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Sabato, 20 settembre 2014

Video messaggio di Vendola a Renzi: il Job Act è il sogno della destra. Contro questa controriforma daremo battaglia

La riforma del lavoro presentata da Matteo Renzi «realizza il sogno della destra», secondo Nichi Vendola. Il leader di Sel si rivolge direttamente al premier in un videomessaggio e spiega: «Caro Matteo Renzi, tu ti accingi a realizzare il grande soglio della destra, abbbattere tutte le regole che danno dignità e diritti a chi è nel mondo del lavoro e lo fai con un argomento sgradevole e insopportabile: evochi i mancati diritti dei precari, dei co.co.co., dei co.co.pro., delle donne che non hanno diritto alla maternità. Dici che coloro che hanno alcuni diritti rappresentano una specie di scandalo e allora l’eguaglianza significa niente diritti per tutti».

«Questa – prosegue Vendola – non è una grande riforma, è la fine di un’idea di riforma del mercato del lavoro che metta al centro il valore, la dignità di ogni lavoratore e lavoratrice. Bisognerebbe fare il contrario: dare diritti a chi non ce li ha, non togliere diritti a chi ce li ha; lottare contro la precarietà e non fare come fai tu, rendere tutti precari. Per questo noi saremo ostinatamente, fortemente contrari a questa controriforma che offende la cultura democratica del nostro Paese».

 

 

Commenti

  • maurizio

    Il fatto che questa legge piaccia tanto a Sacconi e Brunetta, non dovrebbe far pensare anche a Renzi che si possa trattare di una grande schifezza?

  • Dario

    Eh! FI dovrebbe essere una ottima cartina di tornasole, così come Ncd. Ma evidentemente ai fan di Renzi (non ho il coraggio di chiamarli elettori) va bene, evidentemente il problema siamo noi, non chi ha governato gli ultimi 20 anni.
    Landini difende degli interessi particolari, mica come Ichino o Sacconi che sono tanto bravi.
    Quanta ipocrisia poi da parte di Renzi. Parla di precari, non pubblici, e poi si dimentica di aver voluto escludere dal bonus 80€ proprio indigenti e partite IVA, senza tener conto del reddito familiare. Lui che ha promesso 150000, impossibili (magari ci fosse spazio!) assunzioni. Ma mica a precari, disoccupati, popolo del privato? Eh no. Renzi è un grandissimo ipocrita. La Camusso manco è meglio, ma includere nelle sue invettive pure Landini e la Fiom in particolare è veramente ignobile.

  • ferrari alberto

    Caro Nichi, spiace che dopo il congresso di Riccione, anche tu sia passato dalla politica di una nuova narrazione, che implicava la ricerca e descrizione di un progetto per un intero paese ( e non per una sola parte di esso) ad una politica della opposizione pregiudiziale. Comprendo che nella lunga storia
    della sinistra italiana l’opposizione, come primo passo, è stato lo strumento privilegiato per indurre l’avversario a modificare le proprie proposte ( ricordo che il PCI pur avendo concorso a stendere larga parte della legge Mariotti, di istituzione del SSN, alla fine per il principio della purezza oppositoria, non la votò) . Ma ciò può essere sintomo di un viversi come minoritari. In Germania la sinistra, di Brandt, cominciò a vincere quando nel 1959 iniziò a descriversi come un partito con un progetto per un intero paese e
    con una vocazione di governo. Credo che l’aver accantonato la tua ” narrazione ” iniziale come descrizione di un progetto di un nuovo paese, per una politica di “rimessa” e di arroccamento rischia di infilarci in una strada chiusa e minoritaria già sperimentata da troppa sinistra in Italia. Spero di sbagliarmi.

  • Ernesto Nieri

    La narrazione di Nichi proprio ora dimostra la sua solidità e il suo radicamento nella tradizione della Sinistra, nonché la sua aderenza al progetto complessivo di ricerca di equilibri più avanzati per la moltitudine produttiva che rappresenta gli interessi vivi e vitali dell’ intero Paese. Questo vuol dire essere Sinistra di governo. Altra cosa è essere governo senza sinistra obbedendo a principi di marketing elettoralistico sul piano tattico e ai diktat della destra economica sul piano strategico. Questo è il renzismo. Essere succubi di Renzi significa essere prima inutili che minoritari. Tentare di assemblare una sinistra diversa ed autentica significa fare il bene oltre che della sinistra , dell’ intero Paese. No al JOB ACT, contro – riforma pasticciata ed anti moderna !!!

  • nino

    hai capito, niki, ciò che dice in modo criptico il compagno ferrari? ti chiede di essere sinistra di governo ed appoggiare tutte le sconcezze del sior matteo.Perchè lui si che pensa ad un progetto per un intero paese: togliere tutte le residue garanzie a chi lavora per fargli accettare tutte le proposte che una mente prenditoriale possa escogitare.

  • ferrari alberto

    Francamente io chiedo solo di tornare ad una politica di proposte e non solo di rimessa.

  • claudio

    “Bisognerebbe fare il contrario: dare diritti a chi non ce li ha, non togliere diritti a chi ce li ha” come non essere daccordo con questo principio. Eppure non sono più convinto che le cose siano così semplici. Non ne sono più così convinto perchè è da quando mi sono affacciato al mondo dei grandi, diventando maggiorenne ed iniziando a lavorare (parliamo di oramai 25 anni fà) che la sinistra ribadisce lo stesso principio e – nonostante sia stata due volte al governo (l’ultima con l’attuale segretario del PRC come Ministro della Solidarietà Sociale) – siamo sempre allo stesso punto, qualcuno è tutelato (vencinque anni fà la maggioranza dei lavoratori, oggi la minoranza) e qualcun’altro (venticinque anni fà la minoranza, oggi poco più della metà e la larga maggioranza degli “under 40”) no.
    Dopo ben 25 anni quell’affermazione, la stesso della CGIL, ha perso il suo significato e la sua credibilità e mostra tutta la nudità di una sinistra incapace di aver un progetto includente che sappia andare oltre alla mera difersa dello status quo.
    Non mi piace per molti aspetti il Job act proposto dall’attuale Governo ma ha il pregio – esattamente il pregio – di gettare il sasso in uno stagno di immobilismo che ha raggiunto il livello di putrefazione e nel quale, con mia enorme sopresa e dispiace, scopro divemntato l’habita della sinistra e di un sindacalismo schizzofrenico che da un lato ammette le sue colpe (come ha fatto landini su Repubblica diversi mesi fà) ma che poi alla prova dei fatti (sempre lo stesso Landini) non sà fare altro che opporsi a tutto.
    E’ vero il Job act con ogni probabilità propone un’uguaglianza a ribasso anzichè al rialzo (anche se questa eccessiva semplificazione meriterebbe una maggiore riflessione in relazione ai cambiamenti globali intercorsi negli ultimi 30 anni) e ciò non risponde esattamente a ciò che vorrei. Ma tra un’uguaglianza al ribasso (che è comunque un ridistribuzione delle tutele attuali tra chi è incluso e chi oggni non lo è e soprattutto è l’assicurare una maggiore parità nelle opportunità, anzichè mantenere bloccate le assunzioni, anche di chi merità più di chi è attualmente assunto, solo perchè – come avviene in particolare nel pubblico impiego – la scarsa produttività non è sufficiente per licenziare un lavoratore) ed il mantenimento dello status quo, anche se ipocritamente (perchè dopo 25 anni che nulla è cambiato ripetere che si devono difendere i diritti per allargarli è solo una grande enorme ipocrisia), mille volte meglio il Job act che almeno ha il pregio di riaprire una partita, fosse anche per superarlo e rivederlo profondamente in poco tempo, anzichè continuare con questo teatrino davvero diventato di pessimo gusto di professare l’uguaglianza a parole ma poi agire (o meglio, impedire agli altri che agiscano) affinchè qualcuno resti più uguale degli altri.
    Può non piacere che questa sia la realtà (o meglio, una parte di essa oramai molto diffusa al punto di riguardare la maggioranza delle persone e soprattutto dei giovani) e che sia una deregolamentazione (classicamente considerata una pratica di “destra”) l’unica strada praticabile per conseguire – almeno in parte – un riequilibrio sociale ma così è e non me ne ferga niente se rischio affermandolo di passare per un conservatore perchè so bene che non è così, perchè tutta una vita da “precario” (adesso con un buon reddito, ma sempre “precario”) e lo sguardo e le parole dei giovani che incontro me lo attestano ogni giorno.

  • nino

    negli anni 80 c’erano i contratti di formazione e lavoro che permettevano ai prenditori di cacciare le persone dopo averle usate. Oggi ce ne sono una marea.La sinistra di governo in questo paese ha introdotto la precarietà con il lavoro interinale e non ha lottato per estendere l’art. 18 anche ai lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti.
    Si è voltata praticamente dall’altra parte nell’estendere i diritti e le garanzie e ora è per la cancellazione di quelli residui.Un grande lavoro. Da destra di governo.

