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Martedì, 2 febbraio 2016

Vendola: il ddl Cirinnà non può essere annacquato ulteriormente. E’ ora di riconoscere i diritti

Roma1

Questa settimana in un’inserto speciale del Manifesto dedicato alle unioni civili è apparsa la seguente intervista a Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà.

Un nuovo Family day nel 2016 bloccherà la legge sulle unioni civili, com’è successo nel 2007, quando governava il centro-sinistra?
Vedremo ciò che accadrà. Il contesto è cambiato, c’è più consapevolezza del ritardo italiano in materia di diritti civili, difficile esorcizzare il fantasma di quelle soggettività che non sopportano più il limbo giuridico in cui sono confinate. La sentenze della Corte di giustizia europea ha un peso nel dibattito in corso. Il mondo cambia, tranne che nella testa di quelle gerarchie ecclesiastiche che sponsorizzano un “family day” che ha un significato semplice e chiaro: presentare l’ideologia cattolica come “morale naturale” per farne una ideologia di Stato, continuare a delegare al magistero clericale il monopolio delle questioni etiche, riposizionare la Chiesa universale sulla trincea della lotta politica italiana. Nessuno chiede alle Chiese di tacere sui propri convincimenti di fede, ma nessuna Chiesa può chiederci di esercitare un comando sull’attività legislativa, mettendo ipoteche e divieti. L’ingerenza vaticana ha fatto male alla laicità ma anche alla Chiesa stessa. Per questo è rivoluzionaria la non-ingerenza praticata da Papa Francesco: e si intuisce nelle intenzioni di chi cerca di militarizzare il popolo dei fedeli contro le unioni civili anche la volontà di condizionare la traiettoria dell’attuale pontificato.

In qualche misura potrebbe essere un “family day” contro il Papa?
Detta così può apparire una forzatura, eppure la sensazione è confermata persino dalle parole di Bergoglio sulla non sovrapponibilità del matrimonio “voluto da Dio” con le unioni civili: conferma, io dico purtroppo, una tradizione di dottrina che affonda le proprie radici nel Concilio di Trento, ma non dichiara la guerra santa al disegno di legge Cirinnà come fa il redivivo cardinal Ruini. E’ più che evidente che molti porporati sentono la nostalgia di una Chiesa potenza tra le potenze, di un dominus che ha la pretesa di regolare autoritativamente le vite private di tutti, di quella istituzione che, non dimentichiamolo, per preservare se stessa può perfino occultare sistematicamente le violenze pedofile di una parte del clero.

I cattolici fondano le proprie critiche però non solo sui testi sacri ma anche sugli articoli della Costituzione.
In generale si fa riferimento ad una immagine della famiglia che è desunta dalla mistica della “sacra famiglia”. Un argomento scivoloso, visto che fino ad epoche assai recenti la famiglia non è stata il frutto dell’amore, la libera scelta di un uomo e di una donna, ma un contratto di natura economica che non prevedeva che i promessi sposi dovessero neppure conoscersi. L’unità della famiglia ha avuto come movente centrale l’unità del patrimonio. Di sacro nella storia reale dell’istituzione famigliare c’è ben poco: basti pensare che persino l’incesto era, nel nostro codice, considerato un reato solo se dava pubblico scandalo: e questo fino a qualche decennio fa. Per ciò che riguarda la Costituzione, direi che va letta nella sua globalità, sapendo che per gli integralisti cattolici vale l’articolo 29, senza interpretarlo come fa il moderno costituzionalismo alla luce della storia. Ma per loro invece non vale l’articolo 3: ma non si scappa da qui, dal principio di eguaglianza. Poi è un po’ triste che si evochi a convenienza la Carta costituzionale, un giorno come un feticcio per nostalgici e un giorno come una clava per bastonare il mutamento dei costumi.

