Una riforma della Costituzione fatta contro la Costituzione
Intervento sulle pregiudiziali di costituzionalità in merito alla riforma costituzionale
Signor Presidente,
il testo della questione pregiudiziale che abbiamo depositato non poteva non affrontare non solo il merito del disegno di riforma costituzionale sotto il profilo della costituzionalità (quindi, il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari e quant’altro), ma anche la questione dell’iter procedurale. Come si evince dalla stessa comunicazione della presidente Finocchiaro, questa non solo è stata uno degli elementi di discussione, ma ha anche costituito chiaramente oggetto dell’ennesima e insopportabile forzatura. E ciò è avvenuto per un motivo che credo sia evidente a tutti. D’altra parte, ho qui una serie di documenti – si possono reperire anche sul sito del Senato – che sono stati lasciati da tantissimi costituzionalisti, nei quali è stato posto come assolutamente rilevante la questione dell’iter procedurale del testo della riforma costituzionale, che non può – a nostro avviso – essere oggetto di procedure straordinarie. Per la verità, lo spirito stesso dell’articolo 138 – ma potrei dire anche l’articolo 72 della Costituzione, nonché tutto il dibattito che c’è stato in questi anni – ci indica che la procedura da seguire per modificare la Costituzione dovrebbe essere addirittura ulteriormente rafforzata nel senso della ponderatezza. Invece noi che cosa ci siamo trovati di fronte? Anzitutto l’anomalia con cui nasce questo progetto, perché – vorrei ricordarlo – il Governo ha di fatto presentato il testo, tanto che la Ministra qui presente ha dato il suo nome al progetto di revisione costituzionale.
Già nel primo passaggio in Commissione qui al Senato la prima forzatura è avvenuta attraverso l’imposizione del testo del Governo quale testo base, sebbene successivamente modificato. Noi abbiamo assistito anche alla Camera ad un elenco di forzature – lo sappiamo perfettamente, e in questa sede potremmo fare un elenco ulteriore – per piegare il Regolamento. Sono, quindi, tutti strappi di grande rilevanza costituzionale. E, tra l’altro, la Presidente ha qui non solo ricordato il ritiro degli emendamenti, ma ha anche citato dichiarazioni, come quella della senatrice Bernini, sulla disponibilità a concentrarci su alcuni emendamenti. Si è voluto, però, a tutti i costi – il Governo ce lo ha detto mentre eravamo in Commissione facendo trapelare, attraverso le agenzie, che sarebbe stata convocata la Conferenza dei Capigruppo – che il testo venisse immediatamente in Aula senza alcun tipo di ulteriore discussione in Commissione, che è stata quindi espropriata, avendo svolto le audizioni e la discussione generale (l’altro ieri ci siamo trovati di fronte solo alla dichiarazione di inammissibilità degli emendamenti). Anche in questo caso avremo modo di discutere sulla forzatura che è stata fatta anche nella lettura stessa e nella interpretazione dell’articolo 104 del Regolamento.
Noi, quindi, ci troviamo di fronte ad una inaccettabile accelerazione di carattere politico con gravi conseguenze procedurali e pertanto, essendo questo un disegno di legge di revisione costituzionale, è palesemente anticostituzionale, contrario allo spirito e all’essenza stessa della nostra Costituzione. Si tratta di uno strappo istituzionale e costituzionale, perché sottrae il testo della riforma alla discussione nella Commissione di merito, ed è contrario agli articoli 34, 102, 120 del Regolamento e all’articolo 72 della nostra Costituzione.
Peraltro, cito la stessa presidente Finocchiaro e lo stesso senatore a vita Napolitano, i quali – come è noto – hanno molto lavorato per questa riforma, che hanno sottolineato la presenza nel testo, a causa delle modifiche apportate dalla Camera, di profili di criticità assolutamente evidenti a tutti e che ci sono stati illustrati, sottolineati, sollecitati nel senso della modifica da tutti gli autorevoli esponenti del mondo dei costituzionalisti, sia da chi esprime un giudizio negativo di questa riforma, sia da quanti ne danno giudizi più positivi.
