Streaming e barricate. Dov’è la politica?
Chiusi nel recinto di casa nostra ai margini del reale dove la politica si consuma dentro lo schermo di un continuo spettacolo, perdiamo il senso del mondo che s’infiamma ai nostri confini. Dalle porte del Mediterraneo dirimpetto a noi fino lassù all’Ucraina. In altri tempi saremmo partiti di lì, saremmo stati lì, avremmo avuto voce, grido. Adesso guardiamo altrove. Costa troppa fatica capire, partecipare, entrare dentro quell’inferno che brucia vite. E troppo ghiotta, qui, la recita del vaniloquio da streaming che in soli due minuti, meno di una pausa pubblicitaria per il consiglio degli acquisti, riduce il bisogno di politica, di cambiamento, di rinascita di un paese stremato a spot dell’infinito luogo comune.
Ieri una delle sempre più ridotte parti produttive che sono rimaste nel paese, abbandonata dalle banche che non fanno più credito, è venuta a Roma per dire che non ce la fa più, per chiedere di voltare pagina, subito, nella politica economica e sociale del governo. Avrà domani come risposta l’estensione delle larghe intese dall’emergenza all’intera legislatura. Nessuna patrimoniale, come invece accade in ogni altra parte d’Europa.
Nessuna reale inversione con le politiche di restrizione e di austerità di questi anni. Nessuna politica fiscale condotta alla radice. Nessun new deal per il lavoro e nessuna riconversione dell’economia per una crescita sostenibile del paese. Stessa maggioranza di prima, stessa politica di prima, cambia il ponte di comando, ma per proseguire sulla medesima rotta. Energia nuova, energia pura, vitalismo che affascina e sorprende ma per stare fermi sul ciò che più conta, su ciò che più preme, il cambiamento. Si chiama in un solo modo, operazione di potere. E operazione di conservazione di sé, della propria compiaciuta autosufficienza è quella dell’altra parte che vuole rovesciare il sistema e nel frattempo si mette ogni volta da parte, contribuendo così facendo a lasciare tutto com’è.
Diversi estremismi, verrebbe da dire, congiuntamente esercitati sul corpo sociale di un paese che della politica degli annunci da titoli di giornali come di quella di un’urlata retorica dell’insulto è ormai esausto. Intanto fuori dal cortile si consuma nella nostra indifferenza l’ennesima sconfitta dell’Europa, e ci riguarda. Ci riguarda quella richiesta estrema di democrazia che torna a farsi voce e purtroppo anche sangue nelle barricate delle piazze di Kiev e dell’intera Ucraina. L’indipendenza di un popolo sembra consumarsi nella tragedia di una guerra civile che divampa tra la debole e fin qui inefficace mediazione dell’Europa e la sicumera imperiale di Putin che celebra sé stesso tra le nevi delle olimpiadi di Sochi. Lì, come qui, se manca la politica manca la risposta.
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Caterina