  • claudio

    veramente ad essersi voltati dall’altra parte sono stati la CGIL, Landini (che lo ha anche ammesso in un’intervista a Repubblica di qualche mese fa) Bersani, Dalema, Vendola, Ferrero, Bertinotti etc., che a parole (come tutt’ora continua a ribadire Vendola) sono stati per un allargamento dei diritti….che però non si sono mai concretizzati. Poi francamente trovo piuttosto ipocrita parlare di “cancellazione di diritti residui” come se questi fossero un patrimonio di tutti e non solo di una parte dei lavoratori. Ma da sempre e non per colpa delle varie riforme della legislazione in materia degli ultimi anni questi diritti sono valsi solo per alcuni lavoratori…o vogliamo far finta di non sapere che ad esempio l’art. 18 NON HA MAI interessato (fin dalla approvazione originaria della seconda metà degli anni ’70) i lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti e tantomeno i lavoratori autonomi (che sono sempre esistiti ed ovviamente non parlo dei liberi professionisti iscritti ai rispettivi ordini o collegi).
    La realtà è che la coperta dagli inizzi degli anni novanta era(ed è tutt’ora, anzi oggi lo è ancora di più) corta e tra il dividerla tra tutti e lasciare scoperti chi stava entrando nel mondo del lavoro per non togliere alcuna garanzia acquisita da chi già allora lavorava (gli over ’50 di oggi) si è scalto la seconda strada (lasciare scoperti i nuovi) e non perchè una questione ideale come ciancica Vendola ma solo per una ragione di opportunità materiale: il consenso/voto; dato che gli iscritti alla CGIL ed i tesserati ai partiti di sinistra erano (allora) prevalentemente i lavoratori delle grandi aziende e i dipendenti pubblici (quelli che erano già coperti dalle tutele) e toglierne qualcuna a loro per darla a chi non l’aveva rischiava di scontentarli ed allora parliamo di allargamento (anche se non è praticabile) e chi se ne frega se i giovani (oggi quarantenni) di diritti non ne avrebbero visti manco uno……passata la festa, gabbato lo santo.
    Ma la festa è finita ed a questa storiella davvero non crede più nessuno..manco Vendola.

  • nino

    quando parlo di sinistra di governo intendo proprio d’alema, bersani e i loro alleati. Bertinotti e ferrero, con vendola, nel 2003 organizzarono un referendum per estendere l’art. 18 anche ai lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti. Ma la sinistra di governo, allora, chiese ai suoi elettori di far fallire il quesito referendario e nonostante i si all’estensione fossero milioni, il referendum non passò perchè non si raggiunse il quorum. Poi è arrivata la legge con decine di contratti precari del governo berlusconi, mai abrogata dalla sinistra di governo dal 2006 al 2008, ed infine il job act.
    Per cui la sinistra di governo è responsabile come la destra del precariato in italia.

  • palmieri Gino

    I Governi nel nostro paese cambiano in continuazione ma fino ad ora nessuno a portato a termine una legge che metta fine alla corruzione e all’evasione fiscale miliardaria ,una delle più alte del mondo.
    Sarebbe utile che tutto il decisionismo del governo delle larghe fosse affrontasse queste questioni invece di rifarsela con lo statuto dei lavoratori ; importante conquista democratica.

  • palmieri Gino

    Correzione del commento precedente: al penultimo rigo è da intendere (Governo delle larghe intese affrontasse ) scusate.

  • claudio

    Ma scusami nino, della “sinistra di governo” dal 2006 al 2008 il PRC non faceva parte? Ferrero non era forse Ministro della Repubblica? Lo era a sua insaputa come Scaiola?
    Ma di cosa parliamo? Vendola, Ferrero, Bertinotti, Dalema, Bersani, Landini, Camusso etc…”stessa facccia, stessa razza” ciascuno aveva la sua parte in commedia ma erano tutti sulla stessa barca, tutti complici. Ma davvero se lo scontro referendario del 2003 tra una “sinistra non di governo” buona ed una “sinistra di governo” cattiva fosse stato vero, come sarebbe stato possibile poi che si facesse parte TUTTI della stessa coalizione o che Vendola governasse una regione grazie anche e soprattutto ai voti di quella parte politica?
    Per chiarezza a me Renzi non piace, non piace per molte sue posizioni e per il suo modo arrogante di porsi ma ha un merito ed è quello di scuotere la sinistra di “mandare in pensione” una classe dirigente inadeguata ed obsoleta (Vendola e Ferrero inclusi) che ha fatto solo danni restando abbarbicata al potere come mai prima si era visto fare, specie a sinistra. Era semplicemente ora e quale sia il prezzo da ,pagare sarà infinitamente più basso che restare ancora immobili tanto da essere oramai scivolati ai margini del sottosviluppo.

  • nino

    certo che rifondazione comunista stava nel governo prodi. Erano, infatti, stati sottoscritti dei patti che prevedevano un unico contratto, quello a tempo indeterminato.
    Poi sappiamo come sono andate le cose e come quel patto cartaceo è stato osservato da prodi e dalla sinistra di governo.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    “ed allora parliamo di allargamento (anche se non è praticabile)”
    Ma perché non è praticabile? Basta aver la voglia di farlo.

  • claudio

    si, nino, ricordo bene come sono andate le cose….incluso che Ferrero è rimasto Ministro fino all’ultimo giorno e la sua dichiarazione al momento di lasciare il ministero di dispiacere perchè il gpverno stava lavorando bene (tipico atteggiamento di chi dissente o si sente tradito perchè gli alleati non hanno rispettato i patti..vero?).
    Ma scusa se davvero nel 2003 era stata l’area di governe (l’attuale PD) a boicotare il NS referndum, come tu sostieni, allora quali mai potevano essere i presupposti per un’alleanza 3 anni dopo..un impegno di programma?..siamo seri…la verità è quella che ti ho detto…erano e sono tutti uguali, complementari gli uni agli altri, da Dalema a Ferrero…lo hanno dimostrato nei fatti..il resto sono chiacchiere.

  • nino

    che ferrero si trovasse bene in un governo di centro non mi meraviglia per niente. Qualche anno dopo, pur di consolidare la federazione della sinistra col pdci, aveva accettato anche un’alleanza col pd, ben sapendo le inclinazioni di diliberto e compagni.La gente quando sta su comode poltrone, pure ben pagate, tende a dimenticare il motivo per cui è andato li. Questo,però, non cambia i fatti. Quel grandissimo governo……..della sinistra di governo ha stracciato i patti, sulla trasformazione dei contratti precari in quello a tempo indeterminato, che erano scritti nero su bianco, ma che non prevedevano, però, per l’opposizione della sinistra di governo, l’estensione dell’art. 18 ai lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti.

  • nino

    pensi veramente che il governo delle larghe intese, pd-fi, prenderebbe in considerazione una proposta di sel o del m5s sull’art.18, che non sia sfavorevole ai lavoratori?

  • claudio

    ma se come dici il patto non prevedeva “per l’opposizione della sinistra di governo, l’estensione dell’art. 18 ai lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti” perchè la “sinistra buona” lo avrebbe sottoscritto?..perchè allora andare asieme al governo se non eravamo daccordo (sia Ferrero, ma anche Vendola che aveva voluto Alfonso Gianni come sottosegretario all’economia)?

    Daccordo, le mie sono anche delle estremizzazioni, delle semplificazioni che non fanno giustizia alla complessità della realtà ed alle difficoltà in cui la sinistra del PD è stata costretta a muoversi sin dalla sua nascita (dalla trasformazione del PCI in PDS) ma la domanda allora è perchè se qualcuno come Renzi vuole cambiare lo status quo (anche sbagliano) allora le cose sono semplici, bianco o nero e i processi alle intenzioni si sprecano mentre per i nostri “cari leader” tutte le scuse e le giustificazioni sono buone? Perchè appena in questo paese si prova a cambiare qualcosa allora si comincia agridare “al lupo, al lupo”?, davvero la CGIL è affidabile come interlocutore in materia di lavoro o pensa solo a difendere i suoi iscritti infischiandosene dei precari (anche se a parole dice altro)? perchè concretamente con la parola d’ordine “difendere i diritti acquisiti per estenderli” in oltre 25 anni (dico VENTICINQUE non uno o due), l’unica cosa che si è concretamente fatto è difendere chi era incluso e di allargamenti neanche l’ombra? Vorresti forse negare che, al di la delle intenzioni (di qualcuno buone, di altri non saprei proprio e comunque ho diversi dubbi), alla fine ciò che è rimasto è la sperequazione tra inclusi ed esclusi, tra giovani e non?

    Io ho cominciato a lavorare 25 anni fà e sono sempre stato (e lo sono tutt’ora) precario, senza tutele alcune e se scade un contratto o mi ammalo niente?..perchè dovrei credere ancora che “il miglior attacco” sia la difesa dei diritti acquisiti e non il contrario, ovvero che un riallineamento, fosse anche al ribasso, è una migliore base su cui ri-costruire qualcosa di maggiormente inclusivo?
    Mi ripeto Renzi non mi piace, non piace per molte sue posizioni e per il suo modo arrogante di porsi ma ha un merito ed è quello di scuotere la sinistra
    di “mandare in pensione” una classe dirigente inadeguata ed obsoleta
    (Vendola e Ferrero inclusi) che ha fatto solo danni restando abbarbicata
    al potere come mai prima si era visto fare, specie a sinistra.

    Era semplicemente ora ed è molto più di sinistra questo, che tutta la retorica e la narrazione che continuo a sentire, ripetuta a pappagallo come una lezioncina imparata a mememoria ma della quale non si capisce granchè, se non che il ripeterla gli ha permesso (ai dirigenti politici ed ai sindacati di sinistra) di tenersi il fondoschiena al calduccio a spese dei contribuenti di questo paese.

