Tenere insieme reddito minimo garantito e diritti pieni nel mondo del lavoro. Se l’uno esclude l’altro perderemo
Ieri sera, a Ballarò, Giuliano Pisapia ha detto una cosa dura, ma vera. Non ha fatto tattica, non è stato ipocrita: ha contrastato la politica di Renzi, ma premettendo che nel nostro campo sono stati fatti tanti errori, a partire dal sindacato. So che molti avranno storto il naso, altri avranno sostenuto che è pronto a salire sul carro di Renzi. Pazienza.
Quella posizione è anche mia. Perché se in questi anni i sindacati hanno dilapidato consenso e credibilità e rappresentano poco o nulla del mondo del lavoro precario forse un problema ce lo abbiamo tutti. Così come se la battaglia sull’articolo 18 e sulla precarietà finisce in mano a D’Alema, che ha una credibilità pari a zero.
Questo significa mettere in discussione il ruolo del sindacato? No, anzi. Questo significa escludere dalla battaglia coloro che la pensano oggi (a differenza di ieri) come noi? No, anzi. Questo significa non andare alla manifestazione del 25? No, anzi. Questo significa dire che la battaglia sull’articolo 18 è sbagliata? No, anzi.
Questo significa che avremo un senso solo se sapremo ripristinare il senso di una sfida fondativa diversa dal passato. Perché ripartire dalla “sinistra del lavoro e della libertà”, come si dice in questi giorni, non equivale a rimettere insieme vecchie cariatidi che ne hanno combinate di tutti i colori. Non significa nemmeno escluderle, ovviamente.
Significa ammettere la verità: cioè che in questi venti anni la sinistra sul lavoro non c’ha capito niente. Significa ripartire dalle persone che non hanno voce, dalla loro ricattabilità e da un paradigma che le comprenda. Significa ammettere che non siamo riusciti a parlargli per anni, per questo le boiate di Renzi penetrano in gran parte del mondo del lavoro. Significa, a partire dal 4 ottobre, dare inizio ad un processo che coinvolga coloro che vogliono difendere i diritti imprescindibili nel mondo del lavoro e combattere la ricattabilità delle persone attraverso il reddito minimo garantito. Se, al contrario, pensiamo di ricorrere a vecchi schemi, alle passerelle dei sindacalisti o ai vecchi saggi, faremo testimonianza. Scatenerà gli applausi del nostro atomo e niente più.
Reddito minimo garantito e diritti pieni nel mondo del lavoro. Se l’uno esclude l’altro perderemo. Al contrario, ritroveremo una sinistra degna di essere tale. Tocca a noi. A partire da sabato. Per dare vita a un processo che ricostruisca una soggettività di sinistra all’altezza del nostro tempo. Una soggettività di persone e di nuove idee, non di sconfitte e rancori.
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Enrico Matacena