Se la politica incontra la vita
C’è, e cos’è, la nostra mission? E quanto, come la ritroviamo dentro quel che siamo nel nostro agire politico di ogni giorno? Le risposte cominciano là dove le domande, e le parole, sono quelle giuste.
Dobbiamo prima di tutto avere le nostre parole, lavorare e scavare dentro il senso delle nostre parole. Con esse comporre il vocabolario attraverso cui leggere il mondo di oggi e di domani, la grammatica con cui scrivere una storia che sia nuova e diversa da questo destino di autodistruzione cui stiamo andando incontro, disegnare mappe capaci di orientare il lungo cammino. Perché le sconfitte della sinistra, in ogni latitudine, sono così profonde da toccare le sue stesse radici e le macerie del tempo vanno rimosse per non inciampare ogni volta nei torti del passato, né essere prigionieri delle sue possibili nostalgie. Ma il bisogno autentico di quel che ancora chiamiamo sinistra ha a che fare con l’idea di altre vite da queste nostre di adesso espropriate di futuro, ferite ogni momento al cuore delle loro soggettività e incasellate in una connessione infinita di solitudini.
Il bisogno di sinistra nasce, sempre nuovo e forte, ogni qualvolta la politica che essa pratica s’incontra con la vita, la vita reale, la vita quotidiana e quella desiderata, la vita umanamente sognata, di ciascuno di noi.
Non il potere, non il dominio, neppure prima di tutto il governo, ma la vita quando la attraversano le enormi diseguaglianze e il carico individuale e sociale di sofferenze, di libertà mutilate e di diritti sottratti che segnano, dentro l’infinita crisi, il tempo di questo eterno presente che ci depreda di ogni possibile alternativa. Qui è il luogo entro cui definire non la mission, parola di altri vocabolari, bensì i fini, il senso della nostra politica di sinistra verso il mondo contemporaneo. A partire da un’idea grande, diciamolo pure, immensa, di politica: quella di riaprire la partita del tempo, di restituire il futuro alla vita. Poi vengono, a partire dal principio di coerenza, i programmi, gli schieramenti e le alleanze, le contese elettorali e le maggioranze con i governi necessari. Ma se la sinistra non risolve, tanto nella sua ricerca culturale quanto nella pratica sociale, la separazione tra politica e vita mancherà, come manca ormai da lungo tempo, del senso primario su cui fondare la propria funzione. E continuerà a subire il cambiamento, senza mai produrlo.
Oggi questa idea di politica più che distante è assente. E’ per questo che il tratto di storia che ci troviamo a percorrere non è altro che quello in cui i mezzi – l’economia, la finanza, la tecnica – hanno preso il posto dei fini, riducendo le nostre vite ad essere ogni giorno pesate sulla bilancia della quantità del vivere e del puro utile rispetto al mercato che riduce la società a merce e con essa i valori, le differenze, le culture, le relazioni come gli affetti che disegnano le nostre soggettività.
Ricondurre la politica verso la vita vuol dire, per la sinistra, incontrare la propria autonomia. Di cultura, di politica, di organizzazione. Vuol dire vivere di un senso, di un fine che la definisce e la legittima, piuttosto di una geometria che ne misuri giorno per giorno le variabili distanze da questo o quell’altro nel perimetro di una politica giocata sempre e soltanto a partire dagli schieramenti. Sinistra Ecologia Libertà ha la possibilità di costruire un’idea diversa di politica. Lo potrà fare se si metterà a praticare, non solo a citare, le culture a cui si richiama.
Quelle del pensiero ecologista, del pensiero femminista, del valore e della dignità del lavoro. Quelle culture sono portatrici di una visione critica, conflittuale, creativa delle forme odierne attraverso cui si manifesta nel nostro tempo il rapporto con l’ambiente, con la produzione e il consumo, con il bene comune, con la soggettività maschile e femminile, con l’altro da sé, con il sapere, con l’esercizio e la pratica della democrazia e della partecipazione. Rimettere in discussione ognuna di queste forme, praticando ricerca e conflitto, costruendo senso comune e consenso attivo, iniziativa e azione politica quotidiana, qualità della direzione politica e formazione dei propri dirigenti è il lungo lavoro che occorre intraprendere, qui, adesso, affinché la politica abbia il senso che oggi le manca.