  • nino

    semplicemente perchè un programma che raccoglie piu’ partiti è necessariamente un compromesso. In quel momento era si un compromesso, ma decisamente progressista.
    Soltanto però sulla carta, dal momento che la sinistra di governo non aveva intenzione alcuna di rispettarlo, dopo aver preso il governo.
    Che renzi infine, voglia cambiare lo status quo è una opinione scarsamente aderente ai fatti. Renzi vuole invece continuare nello status quo, precarizzando anche i contratti a tempo indeterminato, per riportarci a prima dello statuto dei lavoratori. Un bel progresso!

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    “gli ha permesso (ai dirigenti politici ed ai sindacati di sinistra) di
    tenersi il fondoschiena al calduccio a spese dei contribuenti di questo
    paese.”
    E da quando i sindacati vivono a spese “dei contribuenti”?
    Questa è proprio grossa. Semmai vivono a spese degli iscritti, che possono sempre revocare la tessera se non sono soddisfatti. Di conseguenza, il sindacato tutela principalmente i suoi iscritti e chi lo sostiene. Tu sei iscritto a un sindacato? In questi 25 anni di precariato hai fatto sentire la tua voce, anche con lo sciopero? Perché è comodo non muovere un dito e dare la colpa a chi, secondo te, dovrebbe tutelarti gratis e miracolosamente, cioè senza partecipazione dei diretti interessati. Se la gente non sciopera, il sindacato non ha nessuna forza per tutelarla, è lapalissiano. Tutta questa gente che si lamenta del sindacato, dovrebbe lamentarsi in primis con sè stessa, visto lo scarso interesse per la propria stessa condizione. Non c’è niente gratis!

  • claudio

    tranquillo Detestor continua a credere alle favole.
    Da quando i sindacati vivono a spese dei contribuenti?
    Giusto per fare due esempi:
    1) Da quando lo Stato versa loro 11 euro per ogni denuncia dei redditi compilata ai CAF per un importo di oltre un miliardo di euro l’anno che guarda caso saranno drasticamente ridotti dall’anno prossimo grazie all’introduzione delal denuncia dei redditi precompilata.
    Eppure in Francia, Germania ed altri paesi europe sono decenni che esiste ma da noi solo adesso, dal tanto deprecato Governo Renzi, viene introdotta facendo risparmiare così buona parte di quel miliardo che potrà essere speso per i servizi (a cui dovrebbero servire le tasse) e non per i sindacati.
    2) Da quando la maggior parte dell’attività amministrativa nei sindacati viene svolta da lavoratori del pubblico impiego in distacco e/o permesso sindacale che restano ovviamente a carico dello Stato per intero (anche se la loro opera la prestano al sindacato)…ovvero a spese del contribuente.
    Anche in questo caso nessuno fio al ri-tanto deprecato Governo Renzi si è preoccupato di recuperare – in termini di produttività – queste risorse riducendo i permessi ed i distacchi sindacali così che i dipendneti pubblici svolgano maggiormente la loro attività a favore dei cittadini e non delle organizzazioni sindacali.
    Sia chiaro il punto non sono i diritti dei sindacati o che questi svolgano servizi per i cittadini ma l’abuso che si è fatto negli ultimi decenni (ho lavorato per diversi anni nella PA e sono stato anche amministratore pubblico per diversi decenni e so bene di ciò che parlo….e non a casaccio) trasformando dei diritti in delle rendite di posizione.
    Per quanto riguarda il rimboccarsi le maniche io sono 25 anni che lavoro e per i primi 20 ho sempre sostenuto l’attività sindacale (a mie spese, ovvero rinunciando a guadagni, dato che non sono mai stato dipendente) perchè credevo che ciascuno dovesse fare la sua parte. Ma il sindacato per i precari come me cosa ha fatto’ te lo dico io NULLA, assolutamente NULLA (proprio come la sinistra)…tante parole ma fatti ZERO (e non lo dico semplicemente io, lo ha canditamente ammesso lo stesso Landini in un’intervista a Repubblcia di qualche mese fà).
    Io mi sono davvero rotto ed ho tutte le ragioni…io come la stragrande maggioranza dei giovani e dei precari…di lamentarmi con il sindacato perchè è lui che è assente ed ora è fuori tempo massimo.
    Io ho scioperato al suo finaco per difendere i diritti dei suoi iscritti ma quando si è trattato di sostenere i mei il sindacato si è girato dall’altra parte (come la sinistra).
    Almeno adesso, sicuramente più per tornaconto elettorale che per idealità (dato che oramai la maggioranza dei lavoratori è priva di tutele), chi governa si occupa di noi. Potrebbe farlo meglio? sicuramente; Potrebbe farlo aumentando le tutele di tutti anzichè diminuirle? Forse ma non sono in grado di dirlo con certezza (il mondo del lavoro è talmente cambiato con la globalizzazione che non si può più guardare alla realtà come se fossimo ancora negli anni ’70-’80).
    Certo è che non c’è ragione alcuna che siamo sempre gli stessi a dover vivere “navigando a vista” e sperando di non ammalarsi…e che siano crecenti e incomplete e che comportino qualche perdita di diritto a chi fino ad ora ne a goduti di pieni non mi importa. Io di gratis non ho avuto nulla, casomai ho sempre dato senza nulla in cambio.

  • claudio

    già nino, proprio così. Se quella che chiami “sinistra buona” è dentro la maggioranza allora è un “compromesso ma decisamente progressista”, se lo fà un governo quando siamo all’opposiizone, allora è “di destra”.
    Sai che ti dico? questa è solo una semplificazione a cui oramai non crede più nessuno.
    Certamente le cose sono piuttosto complesse e di cose sbagliate questo governo ne stà facendo…ma come ho risposto sopra a Detestor l’equazione sindacati/sinistra= buoni – Governo Renzi= cattivi non è semplicemente ingenua è offensiva per l’intelligenza di chi, come me, vive ogni giorno sulla propria pelle il significato deltermine “precario”.

  • ex/fatica/nemo

    aggiungerei che chi è precario essendo per definizione non tutelato è praticamente insindacalizzabile effetto non secondario, previsto e, suppongo perseguito scientemente da chi alla precarizzazione ha lavorato.

  • nino

    per me la sinistra che fa la sinistra non è buona, è semplicemente sinistra. E poi c’è una differenza abissale tra trasformare i contratti precari in contratti a tempo indeterminato, con la reintegra se oltre i 15 dipendenti, e far si che i contratti a tempo indeterminato siano privati dell’ elemento che permette ai lavoratori di non essere considerati semplice merce (anche perchè le decine di contratti precari resteranno tutti).Comunque se questa differenza macroscopica non la vedi, è segno dei tempi: la sinistra di governo si compiace di essere destra.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Innanzitutto chiarisco che il mio discorso non voleva essere personale, non ti conosco e non ci penso neanche a giudicarti, ci mancherebbe. Prendevo il tuo caso ipotetico come esempio, per dire che la maggioranza dei precari non si è comportata come te (anche perché ovviamente per un precario la lotta è molto più difficile, non lo metto in dubbio), e di conseguenza il sindacato non aveva la forza per opporsi. Magari nel tuo caso specifico si sono comportati male, ma parlo in generale.
    Per quanto riguarda il discorso dei CAF e dei distacchi, sono soldi in cambio di servizi nel primo caso e rispetto dei diritti sindacali nel secondo, da questo dire che li manteniamo con le tasse ne passa.

  • Angelo

    Tante belle parole e alla fine entrerete in coalizione con Loro..mostrate un po’ di coraggio e sarete ripagati!!

  • claudio

    ho risposto alle tue osservazioni stamani alle 9:00 ma il mio commento è tutt’ora “in attesa di moderazione” pur essendo espresso in forma civile e provo di qualsivoglia offesa. Mi dispiace sinceramente che il confronto sia vissuto su questo sito come un “disturbo” e necessiti di essere “mederato”. Un vero peccato perchè sottrae a tutti qualcosa.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Claudio, hai per caso incluso un link? Perché i commenti con link vengono cassati in automatico. Non penso ci sia alcun moderatore umano su questo sito, sicuramente è moderazione automatica.

  • claudio

    si effettivamente avevo agiunto anche un link che rimandava ad un’intervista rilasciata alcuni mesi fà da Maurizio Landini al quotidiano Repubblica in cui lui stesso ammetteva quanto denuncio io sul disinteresse dei sindacati verso i lavoratori atipici e precari.
    Meglio così, che non sia una forma di “censura” ed in questo caso mi scuso per averlo supposto…anche se sinceramente se appare la dicitura “in attesa di moderazione” ed il commento non viene pubblicato non immagini si tratti di un filro automatico, avrebbe più senso apparisse una scritta in cui si eplicita che i commenti con link non verranno pubblicati, ma non è importante.

