Tracciabilità voucher è solo paliativo
Proporre la tracciabilità dei voucher, il classico palliativo, tra l’altro allargando, in relazione alla tracciabilità, le maglie per il settore agricolo, significa continuare a rispondere con soluzioni non all’altezza della drammatica situazione del mondo del lavoro. Soprattutto alla luce dei dati dell’osservatorio sul precariato dell’INPS in cui si rileva che nel periodo di gennaio-maggio 2016 sono stati venduti 56,7 milioni di voucher per il pagamento del lavoro accessorio, con un incremento del 43% sul 2015. Dal 2014 i voucher sono cresciuti del 75,2%.
Come se il settore agricolo avesse bisogno di maggiore irregolarità invece che di norme più restrittive per superare la condizione di schiavitù cui sono costretti le lavoratrici e i lavoratori!
Forse il governo non è al corrente, e in tal caso lo informo, che oltre ad essere uno strumento che è diventato, al di là dei ‘buoni propositi’ iniziali, la forma di retribuzione più diffusa, il voucher, nella maggior parte dei casi, non viene nemmeno consegnato al lavoratore. E lo dicono le cifre: la differenza tra i voucher comprati e quelli effettivamente riscossi è abissale, a dimostrazione che lo strumento del voucher non funziona, ovvero funziona nel senso che non fa che aumentare il precariato e il lavoro nero.
Il Governo deve fare qualcosa di più: abolire i voucher con un sistema di pagamento che corrisponda al lavoro effettivamente svolto, per superare lo sfruttamento insopportabile della manodopera, per dare dignità al mondo del lavoro e inoltre per non lasciare l’iniziativa agli imprenditori che sono già arrivati a superare i voucher sostituendoli con i buoni pasto.