Sinistra e Pd. Caro Giuliano Pisapia, non sono d’accordo, discutiamone
Caro Giuliano,
sai bene che ti stimo molto e che ti ritengo una risorsa fondamentale per la sinistra e per il paese. E proprio la stima che provo per te, mi obbliga a dirti pubblicamente che non condivido la tua intervista a Repubblica.Penso sia giusto dirlo, perché è giunto il momento che i dibattiti siano fatti alla luce del sole, affinché siano larghi e condivisi, di modo che ciascuno possa contribuire alla definizione di un percorso che, certo, ha a che fare con la Sinistra, ma non solo. Ha a che fare anche con il futuro di questo paese. Un paese in cui aumentano le disuguaglianze e le sofferenze sociali, cui il governo non riesce a mettere un freno, quasi come se fossimo di fronte all’ineluttabilità di scelte politiche reiterate. Sempre uguali e sempre dannose.
Lo scrive sul suo blog sull’Huffington Post il coordinatore nazionale di Sel Nicola Fratoianni
Non condivido né la tua analisi sul voto, né le prospettive che indichi. Voglio essere chiaro: non è tanto l’idea dell’ennesimo ponte fra la sinistra e il Pd a non convincermi, quanto il modo in cui viene proposta. Ovvero, senza considerare le ragioni che hanno prodotto una netta divaricazione fra la sinistra di questo paese e il Pd. Penso, infatti, che non si possa avanzare una proposta di questo tipo, senza tenere in considerazione le politiche del governo Renzi. Non si può tacere sullo Sblocca Italia, che toglie voce alle comunità locali; non si può tacere sul Jobs Act, che stabilizza la precarietà (perdona il gioco di parole) e che rende tutti uguali, certo, ma al ribasso, senza diritti; non si può tacere dello scempio che si sta compiendo sulla scuola pubblica, né si può tacere sulla torsione presidenzialista e antidemocratica che l’Italicum imprime al sistema rappresentativo del nostro paese. Scelte politiche di questo tipo dovrebbero essere giudicate alla luce di una domanda ben precisa: qual è l’idea che questo governo e Matteo Renzi hanno della società italiana? E qual è l’idea che abbiamo noi?
Sono abituato da sempre a fare analisi a partire dai dati di realtà e non da posizioni politiche acquisite e credo, quindi, che il segno delle scelte politiche di questo governo sia nettamente antitetico non solo all’idea che la Sinistra ha della società e del futuro, ma anche alle necessità stringenti dei cittadini. E temo che a loro, a quei corpi sociali cui ci rivolgiamo ogni volta, vessati da anni di politiche di austerity, poco importi dei quadri di famiglia, del futuro del centrosinistra o anche del futuro della Sinistra stessa, quando non riescono a trovare risposte adeguate nella politica. E se non trovano risposte volgono lo sguardo da un’altra parte. Bisogna dirlo con chiarezza da che parte si sta, quando si giudica la politica e quando questa impatta in questo modo sulla vita di milioni di persone. Sulla riforma della scuola, ad esempio, è possibile una mediazione, oppure va rigettato in toto il disegno del governo che risponde ai desiderata, ormai è noto, di Confindustria?
Abbiamo fatto una scelta. L’abbiamo fatta con consapevolezza in Liguria. E l’hanno fatta anche coloro che hanno abbandonato il Pd, proprio alla luce dei fatti e della realtà. E trovo che non sia saggio, né corretto, chiedere alle minoranze di “obbedire” ad una visione che non condividono più, o peggio, chiedere loro di non andare via dal Pd, anche quando si valicano i confini della correttezza e del buon senso come è accaduto nelle primarie liguri. La ragione del partito non può sovrastare la ragione della politica. Non si può velatamente chiedere a Sergio Cofferati di lasciare il seggio a Strasburgo, in ragione della sua uscita dal Pd, e non dire una parola sulla più grande operazione trasformista cui abbiamo assistito nel Parlamento Italiano, in cui ormai circa 200 deputati si sono spostati e per lo più verso l’area del governo.
C’è da lavorare molto, è vero, nella politica e nella società, ma con un obiettivo chiaro: c’è un’alternativa ad un modello e ad un’idea di politica che ha prodotto danni e che continua a produrne. Partiamo da questo, innanzitutto, da quello che noi vogliamo fare e dall’analisi della crisi economica, sociale e democratica, individuando le cause e non confondendole con gli effetti.
Con stima Nicola
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