  • claudio

    nel merito di quanto osservavo della tua risposta è che ciò che rende oggi non più credibile delle posizioni di sinistra e sindacato in merito alla difesa dei diritti acquisiti non attiene alla ingiustificatezza de principio affermato 8che condiviso da tutti) ma dagli esiti/effetti prodotti negli ultimi 25 anni dove di fatto, che sia stato voluto o meno, ciò che è risultato è unadivisione tra inclusi ed esclusi da quei diritti. Certamente le colpe di ciò non sono attribuibili in toto a sindacato e sinstra (anche se di responsabilità ne hanno, come spiega bene anche lo stesso Landini nell’intervista a Repubblica che citavo) ed è il risultato di tanti fattori a partire dalle scelte dei vari governi a giuda Belusconi e della contrapposizione da lui stessa alimentata in materia per sostenere il proprio consenso. Tuttavia il punto è che oggi, nel 2014, lo “status quo”, anche se originato da intenzioni completamente diverse (la tutela di tutti i lavoratori), non può più essere accettato, come non è più ritenuto accettabile dai lavoratori precari e giovani (oramai nel frattempo diventata lka maggioranza assoluta di chi lavora) subordinare l’allargamento dei loro diritti al mantenimento di quelli esistenti (non perchè reputano sbagliato difendere quelli esistenti, ma perchè per decenni è stato ripetuto che l’estensione dei diritti passava dalla difesa di quelli acquisiti senza che poi si andasse mai oltre). Per questo l’atteggiamento di contrapposizone alla proposta del Governo Renzi è sbagliata, non perhcè sia sbagliata come principio ma perchè non è credibile dato che a portarla avanti sono le stesse forze e le stesse organizzazioni sindacali che non sono sttai capaci fino ad oggi (e parliamo di un arco temporale degli ultimi 25 anni) di fare qun passo avanti olter la difesa delle garanzie per chi è già incluso nel sistema di tutele. Il Governo Renzi forza la mano su questo aspetto proprio perchè sà bene che l’atteggiamento difensivo di sinistra e sindacati (come della sua opposizione interna nel PD) sarà visto dalla maggioranza dei cittadini come una mera difesa di casta (ed al di là delle intenzioni, di fatto in una non trascurabile misura – per effetto dei cambiamenti intercorsi nella società e nel mondo del lavoro – lo è diventata) rendendoli così ancora meno credibili e spendibili elettoralmente domani (o vogliamo ignorare che il consenso elettorale di SEL è ridotto al lumicino o quasi). Se non capiamo questo, che occorre accettare la sfida proposta dal governo misurandosi con i temi che pone.
    Ad esempio invece che difendere l’art. 18 avremmo potuto proporre al governo di sostenere il job act – accettando dunque che si superasse l’obbligo di reintegro ivi previsto – a condizione che per tutti i lavoratori, con qualsiasi contratto ed anche a partita iva se con unico committente fosse previsto un periodo di 6-9 mesi di sussidio statale in caso di perdita di occupazione, così da tutelare tutti nel primo periodo di inattività (mentre oggi chi gode dell’art. 18 usufruisce del ricorso al giudice, in ogni caso i lavoratori a tempo ideterminato usufruiscono degli ammortizzatori sociali, ma tutti gli altri – precari e quasi sempre giovani – nulla).
    Certamente per alcuni lavoratori alcune tutele si sarebbero ridotte (la possibilità di reintegro dell’art. 18, che comunque riguarda un numero di casi reali molto ridotti, e i sussidi a lungo termine per i lavoratori della grande industria che grazie alla contrattazione sindacati-governo finiscono per otetnere la cassa integrazione per periodi oggettivamente insensati; conosco casi che è stata erogata anche per 4-5 anni) ma le risorse risparmiate sarebbero state utilizzate per assicurare una copertura base a chi oggi non ne ha alcuna e non merita questo trattamento.
    Capisco che istintivamente verrebbe da pensare che l’alargamento dei diritti e delle tutele potrebbe essere fatto senza togliere niente di ciò che c’è già ma la realtà è che già il sistema di welfare attuale non si risce a sostenerlo perchè incide troppo rispetto alle entrate dello Stato che, nel caso italiano, è nche aggravato da un alto debito (circa oramai il 130% del PIL).
    Ovviamente si deve operare anche sul versante dell’aumento delle entrate ma per farlo l’unica strada è il recupero dall’evasione/elusione fiscale (dato che le imposte – per chi le paga – sono già troppo alte adesso ed aumentarle è inpensabile) e questa – anche nel caso del massimo impegno delle istituzioni pubbliche – richiederà almeno 4-5 anni per dare qualche risultato apprezzabile e non si può aspettare così tanto per dare diritti a chi è escluso.
    Anche l’altro cavallo di battaglia della sinistra, la patrimoniale sui redditi alti, è poco praticabile dato che i patrimoni immobili (gli unici facilmente tassabili) sono già tassati abbastanza (l’IMU, che continua a riguardare le seconde e successive case e la TASI, sono già delle forme di tassazione patrimoniale abbastanza “salate”) ed i patrimoni mobili, per la loro natura, se troppo tassati finiscono con l’essere spostati all’estero in paesi dove godono di un regime fiscale migliore e così invece che aumentare le entrate queste diminuiscono (ci ha provato Hollande in Francia, introducendo patrimoniale ed una tassa del 75% sui redditi alti, ed il risultato per le entrate francesi è stato disastroso…tant’è che adesso stanno tornando indietro).
    Per questo l’unica vera possibilità che – nel contesto dato – aveva (purtroppo temo l’abbia sprecata) la sinistra per non farsi chiudere in un angolo era di rilanciare anzichè arroccarsi..ma evidentemente il “riflesso pavloniano” ha avto ancora una volta la meglio sulla ragione; e non è un bene per nessuno.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Hanno lasciato la risposta automatica di Disqus. Anch’io a suo tempo pensai che mi stessero censurando, poi facendo qualche prova ho capito.

  • claudio

    Per quano riguarda il CAF in astratto hai ragione, ma la realtà è che la denuncia dei redditi per i dipendenti (essendo i lor redditi attestati dal datore di lavoro) è banale, talmente banale che non serve che qualcuno la faccia ma può essere direttamente pre-compilata dallo Stato (come da decenni avviene in Francia e Germania per esempio). Eppure in Italia solo adesso si introduce la denunzia dei redditi precompilata e non lo si è fatto prima proprio per assicurare in tanti anni questi trasferrimenti ai sindacati (11 euro a denuncia, per oltre un miliardo di euro annui complessivi) che erano erogati solo formalmente per un servizio dato che quel servizio era del tutto inutile ed inesistente (si trattava sostanzialmete solo di ri-scrivere dei dati già in possesso dello Stato).
    Per quanto riguarda i distacchi sindacali anche in questo caso in astratto hai ragione ma la realtà è che negli anni lo Stato ha tollerato tantissi (qualche migliaio) di distacchi ed una quantità ingiustificata di permessi sindacali nel pubblico impiego pur sapendo benissimo che questi non servivano per la rappresentanza dei lavoratori ma per consentire il funzionamento amministrativo “a costo zero” dei sindacati (dato che i distaccati percepiscono lo stipendio dello Stato). Ma il funzionamento amministrativo di un’organizzazione sindacale attiene solo agli iscritti (che ne beneficiano) e dunque dovrebbe essere a carico loro (attraverso le quote contributive) e non indirettamente della collettività che paga un dipendente pubblico affinchè svolga dei servizi e non per essere distaccato (o essere spesso in permesso) a lavorare in un’ente privato (qual’è un sindacato). Certamente il confine tra l’erogazione di un servizio effettivo o meno, come tra l’esercizio delle funzioni sindacali o meno non è così netto ed è pacifico che il sindacato abbia anche erogato servizi utili (come ad esempio calcolare l’ISE che è complesso e un cittadino non sempre è in grado di farlo) e svloto attività sindacale con i distacchi ed i permessi, ma non lo ha fatto sempre ed anzi ha sempre più accettato (anche perchè ne aveva bisogno avendo difficoltà di bilancio) questa “contribuzione fittizia” da parte di uno Stato nel migliore dei casi distratto e sprecone e nel peggiore corruttore (pensando cioè di “coprare” un pò di benevolenza sindacale con questi aiuti).

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Io trovo normale che il sindacato tuteli per primi i suoi iscritti: è un’associazione di lavoratori, che si mettono insieme per contare qualcosa, se uno non vuole associarsi non può pretendere che l’associazione lo tuteli. Su questo punto non mi hai risposto: è vero o non è vero che la maggioranza dei precari NON si iscrive al sindacato e NON partecipa alle sue iniziative?
    Perché qualche iniziativa per contrastare il precariato è stata fatta, e neanche i diretti interessati hanno partecipato (toccato con mano), tanto meno i colleghi a tempo indeterminato, ovviamente.
    E’ vero che non ci sono i soldi per tutelare tutti con redditi di cittadinanza o similari, proprio per questo il lavoro deve essere stabile, non precario. Non sarebbe meglio reintegrare l’art. 18 com’era prima della riforma Fornero, e estenderlo anche alle ditte sotto i 15 dipendenti? Eliminando le altre forme di contratto, si avrebbe l’effetto immediato di rendere stabili tutti i lavoratori.
    Immagino che l’obiezione a questo discorso ruoti attorno al fatto che in questo modo non si attirano investimenti, la risposta è semplice: chi vuole “investire” utilizzando lavoratori precari non è un imprenditore, è uno sfruttatore, e l’Italia può volentieri fare a meno di “investimenti” simili. E qui mi collego al tuo discorso sulla cassa integrazione, un’altra faccia della disonestà dell’imprenditore, e sono d’accordo con te: la cassa in deroga va abolita, è solo un modo per i padroni di socializzare le perdite quando le cose vanno male (quando vanno bene però i soldi se li tengono loro) e neanche sempre, le grandi aziende lo fanno anche quando non c’è crisi.
    Infine, non è vero che la maggioranza dei lavoratori in Italia sono precari. Su questo sito c’è un articolo (non ti posso mettere il link, si intitola “Senato, Sel e M5S abbandonano commissione Lavoro: governo vuole delega in bianco. Cgia: poche le imprese interessate all’art. 18”) che spiega come i dati della CGIA dimostrino l’esatto contrario (e obiettivamente, basta fare due conti spannometrici, che non riporto per brevità, per rendersi conto che i dipendenti di aziende sopra 15 dipendenti sono la grande maggioranza).

