessità di una battaglia politica per cambiare regole e politiche in Europa, ma nasce da una riflessione reale sulla battuta d’arresto dell’iniziativa di Tsipras e sulla difficoltà che incontra il tentativo di declinare nuove politiche nell’attuale contesto di regole. Dividersi tra chi vorrebbe uscire o restare nell’euro è un errore e una semplificazione. La discussione su come cambiare l’Europa riguarda tutti e necessita di una ricerca comune.

Allo stesso modo la forzatura per una rottura dell’esperienza che ha sostenuto il sindaco Pisapia a Milano è sbagliata e controproducente. Crediamo sia stato un errore anche da parte nostra anteporre alla discussione sul percorso di costruzione del soggetto politico prese di  posizione sulle amministrative favorendo così diffidenze e retro pensieri sulla nostra prospettiva. Vogliamo sostenere esperienze che hanno rappresentato una rottura e una positiva sperimentazione (come Cagliari e Milano) perché vogliamo investire con convinzione nel proporre un’alternativa al Partito della Nazione, non per attenuare o rendere meno netta questa prospettiva. Ma perché una scelta del genere sia credibile deve essere in grado di considerare le possibili evoluzioni di queste esperienze (specie dopo la non ricandidatura di Pisapia) riconoscere i gravissimi limiti delle altre esperienze di governo che hanno spesso archiviato il carattere innovativo del centrosinistra, e fare delle città un terreno di sperimentazione politica da non mettere tra parentesi.

Dobbiamo esplicitare con nettezza che l’appuntamento di primavera è per noi la prima occasione per proporre un’alternativa nazionale credibile e autorevole ai tre poli della destra, del M5S e del PD renziano.

Le elezioni amministrative di primavera sono un passaggio politico di valenza generale.

Non si può evitare di vedere il senso politico generale di una scadenza che vedrà al voto Milano, Roma, Napoli, Bologna, Torino. Non basta dire che “i territori hanno la loro autonomia di scelta”: tra dimensione locale e nazionale non può esserci né sovrapposizione né schizofrenia. Abbiamo imparato che la dimensione europea, quella nazionale e quella locale sono strettamente connesse: contrastare le politiche di austerity, i tagli allo stato sociale, rifiutare scelte populiste come il taglio delle tasse sulle case di pregio che scarica sugli enti locali sono parte di quel lavoro di reinvenzione politica che abbiamo davanti. Le città non sono “eccezioni politiche” o pedine da sacrificare alla prospettiva nazionale: sono parte di una nuova proposta di governo dei conflitti e di valorizzazione della creatività sociale che dobbiamo mettere in campo contro la desertificazione prodotta dalle politiche neoliberali. Proprio se si ha una proposta chiara, la si può articolare nei territori con un’iniziativa che sia capace di valorizzare esperienze che rappresentano alternative possibili.

Abbiamo detto che il percorso di costruzione di una nuova sinistra plurale, inclusiva, culturalmente innovativa e autonoma non può essere un percorso di sommatoria per gruppi dirigenti per accordi e diplomatismi.

Ma cosa abbiamo fatto per costruire luoghi e occasioni aperte e partecipate che acquisissero titolarità di questo processo?

Il mancato avvio di questo percorso lo rende ancora ostaggio del confronto tra gruppi dirigenti. La costituzione di un gruppo parlamentare unico è un passo utile, ma Sel deve promuovere da subito subito luoghi aperti di confronto tra tutte le persone interessate, non solo un tavolo nazionale e la riproposizione di tavolini locali: luoghi dove discutere e prendere scelte condivise, anche sulle scadenze elettorali locali.

Un’esperienza nuova, comune, si costruisce anche su una consonanza emotiva, sulla condivisione di esperienze che fondino in modo non astratto una nuova soggettività. Noi crediamo che in questo Paese esista un tessuto di esperienze e pratiche unitarie a cui fare riferimento, come abbiamo visto nel caso del referendum sull’acqua e sul nucleare, come vediamo nelle mobilitazioni del sindacato, come vediamo nella miriade di esperienze culturali, nelle vertenze locali, nelle mille esperienze (oggi sotto attacco) che mettono al centro la libertà di donne e uomini contro ruoli stereotipati, nella iniziativa che si apre contro lo stravolgimento della Costituzione. Un patrimonio non assimilabile ma che la “sinistra” stenta ancora a riconoscere come politica. La mobilitazione a difesa della scuola le migliaia di persone che hanno accolto i migranti affermando un’altra idea di Europa, erano, sono il patrimonio da riconoscere e da cui partire per costruire una sinistra capace di riconnettere vita quotidiana, relazioni, capacità di proposta politica e prospettiva di modello di società.

La fine del centrosinistra non è un nostro artificio retorico. È il frutto di una scelta di prospettiva del PD.  

In altri paesi europei abbiamo visto crescere esperienze che mostrano la possibilità di un’alternativa. In Italia il M5S compete al PD la posizione di primo partito, l’astensione in Emilia Romagna è al 63% degli elettori, la CGIL si trova priva di interlocutori politici. La discussione sull’esistenza o meno di uno spazio a sinistra è retorica se questa proposta non la si pratica. Anche senza forzature manichee è necessario un confronto sulla prospettiva: o si considera ineluttabile la vittoria del partito della nazione e si investe sulla possibilità di condizionare quel percorso, oppure è indispensabile lavorare per costruire un’alternativa ai tre poli esistenti.

Renzi ha vinto anche perché percepito come “ultima spiaggia” e per il deserto politico in cui ha giocato spregiudicatamente la propria opzione populista. Sarebbe una grave responsabilità non cimentarsi per offrire un’alternativa credibile ai tre poli della destra, di Renzi e del M5S.

Per questo chiediamo che l’assemblea Nazionale di Sinistra Ecologia Libertà assuma una posizione chiara in grado di sviluppare un’iniziativa coerente ed efficace in questa direzione.

Primi firmatari:

  • Barbara Auleta, componente Assemblea Regionale Lazio
  • Stefano Ciccone, componente della Presidenza Nazionale
  • Enzo Mastrobuoni, Coordinatore del II Municipio, Roma
  • Carolina Zincone, Coordinamento Provinciale Romano
  • Giorgio Parisi, Roma
  • Antonio Di Lisa, Assemblea Regionale del Lazio
  • Giuliana Sgrena, componente della Presidenza Nazionale
  • Marisa D’Alfonso, assemblea regionale Sel Abruzzo
  • Claudio Scazzocchio, segreteria provinciale Sel Torino
  • Cosimo Pederzoli, coordinatore del circolo Loukanikos di Reggio Emilia
  • Raffaele Gernone, Ortona assemblea provinciale Sel Federazione Chieti
  • Alba Rosa, componente della Assemblea regionale del Lazio
  • Gabriella Casalini, Circolo Testaccio Roma
  • Maria Serena Felici, coordinatrice Circolo Testaccio, Roma
  • Rita Taggi, componente dell’Assemblea Nazionale
  • Giacomo Pellini, Sel Testaccio
  • Diego Conti, coordinatore del circolo di Sel San salvo (Ch)
  • Enrico Monaco, ex coordinatore provinciale di SEL Modena
  • Giuseppe Reitano, Coordinatore XV Municipio, Roma
  • Giacomo Nilandi, Consigliere capogruppo a Mogliano Veneto

 

 

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