Un cuore mediterraneo per l’Altra Europa
Interessante e piena di spunti l’iniziativa sull’Europa ed il Mediterraneo organizzata sabato 22 febbraio a Roma da Transform! Italia e Sinistra Euromediterranea , occasione di scambio di idee, analisi e proposte per un programma politico che guardi al Mediterraneo come chiave di volta per la costruzione dell’AltraEuropa.
Un’ipotesi di lavoro ed iniziativa politica che devono partire da un’analisi chiara delle simmetrie, ossia degli elementi comuni che caratterizzano la fase politica ed economica in Europa e nella sua sponda Sud, in primis la crisi della democrazia e quella provocata dal modello dominante di sviluppo. Da questa sponda del Mediterraneo la crisi della democrazia si traduce non solo in crescente sfiducia verso le istituzioni rappresentative, ma nel suo progressivo svuotamento, attraverso processi decisionali fondati sul modello intergovernativo proprio del Consiglio Europeo e costruzione di luoghi illegittimi, quali la Troika.
Oltremare, l’Europa ha interpretato la democrazia come simulacro formale ma non come processo reale e sostanziale, da determinare attraverso politiche di condizionalità, ma soprattutto avallando e sostenendo regimi quali quelli di Ben Ali, Mubarak o Gheddafi, allo scopo ultimo di assicurare gli interessi delle proprie imprese e la blindatura delle frontiere dai flussi migratori.
Oggi quella sponda è attraversata da processi diversi, da quello che in Tunisia ha portato ad una costituzione all’avanguardia, a quello che , all’indomani delle improvvise dimissioni comunicate in queste ore dal capo di governo egiziano e del suo governo, potrebbe aprire la strada della presidenza del paese al generale Al Sissi. Alla Libia, che secondo la vulgata diplomatica ufficiale si avvia a diventare un “failed state”, stato fallito. O all’Algeria e Marocco tuttora poco permeabili ala spinta partita dalle cosiddette primavere arabe. L’Europa, mentre vedeva erodere al suo interno gli spazi di democrazia reale, colpevolmente o scientemente non era in grado o non voleva cogliere la portata della crisi politica in quei paesi, sintomo ancor più evidente del fallimento del processo di Barcellona e di partenariato euromediterraneo.
Se guardiamo poi al “volet” del modello di sviluppo, il neoliberismo e la finanziarizzazione sono facce della stessa medaglia, che in termini “euromediterranei” si è tradotta in accordi di commercio ed investimento mirati quasi esclusivamente ad aprire i mercati di manodopera a basso costo per le imprese europee in delocalizzazione, ad accedere a settori chiave, e assicurare l’accesso a fonti energetiche così necessarie per alimentare un modelo di sviluppo ad alto impatto ambientale. L’analisi delle simmetrie però non basta.
Esiste uno spazio euromediterraneo non caratterizzato dalla crisi della democrazia e dall’impronta neoliberista, uno spazio immateriale, un buco nero dove democrazia e diritti scompaiono, Uno spazio dominato dallo stato di eccezione, quello incarnato da Frontex, e dalle politiche di contrasto all’immigrazione. Nessuna alternativa euromediterranea potrà essere possibile senza farci i conti. É dall’identificazione di queste simmetrie e non solo che può pertanto fondarsi un’ipotesi “altra” di relazioni euromediterranee, e la costruzione di uno spazio comune dei popoli di ambo le sponde, andando oltre lo status-quo, ancora una volta riaffermato in maniera compulsiva dall’Unione Europea all’indomani delle rivolte di Tunisi e Piazza Tahrir.
C’è chi come Giorgio Agamben teorizza un’alleanza “latina” dei paesi del Sud contro l’Europa “dura” della Germania, Chi, come Etienne Balibar da tempo vede nel Mediterraneo il luogo nel quale l’Europa può perseguire una “antistrategia”, da “puissance tranquile” fondata sui diritti e la dignità delle persone. Interessante la proposta del sociologo tedesco Klaus Leggewie (per dimostrare che la Germania non è solo grosseKoalition o Angela Merkel). Nel suo libro “Zukunft in Sueden” (“il futuro nel Sud) Leggewie propone quattro direttrici per una nuova politica mediterranea: costruzione di relazioni economiche e commerciali eque, e fondate sui diritti dei lavoratori, partenariato euromediterraneo per le energie rinnovabili e su piccola scala, costruzione di una comunità di apprendimento interculturale e di forme di cittadinanza “transnazionale”.
Forse più semplicemente sarà necessario sostenere anzitutto il rilancio di processi costituenti e dal basso che possano operare una “rottura” necessaria, attraverso la riappropriazione della politica ed una revisione radicale, in senso “postcoloniale” o “decolonizzato”, delle relazioni tra i popoli, attraverso alleanze tra soggetti e gli attori politici e sociali dell’AltraEuropa e l’AltroMediterraneo che già esistono, e costruiscono alternative. In quest’ottica acquisterebbe senso l’ipotesi di un “audit” popolare e cittadino delle relazioni tra Unione Europea e paesi del Mediterraneo, una sorta di commissione di inchiesta dei movimenti e delle organizzazioni sociali di ambedue le sponde che faccia luce su corresponsabilità politiche, violazioni dei diritti umani, sociali, ambientali, ed economici causati dalle politiche di partenariato, commerciali, di sicurezza ed investimenti privati dell’Unione Europea nel suo Sud e nell’altra sponda del Mediterraneo.
Andranno cioé ricostruiti i processi di accumulazione di debito storico, sociale, economico ed ecologico secondo i quali oggi i popoli del Sud Europa e del suo Sud andranno visti come i veri creditori. Importante al riguardo la proposta di Syriza e di Alexis Tsipras per una Conferenza internazionale sul debito in Europa: un “audit” popolare potrebbe esserne parte integrante. Il fatto che il prossimo Forum Sociale Mondiale si terrà nel marzo 2015 di nuovo a Tunisi offre un’importante occasione. Sul riconoscimento del debito sociale, economico e storico accumulato dall’Europa nei confronti dei popoli mediterranei può anche svolgersi una proposta politica per l’AltraEuropa, intorno alla lista “Per un’AltraEuropa con Tsipras” .
A questo possono aggiungersi altre due proposte, quella di una Conferenza Euromediterranea, sorta di una “conferenza di Helsinki” per il Mediterraneo, e la “mediterraneizzazione” delle proposte di trasformazione radicale delle politiche europee. Ad esempio come far si che il Green New Deal che proponiamo per l’Europa possa avere un ambito anche nel Mediterraneo? Come far si che gli eurobond che vogliamo siano emessi dalla Banca Centrale Europea possano servire anche a finanziare programmi transnazionali e macroregionali di altraeconomia? Come destrutturare l’approccio securitario di Frontex e proporre invece politiche centrate sui diritti dei migranti e la sicurezza umana, attraverso ad esempio l’apertura di canali umanitari e la tutela dell’incolumità fisica e la sopravvivenza di chi migra? Audit “popolare”, una “Helsinki” del Mediterraneo e la “mediterraneizzazione” delle proposte per l’AltraEuropa: questi tre a mio parere possono essere alcuni elementi del contributo che Sinistra Ecologia Libertà potrà condividere con gli altri soggetti che stanno lavorando alla lista “Per l’AltraEuropa con Tsipras” e nelle relazioni ed interlocuzioni con i partiti politici progressisti, ecologisti e di sinistra della regione.