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Il problema quindi è l’abuso, non il principio. Bisogna combattere gli abusi senza buttar via il principio.

  • claudio

    Facendo due conti invece credo che le cose stiano diversamente.
    Dalla stessa fonte che tu citi puoi vedere che i lavoratori dipendenti delle aziende sopra i 15 dipendenti (quelli che godono di maggiori tutele sia in termni di sussidi di disoccuapzione che di stabilità lavorativa essendo coperti dall’art. 18) sono circa 6.507.000.
    Se a questi sommi dipendenti stabili della PA (che comunque godono di tutele del tutto corrispondenti, se non maggiori, di quelle dei dipendenti sopra indicati) che sono circa 3.000.000 (330.000 invece sono dipendneti della PA precari) arriviamo ad un totale di circa 9.507.000 lavoratori su circa 14.565.000 dei totali in Italia (dati Istati).
    Dunque per differenza ottieni i dipendenti “non tutelati” che risultano quindi circa 4.758.000 ai quali aggiungere le cds. “partite iva” che attualmente sono circa 5.000.000 ed i 330.000 precari della PA per un totale di 10.088.000 lavoratori che non godo di tutele.
    Come vedi sono oramai, anche se non di molto (la differenza è poco più di 500.000 unità), i “lavoratori non tutelati” sono la maggioranza e se consideri che circa il 75% di questi ha meno di 40 anni puoi facilmente comprendere che questa “forchetta” non può che essere destinata ad aumentare nei prossimi anni.

  • claudio

    Per quanto riguarda il ruolo dei sindacati sono daccordo con te che è normale tuteli i suoi iscritti ma allora in questo caso non può parlare – come invece fà – a nome del mondo del lavoro e considerarsi e pretendere di essere trattato come “parte sociale” privilegiata nelle trattative. Se si occupa dei suoi iscritti allora è solamente un’associazioen di categoria e non altro e non ha alcun “peso specifico” diverso dal suo nummero di iscritti che come puoi ben intuire (anche dai dati che ho spra riportato) non comprende certo la maggioranza dei lavoratori.
    Tuttavia al di la del sindacato che ha un pò forzato la mano assumendo un ruolo maggiore a quello reale la colpa è soprattutto dei governi passati (specie quelli di centrosinistra) che hanno sempre legittimato quel ruolo e soprattutto dela sinistra che si appoggia da sempre ai sindacati (specie la CGIL) in materia di lavoro.
    Il fatto è che semplicemente 25/30 anni fà la parte di lavoratori rappresentata dai sindacati era la larga maggioranza del totale e dunque le posizioni sindacali tendevano a coincidere con quella del mondo del lavoro “tout court” mentre oggi non è più così ed anzi oramai la maggioranza dei alvoratori ha problemi e necessità che il sindacato non rappresenta e che dunque devono trovare una rappresentanza diversa, innanzitutto politica. E dato che questi lavoratori sono anche i meno tutelati non si capisce proprio perchè non sia la sinistra a rappresentarli emancipandosi dalle posizioni sindacali dato che sono divergenti rispetto ai bisogni di questa parte (oramai maggioritaria) del mondo del lavoro.
    Nel merito delle ragioni per cui i precari non si iscrivono al sindacato è perchè questi non li rappresenta. Capisco che ciò diventi un circolo vizioso ma sinceramente tar un’organizzazione strutturata ed una miriade di individui (come sono i lavoratori NON sindacalizzati) la parte debole sono quest’ultimi a cui non si può chiedere di pagare delle quote associative ed impegnare il proprio tempo e sostenere vertenze nella speranza che un domani il sindacato a cui si sono iscritti si occupi anche di loro. Doveva essere il sindacato, forte anche della sua posizione concertativa nei tavoli governativi a occuparsi anche di loro, se lo avesse fatto poi allora molti dei precari si sarebbero iscritti sicuramente. Invece (lo ha candidamente ammesso anche Landini nell’intervista che ti citavo, dal titolo “Landini: il sindacato è morto se non cambia. Grave crisi di rappresentanza” del 8 novembre 2013) ogni volta che il sindacato si è trovato a concertare con il Governo, nelle stanze di compensazione, ha sempre scambiato il mantenimento delle tutele ai lavoratori stabili che rappresentava accettando che si scaricasse sui precari tutti i costi di quelle scelte (in termni di maggiori tasse o contributi ad esempio e di nuove forme contrattuali non tutelate ed intermittenti) d.
    Ovviamente è stato legittimo farlo da parte del sindacato ma avendolo fatto come può pensare di essere credibile per chi non è tutelato e soprattutto perchè la sinistra continua a seguirlo invece che assumere una propria direzione politica distinta.
    La verità è che la sinistra è rimasta subalterna al sindacato perchè (la maggioranza della sua classe dirigente ed in particolare quella apicale) culturalmente e politicamente mediocre, incapace di capire e di misurarsi con i cambiamenti della società, incapace di una propria visione e per questo costretta a “prendere a prestito” quella di altri.
    Per questo io in questo momento stò con Renzi, non perchè mi piaccia particolarmente (anzi nutro su di lui diversi dubbi) ma perchè è un elemento di rottura che costringe tutti – anche la sinistra – ad abbandonare le proprie rendite di posizione ed a rinnovarsi, come idee e come classe dirigente (davvero obsoleta). E siccome, pur di sinistra, sono oramai orfano perchè gli attuali partiti che ad essa si richiamano (anche SEL) non mi rappresentano più, l’unica possibilità che mi resta, avendo la sinistra dimostrato di non essere capace di rinnovarsi da sola, è sostenere chi da fuori la costringerà a farlo.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Grazie, se includi anche le partite IVA per forza. Mica sono tutti precari, tanti sono professionisti, non puoi considerarli come dipendenti. Che la tendenza sia quella invece non mi stupisce di certo.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Non sono d’accordo sul fatto che siccome la maggioranza dei lavoratori non è iscritta al sindacato, questo non li rappresenta. E’ come il voto: chi si astiene rinuncia ad essere rappresentato. La nostra Costituzione immagina i sindacati come rappresentativi in ragione delle loro tessere. Dico “immagina” perché quella parte non è mai stata tradotta in legge, come forse saprai. Guarda caso, è sempre stata la CGIL a spingere su questo, perché CISL e UIL, essendo minoranza, avevano tutto da perdere, ma converrai che democraticamente il principio costituzionale è giusto.

    Penso anche che si può pretendere eccome l’impegno da parte dei diretti interessati. Penso alla generazione dei nostri nonni, non avevano un soldo in tasca e nessun diritto, ma hanno dovuto sbattersi loro, in prima persona, per ottenere le conquiste che adesso il tuo bel Renzi sta buttando alle ortiche. E’ vero che al tempo c’era più lavoro, ma molti hanno avuto vita dura per la coerenza delle loro lotte.
    Detto questo, non è che non critichi anch’io la CGIL (CISL e UIL non li considero nemmeno, per me non sono sindacati, ma una specie di mafia del lavoro che scambia tessere per favori e privilegi), ha fatto parecchi errori, specie da quando c’è Camusso. Anch’io ho notato che a volte si impunta su posizioni ingiuste (penso agli esodati, quando pretendeva per loro la pensione anticipata e rifiutava un possibile proseguimento del lavoro fino all’età pensionabile. Perché io dovrei andare in lavoro a 70 anni e loro no? In questo caso è evidente la tutela di un privilegio acquisito, non di un diritto), ma penso anche che un mondo del lavoro senza sindacati o con sindacati irrilevanti sarebbe un mondo del lavoro profondamento ingiusto.

