Teatro Valle, caro Lavia le sculacciate andrebbero date a chi ha rovinato il teatro in Italia e non agli occupanti
Dispiace leggere le dichiarazioni scomposte di Gabriele Lavia, nell’intervista pubblicata da Repubblica Roma. Le sculacciate bisognerebbe darle a chi ha rovinato il teatro in Italia e non agli occupanti del Valle, che stanno cercando di cambiare in meglio un modello di gestione partecipata dei teatri pubblici.
Non bisogna dimenticarlo: Il Teatro Valle era chiuso e ha rischiato di trasformarsi in un supermercato. Solo la caparbietà degli occupanti e dei soci della Fondazione lo ha salvato e ci permette oggi di parlare di un progetto innovativo di rilancio. Ieri dopo tre anni di lavoro gli artisti occupanti si sono detti disponibili ad andare via il 10 agosto: non pongono questioni di gestione diretta, ma chiedono che vengano rispettati i principi che hanno praticato nel loro modo di intendere il teatro: formazione continua delle maestranze, rispetto dei diritti dei lavoratori, biglietti dal prezzo accessibile, turnazione della direzione artistica. Diritti e strumenti che non sono mai stati presi in considerazione nell’attuale sistema teatrale.
Per queste ragioni, bisogna dire grazie sia alla maturità degli occupanti che all’amministrazione di Roma, che saprà sicuramente individuare, insieme alla Fondazione Teatro Valle bene comune, il percorso giusto per un modello virtuoso di gestione. Nell’ottica di preservare e rilanciare un bene comune, come d’altronde è già emerso dagli impegni dichiarati dell’assessore Marinelli, e sottraendosi a pressioni di un mondo che guarda sempre al passato e non al futuro della cultura di questo Paese.
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Vincenzo Bartoli
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Vincenzo Bartoli