Trivelle, dopo il via libera della Consulta, ora inizia la battaglia per far vincere il Sì
E alla fine arriva anche il “Si” della Corte Costituzionale e il referendum contro le trivelle si farà. Ad essere ammesso, dopo l’approvazione della Corte di Cassazione, è il sesto quesito referendario proposto dalle 10 regioni (diventate poi 9 dove il dietrofront dell’Abruzzo) lo scorso 30 settembre, quello sulle 12 miglia marine, riguardante la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate.
Festeggia dunque oggi il mondo No-triv il cui Coordinamento Nazionale, dopo la battaglia degli ultimi giorni sui permessi al largo delle Isole Tremiti, dichiara: “La Corte Costituzionale dà ragione ai movimenti ed alle Regioni referendarie e ammette il quesito sul mare” e continua “apprendiamo con grande soddisfazione che la Corte Costituzionale ha ammesso il quesito referendario sul mare, così come riformulato dalla Corte di Cassazione. I cittadini saranno chiamati a esprimersi per evitare che i permessi già accordati entro le 12 miglia possano proseguire anche oltre la scadenza, per tutta la “durata della vita utile del giacimento”. Rimane fermo il limite delle 12 miglia marine, all’interno delle quali non sarà più possibile accordare permessi di ricerca o sfruttamento. La sentenza della Corte Costituzionale dimostra come le modifiche alla normativa apportate dal Governo in sede di Legge di Stabilità non soddisfacevano i quesiti referendari e, anzi, rappresentavano sostanzialmente un tentativo di elusione.”
Il professor Enzo di Salvatore, costituzionalista dell’Università di Teramo, del Coordinamento No triv, attacca il Governo: “Il Governo voleva far saltare i referendum per non sovrapporli alle amministrative, visto che i sondaggi davano la vittoria anti trivelle al 67%. Ora restano in piedi i quesiti su Piano Aree e durata titoli: secondo me la Corte Costituzionale dichiarerà ok anche gli altri due, quindi se il Governo non vuole i referendum, dovrà modificare la legge anche stavolta a nostro favore”.
L’irritazione del Presidente del Consiglio Renzi era già nell’aria negli scorsi giorni e non deve di certo essere diminuita data l’assenza di dichiarazioni in merito anche sui social network. Non è da escludere la possibilità che i renziani riescano quindi a tirar “fuori dal cilindro” un’ennesima norma nel tentativo di annullare definitivamente tutti i quesiti ed evitare il referendum. Negli scorsi mesi infatti il Governo aveva abrogato la previsione del Piano delle Aree destinate alle attività Oil & Gas con la legge di Stabilità 2016 cercando così di evitare “a monte” gli ostruzionismi regionali nel rilascio dei nuovi titoli e annullare con un primo tentativo i quesiti, ma il “si” della Corte rimette in gioco il referendum e la possibilità che sia vinto ponendo il governo in forte difficoltà sulle sue scelte politiche.
Purtroppo il referendum promosso dalle 10 regioni, ha visto sfilarsi nei giorni scorsi la regione Abruzzo guidata dal Presidente Luciano D’Alfonso che ha commesso un errore strategico e politico ritenuto molto grave da tutti i dirigenti di Sinistra Ecologia Liberta nazionali e abruzzesi, ritirando il suo sostegno e ritenendo discrezionalmente, senza sottoporre la questione al Consiglio Regionale, “cessato l’oggetto del contendere” una volta avuta la garanzia che il progetto “Ombrina Mare” non sarebbe più stato realizzato.
Oggi il Sottosegretario all’Ambiente di Sinistra Ecologia Libertà dell’Abruzzo Mario Mazzocca in viaggio verso Roma, dove parteciperà alla Conferenza Stato-Regioni e Unificata come delegato per l’Abruzzo e dove esprimerà nuovamente il suo dissenso anche al Decreto Inceneritori del governo, afferma: “All’indomani dell’approvazione dell’emendamento alla legge finanziaria, quello che reintroduceva il divieto di perforare il mare entro le 12 miglia dalla costa, sostenemmo come il governo si trovasse ad un bivio: modificare nuovamente la norma o affrontare il referendum sull’ultimo e dirimente quesito.” Continua Mazzocca: “La norma, che ha di fatto bloccato il progetto “Ombrina Mare” – risultato importantissimo e che solo un mese fa appariva come un miraggio -, ineriva anche l’eliminazione degli obblighi relativi al cd “Piano delle Aree” con la conseguente reintroduzione di una forma spinta di ‘deregulation’ selvaggia sul tema dei progetti di ricerca ed estrazione petrolifera. Per questi motivi ritenevamo, come riteniamo, che l’Abruzzo doveva sostenere fino in fondo anche l’ultimo quesito referendario. Ed evidentemente i fatti ci danno ragione. Ora il Governo si appresterà – presumibilmente – a modificare anche questa norma, se vuole – come appare ormai evidente – evitare la consultazione referendaria.”
Il referendum però allo stato attuale si farà, in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno, e le restanti 9 regioni (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) continueranno la loro battaglia alle trivelle promuovendo adesso il “si” al quesito referendario. Non sarà facile, certo, “portare a casa” il referendum ma la questione trivelle potrebbe essere invece una grande sfida, come gli scorsi referendum sull’acqua e sul nucleare, per contendere al Presidente Renzi una nuova idea di sviluppo non più basato sui combustibili fossili e che anzi superi presto il centralismo degli stessi nell’ormai anacronistica Strategia Energetica Nazionale a favore invece delle sempre più importanti fonti rinnovabili.
Intanto il Consiglio del Veneto ha votato all’unanimità il ricorso al conflitto di attribuzione sul caso delle previsioni normative, sulle trivellazioni e la ricerca di pozzi petroliferi o giacimenti di gas naturale, presso la Corte Costituzionale al quale dovrebbero già esser pronte ad aderire Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania nel tentativo di recuperare altri due quesiti ad oggi considerati non ammissibili dalla Corte di Cassazione.
Marco Furfaro Responsabile Nazionale Ambiente di SEL sul “Si” al quesito referendario dichiara: “La Corte Costituzionale ha appena dichiarato ammissibile il referendum sulle trivelle. Nonostante i tentavi del governo di aggirare il referendum, si vota e si sceglie. E io scelgo un Paese moderno, che non regala a quattro multinazionali straniere soldi e la possibilità di rovinare ambiente, turismo e commercio per pochissimo petrolio, ma mette in campo una politica ambientale all’altezza delle sfide dell’oggi. Tocca a noi, adesso, vincere.”