  • claudio

    Mi rendo conto che corro il rischio di essere frainteso e questo mi dispiacerebbe e non ci aiuterebbe (non solo io e te Detestor ma anche chi eventualmente legge) nella riflessione che stiamo facendo.
    Sono perfettamente daccordo con te i lavoratori devono essere rappresentati, che è necessario siano rappresentati da associazioni di categoria come i Sindacati che sono indispensabili. Senza di essi i lavoratori sarebbero più deboli ed il mondo del lavoro una più ingiusto.
    Ciò che contesto è che le attuali organizzazioni sindacali (anche la CGIL) si sono limitate e si limitano a tutelare una determinata categoria di lavorati: quelli con contratto atemnpo indeterminato assunti in aziende con oltre 15 dipendenti e/o nella Pubblica Amministrazione).
    Una categoria di lavoratori che oggi (diversamente da 25/30 anni fà) è oramai poco meno della metà dei lavoratori totali in Italia mentre l’altra metà non è rappresentata da nessuno e ad essa (anche per le scelte compiute dal sindacato nella concertazione governativa) è stato fatto pagare per intero il “costo” del mantenimento dei diritti acquisiti da chi già li aveva (le categorie rappresentate dai sindacati), lasciandoli privi di ogni tutela (niente cassa integrazione, niente malattia, niente ferie, una pensione ridicola a fronte di oneri contributivi molto alti, etc.) e PRECARI (assunti con contratti atipici ed a tempo determinato di breve durata).
    Ciò è accaduto perchè le risorse economiche pubbliche per un allargamento dei diritti non c’erano, anzi erano insufficienti anche per mantenere integralmente quelli acquisiti (o pensi che le varie riforme delle pensioni, al di là di singoli aspetti, siano state fatte semplicemnte per sadismo da parte dei ministri e dei governi che si sono succeduti e non perchè il sistema previdenziale stava collassando?…ovvero perchè non c’erano risorse sufficienti ad assicurare i diritti dati/acquisiti?). Idem con l’introduzione di nuove forme contrattuali “atipiche” che si sono rese necessarie perchè è cambiato il mondo del lavoro (al netto di forzature, anche in questo caso, pensi davvero che sia semplicemnte una forma di sadismo se sono sttai introdotti? o dipende dal fatto che oggi la produzione avviene con tempi e modalità diverse da quelle dell’era cosiddetta “fordista” dove si produceva sempre a ritmo costante accumulando enormi riserve che sarebbero poi state smaltite nel tempo? ti ricordi le “piazze d’armi” di centinaia di auto fuori dalle concessionarie…tipiche dell’era fordista?..le vedi ancora o oggi si và dal concessionario, si sceglie modello, accessori e colore ed in 15 gg. ti arriva la macchina prodotta al momento, in gergo tecnico “just in time”?….in questo nuovo sistema di produzione, ineluttabile perchè si è imposto a livello mondiale e l’Italia da sola non può certo cambiarlo, e che non rigiuarda solo le auto ma tutto il mercato…la produzione è diventata intermittente, con picchi stagionali per alcuni segmenti e dunque il personale non serve più in modo continuativo e non si possono tenere lavoratori assunti quando non c’è lavoro perchè altrimenti si dovrebbe aumentare il costo del prodotto finito e non si sarebbe più competitivi. Certamente questa è una semplificazione ma pe rdirti che purtroppo in parte almeno la “flessibilità lavorativa” è ineluttabile, come è ineluttabile cambiare posto di lavoro nel tempo perchè il “ciclo di vita” di un’azienda oggi è molto più corto, le aziende che mantengono la stessa produzione con gli stessi metpodi ed organizzazione per 10-15 anni sono oramai poche, la maggioranz acambia prima per non soccombere).
    Tuttavia ciò che non è stato fatto è – a fronte di questi cambiamenti – di ri-allineare tutto il mercato del lavoro assicurando a TUTTI i lavoratori una pari opportunità in entrata ma si è preferito lasciare alcuni “più uguali degli altri”. Lo si è fatto sicuramente – almeno all’inizio (25/20 anni fà) con buone intenzioni (la convinzione che salvaguardare quei diritti avrebbe permesso di avere una base su cui estendergli agli altri) – ma poi semplicemnte (ultimi 10-5 anni) si è fatto una scelta “cinica” di difesa dei tesserati (da parte dei sindacati) e dei prorpi iscritti (i partiti di sinistra) che non a caso sono diminuiti sempre più (gli iscritti al sindacato da una parte, gli elettori di sinistra dall’altra) proprio perchè non c’era più ricambio; rappresentando solo i “vecchi” e non “i govani” (mi permetterai questa eccessiva semplificazione per dare un’idea) ogni vokta che qualcuno di loro ci lasciava, non veniva ricambiato da chi entrava dato che questi non essendo in alcun modo preso in considerazione/aiutato/rappresentato né dai sindacati né dai partiti di sinistra NON si iscriveva al sindacato e non votava a sinistra. Quello che chiami “bel Renzi” (che non è il mio, ti ho spiegato sopra il mio punto di vista che ti prego di non banalizzare) non stà buttando alle ortiche un bel niente e questo il punto, alle “ortiche” è stato buttato da sindacati e partiti di sinistra che per la mancanza di coraggio di avviare dei cambiamenti progressivi quando ancora era tempo (15/10 anni fà) adesso hanno reso ineluttabile una contrapposizione che sarà meno indolore di una stagione di riforme fatta per tempo. Renzi non è il mandante di niente è solo un “esecutore testamentario” di una sinistra e di un sindacato che hanno fatto il loro tempo e che DEVONO rinnovarsi (e per farlo devono essere sfrattati gli attuali “inquilini”) altrimenti scompariranno definitivamente.

  • claudio

    no Detestor i liberi professionisti (le partite iva iscritte ai rispettivi ordini professionali) sono circa 1.300.000 in Italia mentre gli altri sono lavoratori autonomi (commercianti, piccoli artigiani, professioni tecniche non tutelate, etc.) e le cds “false partite iva”, ovvero da coloro che pur essendo formalmente autonomi in realtà hanno un unico commitetnte ed operano di fatto come dei lavoratori subordinati.
    E ad ogni modo non credi che comunque anche queste persone abbiano diritto ad alcune tutele in caso di malattia o infortunio o perdita di lavoro? anche del 1.300.000 iscritti ad ordini professionali oramai poco più del 30% ha buoni redditi/entrate, gli altri navigano a vista e pur essendo nella larga maggioranza laueati guadagnano alla fine del mese 800/1.000 euro spesso alle dipendenze – anche se con partita iva – di altri e possono veder interrotto il loro rapporto di lavoro in qualsiasi momento. Chi produce reddito autonomamente per quale ragione non deve essere considerato un lavoratore come gli altri e dunque con dei diritti? Davvero credi che solo la categoria dei “diendenti” sia oggi debole nei confronti delle dinamiche economiche, sia la sola ad essere “sfruttata” o ad essere fragile? Non è così anzi spesso – oramai – è il contrario.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    La soluzione è fare in modo che queste “finte partite IVA” vengano assunte come dipendenti, mi pare ovvio, non togliere le tutele a chi le ha, togliendo anche agli altri la speranza di averle un giorno.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    No, non sono d’accordo sull’ “ineluttabilità” della flessibilità lavorativa. Se un imprenditore assume un dipendente, se ne prende carico fino alla fine, punto. Il resto sono chiacchiere degli imprenditori “chiagne e fotte”, a cui importa semplicemente sfruttare al massimo le persone finché servono e buttarle via quando non servono più. Queste cose le vedo e le tocco nella mia vita lavorativa, non è un pregiudizio mio idelogico.
    E’ vero che la globalizzazione ha portato a un abbassamento delle condizioni lavorative dappertutto, ma su questo servirebbero politiche lavorative diverse, e sono discorsi che esulano dall’art. 18, si tratterebbe di investire su tutt’altro rispetto alla produzione industriale classica, sulla quale siamo sostituibili con i cinesi, per esempio su agricoltura, ricerca e turismo, ma forse sto andando fuori tema.

