Smeriglio: se la minoranza dem va avanti così Renzi governerà per vent’anni. D’Alema? Le avesse detto 15 anni fa le cose che dice oggi
Dal quotidiano il Manifesto intervista a cura di Daniela Preziosi.
Massimiliano Smeriglio (Sel, vicepresidente del Lazio) nella sinistra Pd volano stracci. Ma su una cosa sono uniti: nessuno lascerà il Pd. Puntate ancora sulla loro rottura o ormai avete archiviato l’idea?
Il tempo non è infinito, si sta disperdendo un patrimonio culturale e umano immenso. Dopo aver detto obbedisco sulle riforme costituzionali, decidere di fare dell’Italicum il terreno di scontro non mi pare brillante. La verità è che la’ditta’ di Bersani non esiste più . È stata modificata geneticamente da Renzi ma anche da vent’anni di pensiero unico delle compatibilità.
Cuperlo ha denunciato le responsabilità della vecchia sinistra ’di governo’. Lei aderirebbe all’associazione di D’Alema?
D’Alema ha avuto la sua occasione per fare cose di sinistra e l’ha persa. Se quindici anni fa avesse detto le cose che dice oggi, io mi sarei iscritto alla sua associazione. Forse persino al suo partito.
A sinistra c’è una cosa nuova, la coalizione di Landini. Ma i partiti, come il suo, non sono invitati.
Nella verticale del potere che annichilisce corpi intermedi e conflitto, la coalizione sociale è benedetta. Sel farà la propria parte per sostenerla. In parlamento e nella società. Dispiacciono le parole di Stefano Rodotà quando accusa Sel di boria di partito. Proprio a noi: abbiamo difetti, ma non siamo identitari. Anzi siamo così impegnati sulla ricerca che rischiamo di somigliare a una categoria dello spirito più che a un’organizzazione politica.
Podemos si afferma in Spagna, Syriza ha vinto in Grecia. In Italia la sinistra non trova l’energia per fare un salto di qualità. Perché?
Per fare Podemos ci vuole un conflitto generalizzato alle spalle e 30 anni di età, non 30 anni di sconfitte alle spalle. Ci vorrebbe umiltà, generosità e il coraggio di voltare pagina. E idee in lingua contemporanea. Reddito minimo, economia collaborativa, start up, partite Iva.
Tutta la sinistra ha un irredimibile destino di conflittualità?
No, se la sinistra investe su innovazione, progetto, conflitto e processo partecipativo. E rottama le pratiche autoreferenziali.
Ma nel frattempo il coordinamento della sinistra, varato a gennaio a Human Factor si è arenato?
Human factor è stato un pieno di energia. Se non si è fatto un passo in avanti sul terreno organizzativo dipende dai compagni della sinistra Pd congelati nel limbo dei penultimatum. Siamo pronti a sostenere un nuovo processo politico da domani. Se così non sarà, ripartiremo dalle energie che hanno animato le giornate di Milano. Ma il mio appello di cuore a Civati, Fassina, Cuperlo e agli animatori delle esperienze nate intorno alla lista Tsipras è che il tempo è adesso.
È stato uno slogan anche di Renzi. Che ha il vento in poppa.
Renzi sin qui ha vinto tutte le mani del palazzo. Ma la crisi continua a produrre ingiustizie e povertà. Noi siamo all’opposizione del partito della nazione fondato sul marketing, ma non ci faremo perimetrare nell’angolo della sinistra afona e insieme parolaia. Siamo pronti a discutere di cose concrete, a partire dal reddito minimo garantito.
Alle regionali Sel stavolta non sarà alleanta del Pd in alcune regioni. A Milano Pisapia non si ricandida. Si apre una nuova pagina?
Pesa anche sul territorio l’ipoteca renziana, ma ci sforziamo di valutare caso per caso. Veniamo dal successo di Casson alle primarie di Venezia. Faremo l’accordo col Pd in Veneto, Umbria, e Puglia. È positiva la rottura in Liguria e il percorso iniziato con Pastorino e Cofferati. In Toscana è stato Rossi, da buon tardo renziano, a non volerci in coalizione. In Campania stiamo ragionando su chi mettere in campo. Altrove abbiamo scelto percorsi minoritari che rispetto ma non condivido. Insomma, nonostante Renzi, noi tentiamo di tenere aperta la prospettiva dell’alternativa di governo. Il migliore dei mondi possibili per Renzi è quello con la destra a Salvini e la sinistra fuori dal governo. Se succederà, il partito della nazione governerà vent’anni.
L’alleanza nel suo Lazio tiene?
Più che solida, anzi è un modello di governo che funziona: dà risposte sia su come uscire dalla crisi, sia sull’attenzione al bilancio. Ma sempre senza lasciare indietro le persone.
Dal quotidiano il Manifesto
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