Svimez, dati drammatici per il Mezzogiorno: cresce meno della Grecia, crollo di investimenti industriali, rischio di sottosviluppo permanente
Un Sud a rischio desertificazione umana e industriale, dove si continua a emigrare (116mila abitanti nel solo 2013), non fare figli (continuano nel 2013 a esserci più morti che nati), impoverirsi (+40% di famiglie povere nell’ultimo anno) perché manca il lavoro (al Sud perso l’80% dei posti di lavoro nazionali tra il primo trimestre del 2013 e del 2014); l’industria continua a soffrire di più (-53% gli investimenti in cinque anni di crisi, -20% gli addetti); i consumi delle famiglie crollano di quasi il 13% in cinque anni; gli occupati arrivano a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977 e la disoccupazione corretta sarebbe del 31,5% invece che il 19,7%. E’ questo in sintesi i dati raccolti dallo Svimez sul Sud.
In tredici anni, dal 2000 al 2013, l’Italia è stato il Paese che è cresciuto meno, +20,6% rispetto al +37,3% dell’area Euro a 18, addirittura meno della Grecia, che ha segnato +24% quale effetto della forte crescita negli anni pre crisi, che è riuscita ad attenuare in parte il crollo successivo. Questa la fotografia scattata da SVIMEZ nelle anticipazioni del Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2015, che sottolinea come la situazione è decisamente più critica al Sud, che cresce nel periodo in questione la metà della Grecia, +13%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%).
Al Sud lavora solo una donna su cinque. Nel 2014, a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64% nell’Europa a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6 per cento. È quanto emerge dalle anticipazioni del rapporto Svimez 2015 . Ancora peggio, sottolinea Svimez, se si osserva l’occupazione delle giovani donne under 34: a fronte di una media italiana del 34% (in cui il centro-Nord arriva al 42,3%) e di una europea a 28 del 51%, il Sud si ferma al 20,8 per cento.
Anche nel 2014 gli investimenti fissi lordi hanno segnato una caduta maggiore al Sud rispetto al Centro-Nord: -4% rispetto a -3,1%. Dal 2008 al 2014 sono crollati del 38% nel Mezzogiorno e del 27% nel Centro-Nord, con una differenza tra le due ripartizioni di 11 punti percentuali. A livello settoriale, crollo epocale al Sud degli investimenti dell’industria in senso stretto, ridottisi dal 2008 al 2014 addirittura del 59,3%, oltre tre volte in piu’ rispetto al gia’ pesante calo del Centro-Nord (-17,1%).
Il divario del Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud è tornato ai livelli del secolo scorso. In particolare, in termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 63,9% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. Guadagna meno di 12.000 euro annui quasi il 62% dei meridionali, contro il 28,5% del Centro-Nord. Particolarmente pesante la situazione in Campania (quasi il 66% dei nuclei guadagna meno di 12.000 euro annui), Molise (70%) e Sicilia (72%).
Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente.
Il rapporto SVIMEZ