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Giovedì, 5 giugno 2014

Unione Europea, strategie, gruppi e un nuovo parlamento che potrebbe ribellarsi

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Il tema chiave al momento è quello del passaggio delicatissimo dell’elezione del/la nuov@ President@ della Commissione. Si profila uno scontro frontale tra governi dei paesi membri e Parlamento Europeo qualora dovesse andare avanti l’ipotesi di un/a candidat@ “esterno”. Si rimpallano le voci. Ultima quella che vedrebbe Angela Merkel candidare la direttrice del FMI, Christine Lagarde, in quota UMP. Hollande prende tempo, rischia di sfumare la possibilità – sostenuta da pressocché tutti i gruppi parlamentari – inclusi GUE-NGL e Verdi – di dare mandato esplorativo al candidato del PPE Jean Claude Juncker.

Nei giorni scorsi è stata resa pubblica una dura lettera congiunta dei gruppi parlamentari uniti su Juncker per una questione di metodo più che di merito, anche se in questo frangente i due livelli si intrecciano, e riguardano la portata e l’effettività dei processi di democratizzazione delle istituzioni europee. C’è ancora tempo ma si affilano le spade. “There will be blood”- scorrerà del sangue, intitola un periodico di affari europei di Bruxelles per descrivere l’atmosfera regnante nei corridoi e tra i gruppi parlamentari.

Forse un atto di “insubordinazione” del Parlamento Europeo proprio all’inizio del nuovo quinquennio potrebbe tornare utile per dare uno scossone ad una prassi, quella intergovernativa, che va di pari passo con l’imposizione delle misure di austerity. Ed aprire la strada ad una fase di revisione dei Trattati, e “costituente” non affidata ai governi ma all’espressione della volontà popolare. Nel frattempo nei prossimi giorni si terrà il Consiglio dei ministri europei degli interni, che affronterà tra l’altro il dossier migrazioni nel Mediterraneo.

Ieri si è aperto a Bruxelles il summit del G7, si badi bene non G8 (quello doveva tenersi a Sochi, Russia, ma venne annullato a seguito della “campagna di Crimea” di Vladimir Putin, per ora escluso dai lavori del vertice). Sull’agenda come ormai di prassi la crisi economica, il tema dei cambiamenti climatici ma soprattutto la questione della sicurezza energetica. Insomma un quadro a più livelli che mostra ancora una volta l’urgenza di un’Europa politica coesa, solidale, e capace di futuro. Per quanto riguarda i possibili futuri assetti di maggioranza al Parlamento Europeo, Martin Schulz intende sostenere Juncker in una proposta di “coalizione di larghe intese”, PSE e PPE assieme, magari orientati verso un programma comune per la “crescita” e l’occupazione. Ma coalizione di larghe intese, visto che i risultati elettorali non permettono la possibilità di una coalizione rosso-verde-liberale che avrebbe senz’altro segnato un cambio di passo nella vita politica dell’Unione. Un quadro ancora possibile prima delle elezioni, ma che oggi risulta essere fuori dalla realtà per bocca dello stesso Schulz. Un pò come la prospettiva “illo tempore” di Italia Bene Comune qui in Italia.

Un’ipotesi sfumata che quindi richiama ad un necessario cambio di strategia e di passo nell’azione politica da sinistra. Schulz per suo conto si gioca le sue carte, sperando in un incarico di alto livello alla Commissione, mentre si prefigura un gruppo parlamentare socialista piuttosto “monolitico”, quasi tutti – se non tutti – gli eletti sono di partiti che fanno parte del PSE.
Un primo punto di chiarezza: occorre fare una distinzione tra PSE, “partito socialista europeo” e gruppo S&D, socialisti e democratici, come occorre specificare che il GUE non è solo GUE, ma anche Sinistra Verde Nordica (NGL) e non è direttamente espressione parlamentare del partito della Sinistra Europea, visto che ad esempio in questi giorni hanno aderito al GUE anche Podemos ed il Sinn Fein che non sono della Sinistra Europea, mentre ha annunciato la sua decisione di non aderire il Partito Comunista greco KKE. (e da tempo circolano voci non confermate sulla possibilità di formare un gruppo di tutti i partiti comunisti “ortodossi”).

Insomma, un quadro in evoluzione, in una formazione parlamentare che nelle intenzioni di Tsipras avrebbe bisogno urgente di un “rimescolamento”, di diventare più attraente, aperta e meno ideologica. E pronta ad incalzare “positivamente” i socialisti. Altro punto. S&D – come detto – appare come un blocco piuttosto monolitico, con forte presenza “renziana” nella componente PD che potrebbe avere la presidenza del gruppo visto che il PD è partito con maggior numero di eletti. S&D tradizionalmente privilegia il rapporto con grandi sindacati, settore del business e cosiddette organizzazioni della società civile, ONG etc. Basti vedere il programma di un recente evento organizzato dal gruppo S&D sul TTIP: c’era la Coca Cola ma non c’erano i movimenti.

Il GUE-NGL per contro registra un costante impegno in sostegno a movimenti sociali, organizzazioni di base, realtà alternative, al punto da aver acquisito una forte credibilità come punto di riferimento – assieme ai Verdi – per quella galassia di attori e soggetti politici e sociali essenziali per una ricostruzione dal basso dello spazio comune europeo. Grosso modo uno dei leitmotiv della lista Tsipras, ma non solo, in quanto componente essenziale per la ricostruzione del “demos”, elemento indispensabile per qualsiasi processo costituente, come ci dicono – forse con eccessivo ottimismo – Papi Bronzini e Giuseppe Allegri nella loro ultima fatica, “Sogno europeo o incubo?” .

Va anche tenuto a mente che l’adesione ad un gruppo parlamentare non equivale ad un “matrimonio ideologico” ma alla scelta di una collocazione che fornisca le condizioni migliori per svolgere un ruolo di “ponte” non solo tra le famiglie politiche europee progressiste, ed ecologiste, ma anche con ciò che si muove all’esterno dei corridoi del Parlamento Europeo. Allora se ci si sforza di guardare oltre il velo dell’appartenenza politica, o della contesa ideologica o tattica, magari ad uso e consumo interno, e ci si concentra invece sull’obiettivo, (insomma sulla “partita” e non sul “partito”) credo sia ben chiaro che oggi – in questo contesto – sarà necessario optare per una collocazione (per dirla in tedesco uno “stuetzpunkt” punto di appoggio e non uno “schuetzpunkt” o punto di rendita di posizione) che permetta di svolgere un lavoro di “ponte” e costruzione di reti tra famiglie politiche, partiti e non solo. E che sia nella scia della scelta operata di mettersi a disposizione dell’esperienza collettiva della lista Tsipras, senza rinunciare alla propria identità, e soggettività, per un progetto più largo di ricostruzione di una sinistra di governo, che non rinunci alla propria radicalità di pratiche e di proposte, ma che decide di non chiudersi in recinti identitari o di pura testimonianza.

Non mi pare che il gruppo S&D possa rappresentare allo stato attuale la postazione ottimale per tale strategia. Sarà la logica collocazione per le ragioni di cui sopra di uno dei candidati e candidate che SEL ha messo a disposizione per un processo più largo nel quale SEL rimane, non si fonde ma decide di condividere uno spazio comune di dialogo ed iniziativa politica.

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  • sitomundo

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