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Martedì, 17 novembre 2015

Tilt nel cuore della notte: “non restiamo senza parole”

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Nel cuore della notte i colpi di mitra e le esplosioni di Parigi risuonano anche a Orvieto. Qui Tilt ha organizzato “in pratica”: tre giorni di assemblea nazionale per mettere in relazione esperienze, culture, buone pratiche territoriali. Uno spaccato del corpo vivo della società, di una generazione senza più padri né maestri, di ragazzi e ragazze che la sinistra non la evocano ma la costruiscono nell’impegno quotidiano. Mutualismo e accoglienza contro la crisi, le mafie, l’emarginazione, l’esclusione sociale, il tema della rappresentanza politica. E… vengo anch’io.

La bellezza dei diritti – dal reddito, al lavoro, al fine vita – in un racconto plurale che si intreccia con la naturalezza che solo le giovani generazioni riescono a conservare. Quella speranza che solo loro riescono a trasmettere con le parole, gli sguardi, il coraggio di inseguire un sogno.

Nel cuore della notte i colpi risuonano anche qui. Cazzo. Nel cuore della festa che i ragazzi hanno organizzato per celebrare la conclusione della prima giornata. Nel cuore della notte. Orrore. Paura. Si inseguono le telefonate, le agenzie di stampa e l’indecisione sul da farsi: si va avanti? Ci si ferma qui? Persino qualcuno discute animatamente.

Senza parole. Solo il terrore. È accaduta una cosa troppo grande – per tutti i presenti – per essere vissuta con superficialità. Persino nel cuore della notte.

Improvvisa la decisione e il coraggio di andare avanti. Pensieri veloci. Uscire dalla sala conferenze, andare nella piazza del popolo di Orvieto, lì c’è la scalinata del palazzo dei congressi, le fiaccole. Chi si occupa dello striscione? Una scritta semplice che è anche un manifesto politico: “non restiamo senza parole”. La piazza si anima. Gli orvietesi ascoltano, parlano, tengono in mano una candela.

Il punto non è non avere paura. Non sarebbe umanamente possibile. Il punto è superarla.

È così che i fatti di Parigi, ma anche quelli di Palestina, del Libano, del Bardo, di Istanbul, la Siria, la Libia, la guerra in Irak e le decine di guerre per procura, il petrolio e il traffico d’armi, diventano una cosa sola con i temi sociali, con il grande e irrisolto nodo della giustizia sociale e dell’uguaglianza.

Le disuguaglianze e l’ingiustizia. Già. Il vero filo che unisce in un solo destino la quasi totalità dell’umanità. Senza distinzione di razza, religione, genere, età anagrafica. E dove non c’è pace la giustizia non può esistere. E dove regna l’ingiustizia la barbarie è sempre alle porte.

Quella dell’Isis certo. Non da meno quella dei troppi che si eccitano solo a sentire pronunciare la parola guerra, quelli che incitano all’odio anti islamico, quelli che vaneggiano di forche, espulsioni e stragi ulteriori. Perché a farne le spese – a Parigi come a Tobruk – sono sempre gli innocenti, sempre i più poveri, sempre gli oppressi.

Ho vissuto due giorni intensi, davvero straordinari, con i ragazzi e le ragazze di Tilt. Emozioni intense e qualche lacrima soffocata per non apparire troppo mielestrazio (per dirla con Anthony Burgess). Con naturalezza, fuori e oltre l’asfissia della politica fatta di troppe tattiche e strategie. E voglio ringraziare per questo quelli che già conoscevo e che mi hanno consentito di vivere questa esperienza. I nuovi che ho conosciuto e che mi hanno accolto come uno di loro. Quelli con cui non ho avuto modo di parlare, perché sono convinto che ci saranno tante altre occasioni e che dovremmo fare ancora una lunga strada insieme.

Grazie

“Imparate a sentire profondamente tutte le ingiustizie compiute contro chiunque, in qualcunque posto del mondo. È la qualità più importante di un rivoluzionario” (E.Guevara)

 

Foto di Andrea Brogi 

Commenti

  • Andrea Pisauro

    Bravi!