  • claudio

    No non stai andando fuori tema anche perchè il tema è molto complesso ed include anche l’arretratezza imprenditoriale italiana (che non ha investi e non investe in innovazione e nei settori dove potrebbe essere maggiormente competitiva) che tu giustamente sottolinei.
    Tuttavia, credimi, la realtà è piuttosto complessa e se è vero che una parte del mondo imprenditoriale vuole la riduzione di tutele come l’art. 18 per avere “mano libera” pensando – in modo del tutto sbagliato, oltre che immorale e crudele – che possano tornare competitive abbassando il costo dei lavoratori è altrettanto vero che un imprenditore non può farsi carico dell’intera vita lavorativa di un dipendente che è mediamente molto più lunga di quella di una produzione. Oggigiorno i prodotti e le tecniche produttive cambiano rapidamente e nel giro di pochi anni oramai le aziende devono completamente rinnovarsi e spesso cambiare segmento produttivo per continuare ad stare su un mercato globale oggi molto competitivo (dato che spostare le merci da un continente ad un’altro costa relativamente poco oramai). Con questo aspetto dobbiamo farci i conti non tanto per aiutare gli imprenditori quanto per aiutare i lavoratori che se non supportati in uscita rischiano di restare poi fuori dal mercato del lavoro. Ad oggi l’unica – errata – azione che viene svolta è quella di tutelare il posto di lavoro attraverso la concessione di sussidi (cassa integrazione) per accompagnare il lavoratore alla pensione anche se l’azienda oramai non ha alcuna possibilità di tornare ad essere produttiva/competitiva. Si scarica cioè sulla collettività (attraverso i contributi) l’onere di mantenere quei posti di lavoro che – senza l’aiuto dello stato – l’azienda (non più competitiva) eliminerebbe chiudendo l’attività. Tuttavia essendo questa un’azione molto costosa (ed in crescente aumento) lo Stato per portarla avanti finisce con l’utilizzare tutte le risorse che dispone e così non fà niente invece per chi non ha tutele o perde definitivamente il lavoro (precario). Oggigiorno il sostegno dello Stato/collettività (necessario e moralmente giusto) dovrebbe passare dalla difesa del posto di lavoro al sostegno al lavoratore accompagnandolo nei momenti di difficoltà come quando perde il lavoro e soprattutto dovrebbe aiutarlo a ri-formarsi ad imparare una nuova abilità (quando quella attuale non è più spendibile). E questo dovrebbe valere per tutti i lavoratori, dipendenti e non, perchè se siamo uguali nei doveri (e lo siamo, dato che le partite IVA ad esempio pagamno contributi e tasse molto alte) allora dobbiamo esserlo anche nei diritti. Non trovi? Oggi i giovani per lavorare passano da un’occupazione ad un’altra imparando continuamente cose diverse, formandosi continuamente. Mi spieghi invece cosa c’è di etico a conservare per i dipendneti anziani lo stesso posto di lavoro, la stessa mansione (attraverso la cassa integrazione) anche se quell’attività è diventata improduttiva? Mi dici perchè i sindacati privilegiano questo tipo di soluzione – COSTOSISSIMA ed a perdere (dato che non innesca alcun rilancio aziendale) – anche se assorbe tutte le (poche) risorse dello attuali dello Stato anziche spostare l’attenzione sulla persona (secondo il modello dei paesi dle Nord)? Questo è il punto e lo è nel contetso dato non in una condizione astratta ideale che tutti vorremmo ma non c’è. Oggi i lavoratori sono divisi tra inclusi (poco meno della metà ed in diminuzione) ed esclusi (poco più della metà ed in aumento), cosa vogliamo fare? Difendere questo stato di cose. Poi certo che stiamo parlando di cambiamenti dolorosi e che porteranno anche a delle ulteriori ingiustizie (mica chi è attualmente tutelato è un vagabondo o non rischia il suo posto di lavoro se non avesse le tutele che ha, lo rischia eccome in diversi casi dove gli imprenditori sono solo degli sfruttatori che pensano fi usare e gettare le persone a piacimento) ma è forse allora meno “ingiusto” condannare i giovani di oggi e di domani alla TOTALE PRECARIETA’? io dico di no e solo se avremo il coraggio – come sinistra – di accettare che adesso le risorse e le tutele che ci sono siano RIDISTRIBUITE tra tutti i lavoratori allora si potrà ri-costuire un fronte ampio di persone che potranno da domani lottare fianco a fianco per un’estensione dei diritti. Continuando così invece amplificheremo un afrattura che per la sinistra stà diventando la VORAGINE che la inghiottirà definitivamente.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Come ti dicevo, non sempre il sindacato la azzecca. Sulla cassa integrazione sono d’accordo con te, spesso è un modo per tenere aperte artificialmente aziende che dovrebbero chiudere, senza contare che in certe aziende i dipendenti li fanno lavorare DURANTE la cassa integrazione, inaccettabile, primo perché significa che la crisi è finta, secondo perché significa che lavorano pagati dallo stato per ingrassare un privato. Anche questo l’ho toccato con mano, quindi con me sfondi una porta aperta su questo argomento. Hai ragione quando parli di ridistribuire le risorse, ma non quando vuoi “ridistribuire” le tutele. Infatti, le risorse (i soldi) sono un concetto quantificabile, ne hai un tot e quelli devono bastare per tutti, i diritti e le tutele invece non sono una quantità finita da distribuire, basta estenderli a chi non le ha. Tu mi dici, come facciamo con il “nuovo” mondo del lavoro? Intanto bisogna che le competenze del lavoratore siano molteplici (tramite corsi e aggiornamenti) in modo che se una produzione finisce non è che si lascia a spasso il lavoratore e nemmeno lo si tiene a fare nulla. Il lavoratore deve diventare adattabile, come mansioni (che non vuol dire demansionabile, come vuole fare Renzi). Se anche questo non basterà, vorrà dire che sarà il “nuovo” mondo del lavoro a piegarsi alle leggi italiane, e non il viceversa. Non ti va bene, caro imprenditore? Tanti saluti, non abbiamo bisogno di negrieri. E qui si torna a quel che dicevo: valorizzare e sviluppare ciò in cui non siamo sostituibili, gli ambiti in cui siamo noi a tenere il coltello dalla parte del manico e non imprese di banditi schiavisti. Che vadano in Cina, se là li vogliono (ma fino a quando? Si stancheranno anche là, prima o dopo, personalmente non vedo l’ora).

  • claudio

    Stà diventando un confronto interessante che merita di essere sviluppato.
    Molte delle cose che dici le condivido in via di principio ma c’è un “dstacco” tra piano relae e piano ideale che dobbiamo trovare il modo di superare, cercando di favorire un avvicinamento reciproco dei due piani e non semplicemente (come tende di più a fare una parte della sinistra) forzando per uno spostamento unilaterale del piano reale verso quello ideale (che auspichiamo).
    Faccio un esempio per spiegare questo aspetto.
    Giustamente dici “sarà il nuovo mondo del lavoro a piegarsi alle leggi italiane, e non
    il viceversa. Non ti va bene, caro imprenditore? Tanti saluti, non
    abbiamo bisogno di negrieri”. Affermazione giusta in principio ma nella realtà si può essere così “netti” senza danneggiare proprio chi vorremmo tiutelare (i lavoratori)?
    Abbiamo così tanti imprenditori da poterci permettere una “selezione qualitativa” così rigorosa come quella conseguente alla tua affermazione (che di principio condivido) senza ri-trovarci con una quantità di disoccupati impressionante? Hai ragione che dovbbiamo “valorizzare e sviluppare ciò in cui non siamo sostituibili, gli ambiti
    in cui siamo noi a tenere il coltello dalla parte del manico”, ma se gli imprenditori che lo fanno sono solo una minoranza che facciamo chiudiamo tutte le alter aziende? e chi si propone di sostituirli lo Stato? Ci siamo dimenticati di quanto la “gestione statale” dell’impresa sia stata fallimentare in Italia, quanto debito ha prodotto? In alternativa – questa si che sarebbe praticabile – dovrebbero essere i lavoratori stessi ad assumere il “rischio di impresa” costituendosi in impresa. Ma ad oggi, nonostante le leggi vigenti in materia di “cooperazione imprenditoriale” offrano un regime fiscale decisamente favorevole, mi dici quanti sono i lavoratoriche ha hanno scelti di costituire imprese cooperative? Pochissimi, e la maggior parte non per iniziativa dei lavoratori ma di qualche imprenditore che così sfrutta un regime fiscale più vantaggioso ma che di cooperativistico ha ben poco. Ma la colpa di ciò davvero è imputabile tutta ai “brutti, sporchi e cattivi” imprenditori o ce l’hanno soprattutot i lavoratori? Chi impedisce TUTTI i lavoratori d’Italia di non lavorare come dipendenti ma come soci-lavoratori costituendo cooperative di produzione in concorrenza alle aziende di tipo imprenditoriale? Lo impedisce la scarsa propensione al “rischio d’impresa” dei lavoratori che non sono quais mai in grado di avere risorse economiche disponibili sufficienti ad avviare un’attività e non possono permettersi di non percepire lo stipendio per diversi mesi perchè magari l’attività in quel momento non produce utili. Occorre dunue un capitale da investire e di correre il rischio di perderlo. Vorremmmo dunque cosa che qualcuno (o anche la collettività) ceda a terzi le proprie risorse/capitale affinchè questi possano ottenere un reddito senza correre rischi? Ma questa è filantropia e non può essere imposta, non in uno Stato di diritto. Ergo gli imprenditori, anche se non ci piacciono servono e dunque si deve trovare un punto di equilibrio tra le istanze dei lavoratori e quelle dell’impresa. Se in qesto contesto storico le produzioni e dunque le aziende non permettono di mantenere per tutto l’arco di vita lavorativa di un dipendente alla stessa specifica mansione e se per aver ignorato troppo a lungo questa realtà al punto di aver fatto lievitare (fino a diventare maggioranza) il lavoro precario allora occorre assecondare e non contrastare l’uscita da una mansione e compensarla con un sistema di tutele che accompagni il lavoratore verso un diverso e nuovo posto di lavoro. Non farlo significa correre il rischio che in un’impresa anzichè ri-strutturarsi fallisca perchè la rigidità contrattuale non gli permette di adeguare il proprio organico alle nuove esigenze produttive. Ovviamente una rivisitazione delle norme in materia di licenziamento così fatte aprirà anche a degli abusi ma in non adottarle porta le imprese a implodere o a sopravvivere solo grazie alla contribuzione dello Stato sotto forma di cassa integrazione. In entrambi i casi i soldi che lo Stato continuerà ad impiegare così (e non potrà fare diversamente perchè non può certo lasciar fallire tutte le grandi imprese in difficoltà e se da un lato non gli consente di ristrutturasi attraverso norme più snelle sui licenziamenti allora non può che sostenerle economicamente) assorbiranno tutto il budget disponibile da investire in questo ambito e così NULLA si continuerà a fare per aiutare i lavoratori a stabilizzarsi o a ritrovare un posto di lavoro se lo perdono. Mantenendo lo status-quo rallenteremo solo un processo degenerativo a costo di non agire per nulla sul fronte dell’innovazione e dunque non facendo nulla per cambiare le cose in futuro. Continuare come stiamo facendo è come per una squadra di calcio praticare il “catenaccio” quando a metà campionato è ultima in classifica. Che utilità può avere? Una sola, a far finire la “stagione” ai calciatori della quadra ai quali non frega nulla se retrocederanno alla fine del campionato perchè il loro contratto scade alla fine dell’anno e l’unica cosa che gli importa è non farsi male, non correre rischi d’infortunio. Questa è la situazione e quetso è il punto a cui siamo. Ed è da questo piano relae che dobbiamo costruire, anche se non ci piace.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Di imprenditori ne abbiamo tanti, ma davvero tanti, siamo pieni dei cosiddetti “padroncini”, davvero ci servono tutti? Si fanno concorrenza fra di loro ovviamente, ed essendo tanti ne soffrono, per poi piangere perché lo Stato, a detta loro, non gli permette di vivere. Non li sfiora neanche l’idea che la loro impresa, l’ennesima che fa lo stesso lavoro delle altre, non dovrebbe esistere, e che dovrebbero trovare un’idea originale o rassegnarsi a lavorare sotto padrone. Quindi, secondo me un minimo di “selezione qualitativa” possiamo permetterci di farla.
    All’altra tua critica, dove mi dici che lo Stato non può sostituirsi a parte dell’impresa privata, la mia risposta è simile a quella che ti ho dato sul sindacato: non è che siccome lo Stato finora non si è comportato al meglio debba continuare a farlo. L’idea che lo Stato si sostituisca a certa impresa (mi viene in mente la FIAT, che con tutti i soldi che ha ricevuto dalla comunità si può considerare a pieno titolo proprietà della comunità, quella per esempio la esproprierei subito) non è sbagliata, certo ci vuole impegno e voglia di fare le cose seriamente, altrimenti hai ragione tu.
    In un quadro del genere, lo Stato potrebbe permettersi eccome di “far fallire” le imprese fuori mercato (in realtà sono loro che falliscono per conto loro) non foraggiandole con l’odiosa cassa integrazione (che fra l’altro è deprecabile anche per il fatto che è usufruibile solo dalle grandi aziende, creando disparità nei confronti del piccolo imprenditore).
    Nel frattempo, si potenzia quel che abbiamo di “nostro” (come dicevo, ricerca, agricoltura, artigianato di livello, turismo, risorse queste si uniche che il mondo ci invidia, le guarnizioni le sanno fare tutti) e lo si fa pagare caro agli stranieri (del tipo vuoi vedere il Colosseo? Sono 20 euro, se no puoi tornartene a guardare l’Empire State Building, che non è esattamente la stessa cosa). Abbiamo il 90% di tutta l’arte del mondo sul nostro territorio, vogliamo sfruttarla un po’? O andiamo avanti a fare bulloni?