Tali profili hanno una origine duplice e concorrente. Vorrei ricordare che alcuni, non a caso, noi li avevamo già sottolineati nella precedente lettura, in quanto erano presenti nel testo governativo, mentre altri sono stati introdotti in modo plateale dalla Camera. Quindi, l’esito del testo che si è voluto precipitare in Aula, al di là di quanto uno pensa, è un sistema assolutamente pasticciato ed irrazionale, nel quale il Senato viene deprivato di funzioni proprie (non ne ha più alcuna). Per la verit à, una cosa soltanto bisognerebbe fare: avere almeno l’onestà intellettuale di sopprimerlo, perché sarebbe molto più semplice e più chiaro.
È stata fatta una forzatura sull’interpretazione di cosa significa il superamento del bicameralismo paritario, costruendo qui al Senato una Camera già dall’inizio molto depotenziata dal punto di vista democratico, e che l’altro ramo del Parlamento ha definitivamente affossato, approfondendo i profili di criticità.
A maggior ragione, quindi, bisognava avere, come prevedevano i Padri costituenti, proprio per una serie di questioni che sono state ulteriormente aggravate anche dal passaggio alla Camera, dei tempi per una discussione, un approfondimento e una reale possibilità di modifica del testo nell’ambito dei lavori della 1aCommissione, per cercare di riportare almeno un po’ di razionalità nel sistema stesso.
Tutto lo spirito della riforma, che fuori viene propagandata come il superamento, finalmente, del bicameralismo perfetto – o paritario che dir si voglia – in realtà produce delle ferite profonde nel sistema democratico e nel sistema del bilanciamento dei pesi che la Costituzione, questa sì, indica con chiarezza.
Tutto si può fare, signor Presidente, ma non si possono mettere in discussione i principi fondanti della Costituzione ed in particolare l’articolo 1 della stessa. Alla fine questo superamento del bicameralismo perfetto, con la riduzione del Senato ad una Camera assolutamente inutile, se non addirittura ad una Camera che magari potrà ulteriormente complicare lo stesso procedimento legislativo, insieme all’elezione di secondo grado del Senato, ha un effetto immediato proprio sui principi cardine che sono la base su cui i Padri costituenti hanno costruito tutto il testo costituzionale. Voglio infatti ricordare in questa sede che l’elezione di secondo grado, per come alla fine si è prodotta nel passaggio alla Camera, e l’esito finale del nuovo Senato sono stati criticati anche dagli stessi Presidenti delle Regioni, per cui coloro che in teoria dovrebbero essere rappresentati in questo Senato delle Regioni o delle autonomie, come ognuno lo ha voluto definire, in realtà sono venuti a porci moltissimi problemi e critiche di fondo, non solo perché non sono rappresentati, ma perché comprendono anche la portata potenzialmente conflittuale del nuovo assetto con le Regioni stesse.
Ancora una volta, vengono messi in discussione i principi cardine della nostra Costituzione e del sistema democratico dall’effetto che si produce: a causa della legge elettorale – il cosiddetto Italicum – si è realizzato il combinato disposto tra premio di maggioranza e soglia di sbarramento, che prima di tutto riduce il pluralismo politico e la rappresentanza politica, perché le minoranze avranno poco più che un diritto di tribuna, poi resta il fatto che quel tipo di legge elettorale farà sì che la Camera dei deputati sarà composta da due terzi di nominati ed il Senato sarà composto da altri nominati da un altro ceto politico. (Applausi della senatrice Bignami).
Dal punto di vista dei principi cardine della nostra Costituzione e dell’articolo 1, quindi, l’effetto è devastante, è inutile girarci intorno. Si è fatta una rappresentazione verso l’esterno sulla riduzione del numero dei parlamentari, ma se si voleva essere persone serie e rispettose dei principi costituzionali, quella riduzione avrebbe dovuto portare ad un bilanciamento dei numeri tra Camera e Senato, ad una diversificazione delle funzioni di garanzia, di controllo ed anche di rappresentanza degli stessi Presidenti di Regione, ma con una presenza dei rappresentanti del popolo eletti dai cittadini.