Perché il centro-sinistra non riuscì ad approvare i Dico quando era al governo?
Perché la politica ha giocato a nascondino, ha parlato di Pacs e di Dico con un lessico allusivo, quegli acronimi più che a sancire un diritto servivano a minimizzare. Mentre per un Paese come il nostro, che sul proprio orologio segna ancora l’ora di religione, il passaggio non poteva e non può essere indolore: riguarda l’esercizio del potere sulla vita, riguarda in modo non banale la libertà dei moderni, riguarda tutti i nostri deficit di laicità.

Dunque sarà Renzi, e non un governo di centro-sinistra, a dare all’Italia una legge sulle unioni civili?
Se il ddl Cirinnà diventerà legge sarà per merito di una maggioranza parlamentare diversa da quella che sostiene il governo in carica e che si regge su una inquietante stampella clerico-massonica.

Se la legge non contenesse la stepchild adoption, Sinistra italiana sarebbe disposta, come i 5 stelle, a votare no?
Non si può ulteriormente annacquare quel testo, la Cirinnà è già il frutto di estenuanti mediazioni. Noi avremmo preferito discutere di matrimonio egualitario, ma ci confrontiamo con un’antica subalternità culturale della politica. Ora la questione dell’adozione del figlio del proprio compagno è un atto di tutela del bambino: non capire questo è surreale, tanto più in un Paese che ha tenuto in vita fino a ieri la differenziazione tra bambini cosiddetti legittimi e bambini cosiddetti naturali.

Sembra che in Italia il passato non passi mai. Dal Pd è arrivata persino la proposta di carcere per chi, omosessuale ed etero, sceglie la gravidanza per altri. Che segno è per il nostro Paese?
Mi sembra una reazione isterica, figlia dell’incapacità di conoscere e di distinguere. C’è qualcosa di promettente ma certo anche di pericoloso nelle tecniche che consentono la fecondazione artificiale e la conseguente procreazione: e i traffici di bambini nei Paesi più poveri sono stati una specialità delle coppie etero! Ma poi ci sono le esperienze degli Usa, del Canada o di Israele, in tema di gestazione per altri. Ci sono donne socialmente emancipate che scelgono, non per il profumo dei soldi, di vivere l’esperienza di una maternità surrogata. Sono questioni delicate e complesse, che alludono ad una straordinaria mutazione dei costumi e della cultura, persino dell’antropologia: affronteremo queste sfide con il codice penale?

Sempre sulla Gpa, la si è equiparata alla tratta dei bambini. Come definirebbe questo paragone?
Ridicolo. Fatto da chi ha sotto gli occhi quotidianamente la tratta degli esseri umani e la violazione dei diritti dei bambini. Ma siccome si tratta dei bambini degli altri – siriani, libici, afghani, eccetera – possono pure naufragare nel mare mostrum dell’ipocrisia e della doppia morale dei sepolcri imbiancati. Si mobilitano per difendere una vita astratta, una famiglia astratta, un bambino astratto, ma non per difendere le vite concretissime di famiglie in carne ed ossa e di bambini spezzati.

Lo scorso anno lei ha detto che, finita l’esperienza del governo pugliese, avrebbe voluto sposarsi e affrontare il capitolo paternità. In Italia non c’è politico, uomo o donna che sia, che abbia deciso di affrontare questi passaggi in maniera pubblica (non in Lussemburgo, per esempio, dove invece il premier Xavier Bettel si è sposato appena è stato approvato il matrimonio gay). Lei ha pensato di farlo
La domanda è rivolta in realtà a due interlocutori, non solo a me ma anche al mio compagno. Non sono abituato a rispondere per entrambi. Posso dire solo che sono sufficientemente giovane per vivere anche l’esperienza del matrimonio e mi piacerebbe molto crescere un figlio. Ma qui siamo, ancora prigionieri delle superstizioni ideologiche di chi preferisce un bimbo in orfanotrofio piuttosto che affidarlo ad una coppia gay. Però voglio dire anche che sono troppo vecchio per poter sopportare mutilazioni e rinvii al mio diritto di avere diritti. Per questo è bene dare tutti insieme una sveglia all’Italia.

 

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