  • claudio

    no su questo hai ragione, l’Italia può fare ben altro che i bulloni, ma anche in questo campo – pr avendo un vantaggio ampio sugli altri – non tutto è facile come sembra ed è possibile attrarre turismo solo se si riesce a farlo a prezzi ragionevoli ed offrendo servizi di qualità (occorre dunque investire perchè attualmente la nostra offerta è mediocre) come dimostra la perdita costante di quote di mercato che l’Italia subisce da diversi anni nel turismo che sempre più si sposta verso altri paesi europeei (Francia e Spagna in primis) con un’accoglienza dal miglior rapporto qualità/prezzo. Diversamente di imprese ne abbiamo poche. Di padroncini, hai ragione, ne abbiamo fin troppi, ma quelle non sono imprese, sono micro-attività che per loro natura non possono crescere – salvo eccezioni – perchè la loro forza (una struttuta gestionale unipersonale che permette un’ottima sincronia tra imput ed otput) è anche la loro debolezza (sono condannate al “nanismo” perchè mai l’imprenditore/padrone cederebbe a terzi parte del potere direzionale). Per quanto riguarda il ruolo dello Stato e dell’obbiezione che gli errori del passato non necessariamente caratterizzeranno il futuro il tuo ragionamento è condivisibile in astratto ma poco realistico. Poco relistico perchè si poggia su un presupposto difficilmente realizzabile, ovvero che chi assume il potere agisca solo per il bene della collettività. Certamente può accadere una tale condizione ma la statitista, ovvero la comparazione dei dati storici, ci dicono che questo è quasi impossibile e diventa sempre meno possibile più aumenta la popolazione (per la legge dei grandi numeri). Purtroppo gli esseri umani sono oltre che fallibili, portati all’auto-conservazione e quando l’arbitrio gli consente di prendere delle decisioni che li possono avvantaggiare tendono a farlo anche se quella scelta sarà dannosa per gli altri. Per questa ragione praticamente tutte le più moderne teorie politiche concordano sull’ineluttabilità di tali effeti e che questi possono essere solo contenuti attraverso un ricambio periodico della classe dirigente, ovvero contrastando un’eccessivo consolidamento del potere che – generalmente – và di pai passo con l’aumento dell’arbitrio. Ciò stante puoi ben capire che se chi detiene il potere politico potesse esercitare l’arbitrio non solo su decisioni delle quali personalmente può solo marginalmente avvantaggiarsi (come le decisioni pubbliche che attengono a questioni non direttamente economiche) ma anche su decisioni che direttamente attengono alal produzione di ricchezza (com’è un’attività produttiva di mercato) allora le degenerazioni sarebbero con ogni probabilità molto rilevanti. Come è sempre accaduto in passato e continua ad accadere nel presente in Stati dove si “socializza” la produzione.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Mah, io invece il turismo lo farei pagare salato (agli stranieri), la torre di Pisa c’è solo da noi e secondo me il turismo straniero è disposto a pagare per vederla. Certo, servizi e infrastrutture devono essere all’altezza, come dicevo bisogna investire.
    Sul discorso del lavoro in mano allo Stato non condivido l’obiezione. Se partiamo dal tuo presupposto, non dovremmo proprio fidarci delle istituzione a prescindere, e mi sembra un ragionamento pericoloso. E poi, a fronte del rischio che prefiguri, non è che attualmente siamo messi meglio: la buona parte dell’imprenditoria in Italia (italiana e straniera) è composta da farabutti che perseguono il loro scopo (il massimo del profitto) con ogni mezzo, etico e non, legale e non, per non parlare della piaga dell’evasione fiscale. Peggiorare da questo punto mi sembra difficile, se il lavoro è in mano allo Stato è tendenzialmente più tutelato, e i profitti vengono reinvestiti nella comunità (o aiutano a ridurre le tasse) al posto di finire nelle tasche di pochi padroni senza scrupoli.

  • claudio

    Vedi la differenza sostanziale è che un conto è perseguire uno scopo “particolare/privato” utilizzando e rischiando capitali privati propri e un conto è farlo con i soldi dei contribuenti. Non è la stessa cosa. I soldi dei contribuenti devono servire per assicurare i servizi di carattere generale di cui tutti i cittadini beneficiano senza distinzione. Assicurare i servizi sanitari, l’istruzione, le infrastrutture, la sicurezza, come tutelare chi è più disagiato (o non in grado di produrre reddito autonomamente perchè inabile o troppo anziano) è compito dello Stato (e viene perseguito attraverso la contribuzione/fiscalità generale) ma non produrre beni e servizi di “consumo”.
    In astratto i “mezzi di produzione” in mano allo Stato dovrebbero assicurare maggiori tutele e soprattutto dovrebbero garantire una maggiore re-distribuzione delle risorse (non perseguendo lo Stato fini di lucro e dunque non trattenendo il plus-valore come invece fà il privato), ma nella realtà nessun tentativo in tal senso fatto fino ad oggi, nei paesi avanzati come in quelli in via di sviluppo, ha funzionato. Quando lo Stato inizia a produrre il risultato è un grado tale di inefficienza, di scadenza della produzione, di assunzioni e promozioni talmente ingiustificate ed avulse dalle reali esigenze della produzione che si il bilancio tra risorse impiegate e ricchezza prodotta è sempre stato passivo. SOno sempre stati più i soldi pubblici “bruciati” della ricchezza (sia in termini economici che occupazionali) prodotta. Si è cioè impoverito la collettività anzichè arricchirla e dunque è una strada sbagliata. Diversa è la questione del sostegno dello Stato a favore della ricerca o verso attività/produzioni/forme organizzative virtuose così da orientare le scelte dei privati nella direzione che si ritiene più utile per l’intera collettività.
    Nel merito della fiducia nelle istituzioni credo che tu non abbia compreso quanto sostengo. La fiducia nelle istituzioni è un conto (ed è insita nell’adesione al sistema democratico, altrimenti abbatteremmo questo sistema e ne istaureremmo un’altro, sempre che ne esiste un’altro “meno inadeguato” della democrazia), un conto è la fiducia nei singoli attori che non può essere illimitata. Ma secondo te, se la fiducia nei singoli attori pubblici fosse illimitata (come tu pensi in teoria debba essere) a cosa servirebbe la divisione dei poteri? a che servirebbero delle elezioni periodiche dei rappresentanti? Non servirebbero a niente se non vi fosse la “fallibilità” e “l’istinto all’autoconservazione” dell’uomo che può interferire – quando questi ricopre una carica pubblica – con l’interesse generale. Per questo le competenze ed i poteri di ciascun organo istituzionale devono essere ben definite e non devono attenere ad ambiti che siano diversi all’interesse generale che, ovvero a quegli ambiti che investono l’intera comunità (sanità, sicurezza, istruzione, infrastrutture, rapporti internazionali, etc.) e ne determinano la natura.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    E qui direi che la nostra discussione è finita, non ho più nulla da aggiungere, salvo che secondo me un’azienda può essere bene amministrata da uno Stato, basta fare le cose per bene e seriamente. Alla prossima!