Il primo passaggio qui al Senato non aveva fatto i conti con la pagina vergognosa dell’elezione di secondo grado (definiamola così) delle Province. Non so se ricordate quanto accaduto. Le Province restano, ma i cittadini non sanno più cosa vi succede all’interno e non hanno potuto eleggere i loro rappresentanti. I costi, i problemi, sono tutti lì ma la democrazia lì è scomparsa. Questo è quanto si vuol fare.
Ritornare allora sull’articolo 2, rimettere degli elementi di rappresentanza, di elezione, da parte dei cittadini, quindi con il ricollegamento con l’articolo 1 della Costituzione, non risolve certamente tutti i gravi problemi di sistema e di bilanciamento dal punto di vista democratico che questo disegno di legge di revisione costituzionale pone, ma prova in qualche modo a ridurre il danno. È questo quanto non si è voluto affrontare, barricandosi dietro una interpretazione dell’articolo 104 del nostro Regolamento. Signor Presidente, vorrei ricordare che è tutto da discutere se tale articolo possa di per sé applicarsi a un procedimento legislativo che riguarda la revisione costituzionale; su questo punto, in 26 audizioni di costituzionalisti, ben 20 si sono pronunciati sul fatto che era assolutamente possibile intervenire. Quindi ovviamente mi auguro che le sue decisioni, quando saranno presentati gli emendamenti, siano di portata molto diversa.
Quindi, l’effetto di questo disegno di legge è in totale contrasto, non solo con l’articolo 1, ma con l’impianto generale della nostra Carta costituzionale, perché produce, da questo punto di vista, un restringimento fortissimo della rappresentanza politica, del pluralismo politico e della possibilità della democrazia per i cittadini.
La sovranità è del popolo. In questo modo, invece, il popolo ancora una volta viene espropriato. Verrà espropriato, con l’Italicum, dalla possibilità di scegliere i propri rappresentanti e, al Senato, addirittura dalla possibilità di accedere al momento stesso dell’elezione.
Si sono fatte rappresentazioni di questa riforma come di una riforma che si aspettava da molto tempo, ad opera dell’Ulivo e di altri. Dobbiamo avere il coraggio di dire le cose come stanno. Si potevano compiere scelte diverse. Si poteva compiere la scelta, che molti hanno indicato, del Bundesrat tedesco; ma stiamo parlando, in quel caso, di uno Stato federale, qui, invece, si parla di un intervento sul Titolo V, che in realtà è di natura opposta allo spirito federale, ma molto centralista, ed è paradossale l’effetto che si produce. D’altro verso, il Bundesrat è collegato a un Bundestag dove non vi è la compressione della rappresentanza politica che, invece, si produrrà con questo sistema. Nel Bundestag, infatti, vi è certamente lo sbarramento, ma non c’è il premio di maggioranza. Noi, invece, siamo l’unico Paese che combina un premio di maggioranza così elevato con un sistema di ballottaggio che configura una modifica della forma di Governo. Non avete avuto il coraggio di addivenire a un’idea di semipresidenzialismo ma, surrettiziamente, addivenite a un rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo con lo svilimento della democrazia parlamentare; e, contemporaneamente, con il sistema di ballottaggio, che si usa sempre per la scelta di figure monocratiche e non per l’elezione del Parlamento, si produce, nei fatti, la modifica della forma di Governo.
Quindi, in modo surrettizio, siamo l’unico Paese che ha, insieme, uno sbarramento e un premio di maggioranza. Pertanto non è possibile spacciare questa riforma costituzionale come simile a modelli esistenti in Germania.
Non è vero neanche che non esistono altri esempi di Senati che non danno la fiducia al Governo pur essendo eletti direttamente, per non parlare di altri sistemi, come quello americano.
In conclusione, riteniamo fortemente di trovarci di fronte a violazioni molto marcate e chiare dei principi costituzionali dell’articolo 72, per quanto riguarda la procedura utilizzata, e dei cardini del sistema democratico, a partire dall’articolo 1 della nostra Costituzione.
Per questo motivo, ai sensi dell’articolo 93 del Regolamento, chiedo di non procedere all’esame di questo disegno di legge di revisione costituzionale.